Da Madre Natura è stato creato,
Anche la sua forma è assai particolare,
A chitarra partenopea par somigliare.
Va accarezzato a mo' di tergicristallo,
Come si fa con una sfera di cristallo,
Il tatto ne rimane assai lusingato,
L' oro in confronto par cartonato.
Nel mentre tutto ciò accade,
Di repentin durezza il tuo corpo s' invade.
La morbidezza che parea come un tasto,
Con forma contundente fa contrasto.
Così tanta elegante e simmetrica sinuosità,
Crea variazioni volumetriche ad ogni età,
Che il culo per sempre abbia gloria,
In quattro quartine ne faccio memoria.
E così ricordiamo
quel che più noi temiamo:
che nel mondo s'espanda
quella folle domanda.
- Quale razza migliore
si ergerà nel grigiore
di striscianti coscienze
tra paure e violenze?
E così ricordiamo
quel che bene sappiamo:
uguaglianza e giustizia
fanno poca notizia,
ma soltanto con loro
vi può esser decoro.
Mi sorprendo e spavento
quand'ancora nel vento
vedo finti sorrisi
verso cuori derisi.
Quelle ipocrite lingue
di grettezza son pingue.
Ignoranti commenti
giudicanti: serpenti!
E così ricordiamo,
ma non sempre capiamo:
siamo tutti fratelli
di un sol puzzle tasselli
e non serve memoria
se col cuor fai la storia!
Quel giovin non son più nel novecento
solitario poeta nel mio mondo,
cantor silente sol per me facondo
senz’eco d’un fuggevole momento.
Or cammino movendo cauti passi
a tentoni giocando a mosca cieca
e l’anima consegno in ipoteca
ad angeli e talora a satanassi,
a lettori ed autor che non conosco
dei quali ignoro il volto e la dimora
cui, come avessi eterëa Interflora,
invio fiori raccolti nel mio bosco.
Le parole che affido a cotal vento,
frecce o carezze ch’ho lanciato in cielo,
evanescenti in quello che rivelo
in gioia, indifferenza, o in un lamento,
corron per questa che mi par magia,
un virtuale ch’è pur tempo reale
e pei sentier di tanti cuor risale.
È avventuriera oggi la poesia,
per me che mi ritrovo attor di scena
istrïone dal volto mascherato,
perché ad affabular m’ha affabulato
qual luce che ha ammaliato una falena.
Viviamo istanti deviati
oltre le leggi di tendenza
oltre gli istinti
socialmente smussati
e non possiamo innamorarci
liberamente
veicolati come siamo
da criteri di mercato
da modelli patinati
da impulsi plastificati.
Incappucciamo scelte
e sovente le impicchiamo
per una fame artificiale che mai
riusciremo a soddisfare
ponendoci su piazza, spiazzati
dalla nebbia tra le idee
nebulosi grovigli
di dubbiose certezze
per essere
solo copie conformi a vacche
non sempre … solo da latte.
Rientra in te
il cuor ti reclama
a coscienza pone obiezioni
che s'infiamma
e dentro … bruci.
Ancora, dai!
E batti le mani per
Il tuo idolo
E strappati i vestiti!
Clap, clap, clap!
Eccolo, parla!
Senti la folla,
Senti che boato!
Clap, clap, clap!
"Oh quanto è bravo,
Oh, quanto è bello!"
E clap e clap e clap!
E poi ci sei tu
Che altro non sai
Che fare clap,
Che altro non sei
Che uno spettatore
E fai clap, clap e ancora
Clap, clap, clap!
E nella folla
Ti perdi
E altro non sei che
Clap, clap e clap...
Anime nel vento
bruciano come le ferite della storia,
son lembi di pelle scuciti
dai cieli della vita,
numeri tatuati d’orrore
su bozzoli di scheletri appassiti.
Il cigolio d’un vecchio vagone
è il triste carillon del terrore,
la morte s’aggrappa ai fili spinati
in un grido affamato di dignità:
ecco l’inverno più buio
del respiro dell’umanità.
che non ti dico
a parlare in panchina
solo un ricordo d’amico
vado sulla passeggiata
infagottato
come un passero
dal freddo intirizzito
entro al caffè sul viale
altre nuvole in testa
vapore in tazza
una tisana farà bene
nessuno parla
gioco a bigliardo
con palle rotte
già di mattino
figurati tutto il giorno
a gettoni e bigliardino
quando torno per pranzo
è tutto spento
però la casa è accogliente
e sul divano
m’aspetta fedele
il silenzio
compagno di stanza
poi salgono certe ombre
dalle scale
anche loro diafane e digiune
così ci beviamo insieme
calici in abbondanza
giusto una paglia
la sera è fatta
alla stessa ora
ascolto la vecchia
sullo stesso piano
a portare la monnezza
e nella toppa sempre a girare
una chiave sbagliata
come del resto
ci passo le notti
a far scattare la serratura
d’una vita bloccata
Un gomitolo di battiti
rannicchiati nel fumo
albeggia straziato nell’aria
in un saccheggio di volti anonimi
deportati dalla folle ideologia
di storie senza più memorie.
Tremano i disegni del disprezzo,
Auschwitz è un cielo di filo spinato,
un’atroce fabbrica dell’odio,
un’indelebile nevicata di morte,
l’inciampo imperdonabile dell’umanità
scolpito sulla pelle dei pochi sopravvissuti.
alitando condensa sui testi in ghisa;
quei minuti strani di niente, prima di rifare tutto,
misureranno la stanchezza
di orgasmi nell'euforia spianata.
Sarò lì: scampata, per un altro soffio,
un'altra mezza dittatura,
a pulire i cocci rotti da qualche ubriaco
che finalmente dorme.
Tremeremo a quel crepuscolo.
Sarà il più bel momento senza emozioni,
prima che tutto vada meglio
senza il privilegio di percepirlo.
Al rogo delle umane follie
il fumo sarebbe di colore scarlatto
al pari di quel sangue versato
da chi, vittima di guerre insulse,
non sa o non può mai ribellarsi.
La furia dei venti alla deriva
devasta la terra dei cuori migliori
ed infinito lo sdegno si solleva.
Ma tutto accade quasi sottovoce.
È protesta soffusa, non rivolta.
Cercando spazi non contaminati
dai presunti poteri dei re abietti,
nel viaggio sconfinato per la pace
persino la ragion s’affida al sogno.
Anche al miraggio, ove servisse.
in un labirinto di cristalli
dove il calore
è un miraggio
I vicoli desolati
abbracciano i marciapiedi
in striduli lamenti
mentre l'asfalto si trasforma
in un lago di vetro
Alberi spogli
carichi di brina
note ghiacciate
che cantano nel vento
Sguardi perduti
dove ogni sorriso
è un eclissi
mentre le forme
si dissolvono