che mai si avvera
e mentre vola di fiore in fiore
s'illude e spera.
Il sogno di farfalla
s'infrange a Primavera
quando la luce
illumina il cuore e acceca.
E c'è una farfalla bianca
che tutte le mattine
si poggia sul davanzale
sbatte le ali
e sogna, sogna
ma non sa di dover morire.
Il sogno di farfalla
si spegne
alle prime luci della sera
quando la luna
scivola nel mare
e rimane solo quel volare
nel ricordo dell'amore.
Ho scritto una preghiera
perché tu non possa mai morire,
dimenticato nella notte
al buio, senza tempo.
Ho scritto una preghiera
per la vita del mondo
che si spegne nei tuoi occhi
spenti dal mondo.
Ho scritto una preghiera
nella tempesta,
in mezzo al mare
e nella quiete, ai lati del cielo.
L'ho scritta per le ceneri
che volano via col tempo,
per tenerti ancora qui accanto.
questione,
di stile,
di genere,
musicale,
ma di una
melodia,
saldata,
impressa,
che scuote,
le fondamenta,
emotive,
accompagnando,
per il resto,
della
linea,
della vita,
nella mano,
sintesi di ciò,
che rimane,
ancora,
prima di
spegnere,
definitivamente,
la fiamma,
della
propria,
mortalità;
E quando la
guardia e
abbassata,
nella solidità,
fragile del vetro,
le meste,
rimembranze,
con un abito,
in voga,
nel passato
remoto,
o,
nel presente,
passato,
ci vengono,
a fare visita,
con in dono
un requiem,
lacrimale,
lacrimoso,
e sorrisi,
a tempo,
di un
metronomo,
stinto,
estinto.
Salgo, in su,
per la scalinata,
allo osservatorio,
con un jukebox,
anni ottanta,
come navigatore,
emotivamente,
emozionale,
concerti,
revival,
che risvegliano,
assopite tessere,
a definizione,
variabile,
di un domino,
giocato o
non giocato,
vivendo,
o non
vivendo,
brandelli,
di fotogrammi,
umani,
sulla tela,
tesa,
di un
altra epoca,
sempre più,
distante,
dalla
respirazione
presente.
Brandelli,
di fotogrammi,
assopite tessere,
a definizione,
variabile……
……Un pupazzo,
di neve,
su una maglietta,
estiva,
una maglietta,
blue,
con un ricamo di
strass,
non può,
non può,
coprire più,
ma,
la nivea,
figura,
antropomorfa,
ridente,
in primo,
piano,
innalzata,
dall’elemento,
sfocato,
sopravvive,
alla necrosi,
illimitatamente,
sopravvive,
alle
ceneri,
nell’Aurea,
perpetua,
si staglia,
nitida,
suprema.
Un pupazzo,
di neve,
di stoffa,
trasmigrato,
a matita,
col nero,
sfumato,
nuovi dettagli,
aggiunti,
particolari,
allegati,
in design,
rappresentante,
rappresentativo;
Una torre,
incoronata,
una torre,
la cui,
sommità,
sbuca,
torreggia,
dal cappello,
natalizio:
In prossimità,
del vertice,
spicca,
in
altorilievo,
il simbolo,
scintillante,
di Genova:
Nascita,
origine.
Sulla sciarpa,
che calza,
un pennino,
scrivente,
è, scritto,
in bassorilievo,
un nome,
d’arte,
sunto,
realistico,
di ciò,
che mi governa:
Occhio,
di sole,
occhio
di nuvola.
Un pupazzo,
di neve……
……Il bene
e la
memoria.
Bionda,
con i capelli al vento
e a piedi nudi,
stai sulla riva,
lanciando i sassolini
per vederli rimbalzare
sull’acqua.
Cala il sole
e spunta la luna.
Tu vestita di blu,
come il colore dei tuoi occhi,
vieni verso di me
con un forzato sorriso
di amara tristezza.
Come una sirena del mare
mi vieni accanto,
appoggi il capo sulla mia spalla.
Una lacrima
scende sul tuo viso,
un’altra cade sulla sabbia.
Non ti chiedo niente,
immagino
che in questo momento,
tu senta la nostalgia del tuo paese,
la lontananza dei tuoi cari.
Un violino suona note d’amore,
ti tengo stretta nelle mie braccia,
anche se il mio calore,
non può cancellare
le note malinconiche
che stanno dentro di te.
di terra bagnata
riempie e impregna
l’aria circostante.
