Da qui
riesco a vedere l’inverno
cristallizzato su un pugno di case
da qui lo accarezzo e lo adagio
alle finestre rettangolari
dove il raccoglimento delle nuvole
danza tra le ombre della stanza .
Se potessi vorrei portare il pigolio
in un nido dei boschi o una melodia
nel silenzio delle vie.
Troppe mancanze
hanno strade asciugate dal vento e
il cielo non più sorvegliato
scivola giù e
gira , gira , sopra la mia testa.
Vorrei ricordare l’ingenua neve
nel suo tentativo di coprire sangue
per illuderci forse che ogni cosa
possa essere occultata, mai esistita.
La memoria, però, travalica il bianco,
va oltre ogni filo spinato, oltre ogni arma.
Supera distese perverse, malanime,
recinzioni incomprensibili e fa la storia.
Io amo cantare le gesta dei miei eroi
ma devo, perché voglio, rammentare il male
per fare in modo che mai più si ripeta.
E tuttavia, davanti a un foglio immacolato,
mi chiedo, oggi, cosa può fare un verso
se non il verso all'impotenza umana.
La mia poesia, che tanto chiamo in soccorso,
non é capace, neanche lei, di lenire dolore.
Solo pregare.
*
26/01/2023
Pioveva un fumo nero
nel cielo di Auschwitz,
i miei cari non c’erano più
e l’anima tremava
ad ogni grido nazista,
ad ogni sevizia consumata
su questi brandelli di pelle,
su questi involucri
di corpi vuoti
derubati anche dei nomi.
Pioveva un fumo nero
nel cielo di Auschwitz,
nell’indifferenza del mondo,
nei silenzi di Dio,
fra mura di filo spinato,
fra il cigolio stremato dei vagoni.
Pioveva un fumo nero
nel cielo di Auschwitz,
era un mondo assassino
a decidere delle nostre vite.
mente e cuore non dimenticano
dove la crudeltà corre sui binari del
dolore ,dove a grandi e piccoli
hanno tolto la loro dignità, ogni attimo
distrutto da chi si era impossessato
del loro potere, ma nessuno più deve
dimenticare quanto l'uomo
di tanta cattiveria senza pentimento
siano stati capaci di come l'uomo
tanto dolore
abbia procurato .
Viaggio della memoria per le vittime
dell'Olocausto di quei bambini
di tanto coraggio.
Lacrime continuano a bagnare
i nostri visi mentre i ricordi
sono sempre più decisi ,
di quei cuoricini che battevano
all'impazzata quando le loro mani
dalle madri venivano strappati.
Una vergogna di un dolore
incontrollabile
tu uomo mai potrai dimenticare,
il cuore ascolta ancora il dolore
mentre il viaggio della
memoria continua ad urlare il suo
terrore. Luoghi impressi nella mente
nessuno mai ricordi cancelleranno.
Da Madre Natura è stato creato,
Anche la sua forma è assai particolare,
A chitarra partenopea par somigliare.
Va accarezzato a mo' di tergicristallo,
Come si fa con una sfera di cristallo,
Il tatto ne rimane assai lusingato,
L' oro in confronto par cartonato.
Nel mentre tutto ciò accade,
Di repentin durezza il tuo corpo s' invade.
La morbidezza che parea come un tasto,
Con forma contundente fa contrasto.
Così tanta elegante e simmetrica sinuosità,
Crea variazioni volumetriche ad ogni età,
Che il culo per sempre abbia gloria,
In quattro quartine ne faccio memoria.
E così ricordiamo
quel che più noi temiamo:
che nel mondo s'espanda
quella folle domanda.
- Quale razza migliore
si ergerà nel grigiore
di striscianti coscienze
tra paure e violenze?
E così ricordiamo
quel che bene sappiamo:
uguaglianza e giustizia
fanno poca notizia,
ma soltanto con loro
vi può esser decoro.
Mi sorprendo e spavento
quand'ancora nel vento
vedo finti sorrisi
verso cuori derisi.
Quelle ipocrite lingue
di grettezza son pingue.
Ignoranti commenti
giudicanti: serpenti!
