Solo pochi passi per salire in cielo
e d'improvviso il silenzio mi avvolge
e il mondo sembra fermarsi.
Leggero e silente come una nuvola;
un punto nello spazio.
Si allarga la mia vela e
il respiro si fonde col mondo
e lento dipingo il cielo
sulle ali dell'aria.
Sospeso inseguo un pensiero mentre
il vento di nuova vita scuote il petto.
L'infinito dissolve il tempo
e gli occhi tesoreggiano la libertà.
Un bagliore.
Ed è il ritorno alla realtà...
Giunge l'autunno che mi parla di te,
profuma di nebbia e di noci.
Preparo il mio letto con coperte di foglie secche così
che io colga le tue ciglia sol per me.
Argento sui capelli e sul viso un affanno in più,
il tempo ha l'andatura più veloce di me
e guardo il mio cielo mi ricorda che è arrivato il tempo per me
di andare, andare via lontano...
E partirò prendendo la mia vita così com'è
e non mi volterò a guardare troppo i tuoi silenzi su di me
come una domanda al vento...
Cavalcherò le ali dell'autunno e giungerò alla conclusione che
tutto quello che chiedevo era chiuso dentro me:
andare, andare via lontano....
Pioggia che purissima dal cielo scendi giù
lava via da me il tempo del rimpianto che non ho scordato mai:
è la mia richiesta al cielo.
Vento che scateni la tempesta dentro me, sciogli i miei perchè...
Oggi sento forte il richiamo di lei
ma è come andata via lontano...
Pende da un ramo una ragnatela
sembra quasi un asterisco tra quei rami...
Mi porta alla mente un pensiero antico del mio cuore:
andare, andare via lontano...
La stanza
ha l'eco che ritorna vuota di parole
e poi di lei s'intrama agli occhi della sera
la voce muta delle labbra al vetro
un graffio
che m'inchioda al suo silenzio
a non dire altro se non di come renda sale il mare
nei resti di maree
quando l'onda mi somiglia
e non da pane al pane ne vino al commensale
partito dalla sosta al cielo
Diletto il grano nei grembi al vento già maturi
la falce d'oro nell'attesa
e la tua mano
che non ha saputo cogliere la mia.
Lei andava
col vestito corto
i papaveri sopra al ginocchio
e l'erba taciuta
teneva raccolti i sui passi di vento
mi svegliavi
l'aurora negli occhi
e sedeva le stagioni la tua mano
in ricamo ai miei giorni
Non so dirti
quanto è fredda e nuda
l'impronta sul cuscino
ora, che è casa vuota la mia voce
e la luna è rimasta
nell'angolo di cielo che guardavi
come
una cornice senza sguardi
Non so dirmi
se le lacrime
che asciugavo dal mio viso
con la mano
erano le tue.
esplodono
penose facce in taglienti ritagli,
lacerano
nude carezze su rive d'appigli,
poi si lasciano a marci venti d'oblio
lacrime gelide,il mare che riempie.
Sui vuoti,le nebbie,
odo lì sensuali indolenze,cadute
su strade,la pioggia,
colma bicchieri d' argute parenze.
Non ho dimenticato
e mai dimenticherò
avrei voluto il mare meno agitato
dove i ricordi mi esplodevano dentro
e continuavano a rimbombare nella testa
anche sul treno in corsa
di ombrati desideri
piogge ondeggianti
spostate dalle voci
che scorrevano nelle reti
mentre scrivevo giorni incompresi
per rimpiazzare il sereno
dire basta
a frasi senza confine
dette all'infinito
L'unico make up che tollero è la pioggia
che cade suicida sul tuo viso
dagli aghi di pini acri in un bosco condensato del nostro sudore.
Le uniche scarpe che non mi infastidiscono sono quelle che non indossi
perché difficilmente andrai ovunque.
L'unica tonalità che preferisco è della tua voce
bambina
quando piangi.
L'unico miele di cui son avido è del lago nelle tue terme.
L'unica seta è la tua pelle
e le sue crepe.
Tutte le particelle che ti tramano coese
avare nel donarti al mio palato
desidero.
Fossi certo del tuo esser figlia di Prometeo ti divorerei le carni.
E morirei nella notte.
Nell'attesa di un tuo altro risveglio e del novello saziarmi.
Oggi, come ieri
è una bellissima giornata.
Il sole splende nell'aria
fresca ed intrecciata
dalle ali affusolate
delle ghiandaie,
che le tarde chiome verdi
han liberate.
Mi lascio infondere nel canto,
disperdere nell'azzurro velato,
cadere come piuma e risalire.
Ma poi riconosco,
quelle scie di bianco,
nubi naturali non sono.
Ammutolisce e si spegne
l'incanto.
Sono lancie agguerrite
che trafiggono il cielo,
dirette a sud,
disciolte e nemiche,
lo bombardano.
E dove vanno,
tristemente
io so.
Là dove è meno facile la vita.
Eppure è qui
che io non trovo pace.
Qui, non una cosa
che mi dia soddisfazione,
non uno sforzo
che non vada perso,
che non sia come l'ozio
senza senso.
Ed anche il tuo sorriso
è fragile illusione,
per me che sono qui,
ma non ci sono
nel vostro mondo che scorre,
ed è per me fermo
nell' immaginazione.
Abiterò il tuo pensiero
così fragile il cristallo d'acqua che divide
un ghiaccio rotto mille volte e altri mille inverni
approdati sui muri di una notte senza
dove tu
eri l'altra luna, ed io
in altri cieli
coloravo le stagioni
Il fiume passa
e lo specchio non veste più il tuo sguardo
è tornato nei tuoi occhi
che ora guardano l'alba
dietro le mie nuvole
In quali domani
silenziano le tue carezze
nel tuo pensiero che torna
mentre
mi segue a casa il buio
che in questa primavera d'autunno
rincorre il vento.
C'è la danza
dietro la luce
delle mie persiane socchiuse
di quattro foglie nel cortile.
Non sarà difficile dirti addio
e come un canto, liberatorio
parlerò anzi griderò amica
avvolgendo dolce la realtà.
Non sarà difficile dirti addio
adesso che, l’erba accarezza
la rabbia di notti assonnate,
affogati da miasma e alcool.
Non sarà difficile dirti addio
inseguendo orme mai usate,
viziando la cute, con il miele
ridando pelle d'oca, alla vita.
Quando il sole bacerà l'orizzonte
le pieghe del mare
saranno il lenzuolo degli amanti
mentre il vento vaneggia sibili.
Non è silenzio
a fulminarmi l'anima
ed allo sfinimento invoco amore
fra le labbra mute.
Immergo gli occhi in questo inchiostro,
e tingo le notti dello stesso blu.
Amore non è quiete,
amore è fiato e non averlo,
è fiamme di passione sulla pelle umida
è sprofondare nei tuoi occhi soggiocati dai miei
e bramarti fra le braccia vuote
fra mille occhi inconsapevoli
L'ovale del lago
è un tutt'uno col cielo,
con gli occhi delle suore,
nel velluto sbiadito
tutto è pioggia.
L'ho visto appena,
nel carbone che fuma
respirato dai vagoni,
sembra una grossa lacrima
uscita da un ospedale!
Passeggiata
senza ombrello;
alle anatre
dona il pane.
(2011)