Un vento ad alta quota
disperde nuvole nere
che scivolano via veloci
e lasciano intravedere
l’ azzurro del cielo.
Gocce di pioggia
appena caduta
bagnano scarpe
di quei viandante,
moderni ricercatori
di luoghi antichi.
La stradina sterrata
ondeggia sinuosa
tra alberi imponenti
risalendo su per il monte.
Antico viottolo
di ciottoli smussati
creata da stradini
d’un tempo remoto
accompagna
l’antico borgo
fin sotto le mura
d’un castello medioevale
che si erge da sempre
a dominare.
In principio,
ti ho vista,
un risotto,
contaminato,
da funghi
porcini,
fuoriusciva,
da un ristorante,
con più stelle,
del firmamento.
Per depositare,
la sua,
piacevolezza,
sulle mie
percezioni,
intorpidite,
dalle movenze
feline,
del tuo corpo,
da naiade,
che Eva,
ha creato.
Ha creato,
per impreziosire,
queste
località dissestate,
con i tuoi fianchi,
proporzionati,
euritmia,
del eliso.
Discendendo,
salendo,
per questi,
sampietrini,
disastrati,
sterrando,
un dedalo,
racchiuso,
dentro il mio,
fisico in panne.
Ti ho vista,
e ti ho rivista,
come un mazzo
di fiori, avvolti,
nella fluorescenza,
saturando il clima,
con effluvi,
d'oriente,
ed occidente.
I tuoi capelli,
di fior di loto,
pettinati,
salutavano
il giorno,
con i tuoi
denti,
a formare,
una bianca
allegria,
latteo
barbaglio,
d'oro.
Ho preso,
da un guardaroba,
quattro stagioni,
accessoriato,
un capo di
vestiario,
stagionale,
da indossare,
simultaneamente,
all'indumento,
del coraggio.
Che la paura,
in precedenza,
strangolava,
dentro la mia
bocca,
d'ansia,
saldata.
Aromatizzato
con fiori di
pesco e di
ciliegio,
armato
dei propositi,
del cupido alato,
uscivo dal portone,
di rosmarino
guarnito.
Mi sono incamminato,
schiacciando,
pestando,
aspirazioni putrefatte,
nella mancata,
ebbrezza,
cardio emozionale,
di un inclinazione
d'amorosi sensi,
che il destino
non aveva in
programma,
tra le sue dita,
garofani gialli.
Sotto il vischio,
mi sono,
invischiato,
in un affare,
di palpiti,
e camelie,
chiuso,
con la
mia bocca
incastrata,
nelle carnose,
sue labbra.
Al dipartimento
regionale dei
sentimenti,
ho chiesto
un
appuntamento,
per invitarla,
in un locale,
dentro un
dipinto
di natura morta.
Insieme
alle nostre
papille
gustative,
assaporare,
arrosto,
patate al forno,
tra i gelsomini,
intessuti
nella sua seta,
che imbandiva
la tavola,
di buona creanza.
Ho scelto,
come tesoriere,
una scrivania,
olmo,
e il suo
cassetto.
Custodi,
accorti,
delle nostre
fedi,
in unione,
matrimoniale,
in mezzo a una,
coltivazione,
di viole,
del pensiero,
dentro un
affresco,
in qualche,
cattedrale
rococò,
attigua,
alla tua lapide,
di crisantemi,
adorna.
Dopo averti,
strappato via,
dal nostro,
accordo,
rosa,
tulipano.
Part 2
Una decade supino,
in un giaciglio,
di calendule,
incosciente,
per un sinistro,
autostradale.
Estratto,
dalle lamiere,
dell'abitacolo,
accartocciate,
su se stesse,
come in preda,
a un
lancinante dolore.
Ho girovagato,
per rotte,
astratte,
mentre Beethoven,
accompagnava,
i miei passi,
suonando,
al chiaro di luna,
con uno strumento
a tastiera,
d'orchidee.
Accordi armonici,
del basso,
quasi sempre,
in ottave,
facevano,
sbocciare
le calle,
nell'indefinita,
veduta,
di nebbia
ammantata.
L'undicesimo,
sei sbucata,
insieme,
al tuo
camice,
da
infermiera,
al bavero
un giglio.
Tornato,
nei percorsi,
dei vivi,
una composizione,
di rododendri,
ti ho donato,
e negli
anni a seguire,
tra fiori di arancio
e di peonia,
d'amore
ci siamo
perfezionati,
nella nostra
casa,
di gardenie,
e garofani bianchi.