E così ricordiamo,
ma non sempre capiamo:
siamo tutti fratelli
di un sol puzzle tasselli
e non serve memoria
se col cuor fai la storia!
Quel giovin non son più nel novecento
solitario poeta nel mio mondo,
cantor silente sol per me facondo
senz’eco d’un fuggevole momento.
Or cammino movendo cauti passi
a tentoni giocando a mosca cieca
e l’anima consegno in ipoteca
ad angeli e talora a satanassi,
a lettori ed autor che non conosco
dei quali ignoro il volto e la dimora
cui, come avessi eterëa Interflora,
invio fiori raccolti nel mio bosco.
Le parole che affido a cotal vento,
frecce o carezze ch’ho lanciato in cielo,
evanescenti in quello che rivelo
in gioia, indifferenza, o in un lamento,
corron per questa che mi par magia,
un virtuale ch’è pur tempo reale
e pei sentier di tanti cuor risale.
È avventuriera oggi la poesia,
per me che mi ritrovo attor di scena
istrïone dal volto mascherato,
perché ad affabular m’ha affabulato
qual luce che ha ammaliato una falena.
Viviamo istanti deviati
oltre le leggi di tendenza
oltre gli istinti
socialmente smussati
e non possiamo innamorarci
liberamente
veicolati come siamo
da criteri di mercato
da modelli patinati
da impulsi plastificati.
Incappucciamo scelte
e sovente le impicchiamo
per una fame artificiale che mai
riusciremo a soddisfare
ponendoci su piazza, spiazzati
dalla nebbia tra le idee
nebulosi grovigli
di dubbiose certezze
per essere
solo copie conformi a vacche
non sempre … solo da latte.
Rientra in te
il cuor ti reclama
a coscienza pone obiezioni
che s'infiamma
e dentro … bruci.
Ancora, dai!
E batti le mani per
Il tuo idolo
E strappati i vestiti!
Clap, clap, clap!
Eccolo, parla!
Senti la folla,
Senti che boato!
Clap, clap, clap!
"Oh quanto è bravo,
Oh, quanto è bello!"
E clap e clap e clap!
E poi ci sei tu
Che altro non sai
Che fare clap,
Che altro non sei
Che uno spettatore
E fai clap, clap e ancora
Clap, clap, clap!
E nella folla
Ti perdi
E altro non sei che
Clap, clap e clap...
Anime nel vento
bruciano come le ferite della storia,
son lembi di pelle scuciti
dai cieli della vita,
numeri tatuati d’orrore
su bozzoli di scheletri appassiti.
Il cigolio d’un vecchio vagone
è il triste carillon del terrore,
la morte s’aggrappa ai fili spinati
in un grido affamato di dignità:
ecco l’inverno più buio
del respiro dell’umanità.
che non ti dico
a parlare in panchina
solo un ricordo d’amico
vado sulla passeggiata
infagottato
come un passero
dal freddo intirizzito
entro al caffè sul viale
altre nuvole in testa
vapore in tazza
una tisana farà bene
nessuno parla
gioco a bigliardo
con palle rotte
già di mattino
figurati tutto il giorno
a gettoni e bigliardino
quando torno per pranzo
è tutto spento
però la casa è accogliente
e sul divano
m’aspetta fedele
il silenzio
compagno di stanza
poi salgono certe ombre
dalle scale
anche loro diafane e digiune
così ci beviamo insieme
calici in abbondanza
giusto una paglia
la sera è fatta
alla stessa ora
ascolto la vecchia
sullo stesso piano
a portare la monnezza
e nella toppa sempre a girare
una chiave sbagliata
come del resto
ci passo le notti
a far scattare la serratura
d’una vita bloccata
Un gomitolo di battiti
rannicchiati nel fumo
albeggia straziato nell’aria
in un saccheggio di volti anonimi
deportati dalla folle ideologia
di storie senza più memorie.
Tremano i disegni del disprezzo,
Auschwitz è un cielo di filo spinato,
un’atroce fabbrica dell’odio,
un’indelebile nevicata di morte,
l’inciampo imperdonabile dell’umanità
scolpito sulla pelle dei pochi sopravvissuti.