Unitamente,
ad elaborare,
equazioni
algebriche.
Per
colazione:
Un sottile
strato di
glassa,
su cui
sono
spolverati
granelli
di
zucchero,
buondì
auspicio
per un buon
tempo di
giornata.
Passaggio,
dopo
passaggio,
calcolando
le
operazioni,
racchiuse
in ordine
di
tipologia,
di
parentesi:
Tonde,
quadre,
graffe,
per
determinare,
il valore
di due
incognite
in cerca,
di una loro
soluzione
numerativa.
Di una loro
identità,
non
ancora
ben
definita.
Ogni tanto,
una fugace
sosta,
contraccambio,
esplorativo,
affabilità,
degli
occhi,
analogie,
sensoriali.
Legatura
di
due
rose:
Una rosa
bianca,
una rosa
rosa.
La collina di pietre
sotto a nudi piedi
scorre lenta ai miei passi,
fino alla croce.
Qui
tintinnano rosari
sbattuti dal vento
sul grembo della statua
e tutto intorno
silenzi e pianti,
sorrisi e preghiere
e sguardi velati.
Il vuoto dell’anima mia
ruvida di peccatore
si riempie adesso
di grande speranza
e mi scopro già,
in lacrime,
un uomo migliore.
Ecco, il miracolo.
Ti affido trepidante
i miei sogni di Icaro stanco,
stupenda viaggiatrice che turbi
galattiche immaginazioni;
va’, tu che puoi e che torni,
cercami Dio nei silenzi cosmici
e, come cometa, narragli di noi
soprannominati uomini,
sempre più ricchi di angoscia
e sempre più soli
ad ogni tuo giro di boa.
Ecco, tu passi
a ricordare
che non dovrà svanire,
come scia impalpabile,
la nostra vita.
alle ali di neve
il treno rosso
Lui
dritto alla caldaia
teneva accesa l'idea
blindato nel guscio
sui binari
a portare un'altra croce
ancora un rito
ma chi lo cambia
il mondo
Lev
non ho distinto
al finestrino
l'urlo di rivoluzione
dal fischio della locomotiva
lanciata nei sogni a vapore
solo che a vincere
è stato sempre
il vento
colmando di ghiaccio
bocche da cannone
pure quelle affamate
di pane e religione
( Lev Trotskjy )
sotto lo stesso contado,
abbiamo spinto le nostre radici
nella stessa calda terra fertile.
Tu cercavi il calore del sole,
io l’ombra del sollievo,
ma la gemma della linfa
era la stessa,
e ci parlava nel silenzio delle stagioni.
Ogni litigio era un pugno di vento
che spiegava i nostri rami,
disperdendo le nostre foglie colorate,
strappando i nostri frutti
maturi alla comprensione
del perdono,
ma non spezzava il tronco
che ci legava uniti, più forti,
contro le intemperie che ci sfidavano.
Ho imparato il tuo passo
nel buio dei giorni senza raccolto,
tu hai ascoltato il mio respiro
quando tacevo nel canto della vita.
Le nostre parole, pietre nel fiume,
hanno levigato il tempo
fino a diventare carezze
nella gioventù che ci abbozzava
fratelli per la vita che disegnava
pian piano le nostre rughe
tra i capelli bianchi degli anni.
Siamo stati tempesta e rifugio,
due fari che si cercano nella nebbia.
Ti porto addosso scolpito
come un odore d’infanzia,
invisibile ma eterno
come la pioggia sulla pelle.
Quando cadi, io tremo,
quando rido, tu mi abbracci
col calore dei tuoi occhi,
perché il legame di sangue
non conosce distanza che separa.
Crescere insieme è solo
un allontanarsi per ritrovarsi
con nuove vite al proprio fianco
senza spezzare mai
l’origine del cuore che pulsa affetto.
Siamo due rive che si guardano
nello stesso specchio d’acqua,
e quando il mondo farà silenzio,
resterà la nostra voce, sottovoce,
una radice che muore l’uno per l’altro.
nel vetro del bicchiere il presente si distorce.
Ecco ….. tu riemergi,
nel mio pensiero, come lava dal vulcano,
sei la presenza che nessuno scorge ed io
che nel mio cuore regni senza trono.
Il tuo respiro torna, mi trascina,
e nel silenzio cerco il tuo volto.
perché ti amo, senza più difese
né vergogna, né colpa, né dolore.
Solo intero amore.
Sei tutto.
Ma non sei qui.








