ma non senza cena,
ha mangiato la mia allegria
liscissima
e mi ha lasciato
con un groviglio di nodi ricci in gola
che a sbrogliarsi impiegano
infinite lacrime
sforzate, di nascosto.
Ho bisogno di silenzio
una tristezza amore mio ,
che stringe il petto .
Allora io ,
accendo la luce
a profusione le note di un'amabile canzone
che in questo tempo
insiste a tenerci chiusi
ma noi ci sentiamo liberi
dentro ad un'armonia sospesa
che fluttua leggera, leggera, leggera.
Sfavillanti aurore
danzarono col sole
e tenendosi per mano
giocarono a nascondino.
Risuonarono nei boschi
Spensierate risate
echeggiando tra fronde
catturarono momenti
imprimendoli nel cuore.
Improvviso il sole s’adombrò
nubi…
Distrussero quel gioco
Lacrime…
Asciugarono al vento.
Genoveffa Frau
Scritta il 12/04/2015
nei cespiti delle ostilità poiché non hai
considerato prima
cambiare sentiero
e salvarti la pelle
da quei graffi
che lacerano l'anima
dal dolore che essi
inevitabilmente provocano, non è fredda indifferenza
ai grovigli della vita
ma è pura previdenza
per il proprio benessere
al dì la della loro
presenza
a porre a repentaglio
la pazienza
del cuore acume,
pronto a farne
perle profumate
di viburno, buddleja
e oleandro!
Poiché purtroppo
non sempre
son gemme di rose
ad abbellire il tuo essere
e ad allietare il sorriso
a causa di contingenze
non agognate,
ma sopraggiunte
per inadatte scelte
di una fatua disamina.

Ti porterà lontano
dove il vento
è più vicino al sole
e la pioggia è una meteora
che s’affaccia al mondo.
Chiudi gli occhi solo un momento
ed immagina come dentro un sogno
che l’amore non è così irrangiungibile
due rondini che volano
nello spazio immenso
ed un cuore che batte per davvero.
Ti porterà lontano
quella pazza voglia
di sorridere e pensare
e di non tornare indietro
consumandoti nel mondo dell’ipocrisia
due cellule di vita che si stringono forte
per non lasciarsi più.
Chiudi gli occhi solo un momento
e sogna tutto questo e anche il resto.
Sono state molte forse troppe
quelle mancate
passate davanti a finestre con vetri appannati
nascoste agli occhi
anelate dalla mente
mai colte eppure sempre sperate
vivono in noi attraverso le azioni
battono come chiodi sul muro del pensiero
si infrangono a volte sugli scogli della realtà
ma sempre vivo è il desiderio
di cogliere una
ultima occasione
per liberare le nostre ali.
Il freddo pungente pizzica la pelle
il silenzio scuote l'anima.
Voglio gridare al vuoto intorno
ai paesaggi fissi.
Vago nel mondo
con occhi d’infinito.
Fa tanto freddo quest'inverno.
Come un passero solitario
ho fame di briciole
di calore e profumi
di frutti succosi.
Il foglio bianco
dove scorrono lettere
come piccole larve
parole partorite dall'anima
danno sfogo alla mia fantasia.
Arriverà la Primavera ora dormiente
forse scaccerà questo freddo
e il mio corpo si sveglierà
da un eterno tremore.
st. 17 genn.2010
Ho sentito un rumore sordo e uno strano senso di impotenza. La pioggia non ha capito il mio impellente bisogno di tenerezza e ha continuato a cadere come enormi trecce che mi hanno avvolto i vestiti inzuppati, gli occhiali che cominciarono a ballarmi sul naso.
Non distinguevo più il bene dal male.
E' Carnevale.
Bloccavano il mio desiderio di essere solo me stessa, senza tanti compromessi, di vivere la vita allegramente e con una punta di ironia, splendido diamante raro e prezioso.
Nel castello di pazzia mi hanno rinchiuso, una corona di spine sulla mia testa che mandava lampi e fiori di loto.
"Ecco, è finita", mi dissero, due minuti ed ero di nuovo pronta per rientrare nel mondo che mi aveva cacciato.
Rimasi assorta qualche minuto, poi ripresi a scarabocchiare volti dolcissimi di porcellana, visi intensi che mi guardavano con stupore.
Ho stracciato le mie vesti intrise di pioggia.
Ora ballo nuda sotto una tormenta di neve, con la mia corona ben piantata in testa
Il sangue che mi riga il viso si mescola ai fiocchi che scendono copiosi sulle mie spalle.
E' Carnevale.
non riesco a dormire.
Strani desideri mi accompagnano
non dormo, come i cani che abbaiano in lontananza
e i pipistrelli dalle lunghe ali che volteggiano
come in una danza
o come i lupi, persi in qualche lontana steppa.
Mi aggrappo con le dita al muro sottile
che divide il giorno dalla notte
e con chiarezza vedo fiori nascere e germogliare
contemporaneamente
so che è un parto della mia mente
un'euforia orgasmica della ragion pura.
Ripetuta una, cento o
Forse mille volte.
Quiete cullaron lor sospir gemmati:
A loro chiesi, inquieto, i miei perché,
A loro chiesi, qui,
Alle porte dell'infinito,
Tra sussurri del quartiere,
In attesa del cielo.
I latrati del tempo s'adagiaron
Su levi onde del cosmo.
E vidi un uomo errar sull'orlo del caos,
Spettro tra le nebbie dell'animo,
Ma una mano lo prese,
Lo porto alla follia,
Alla follia della luce, alla follia del cor.
V'era un sentiero
nel discendere della piana,
traversava soglia
ch'al mar volgeva.
Ero solito non aver compagnia
e del percorrere suo,
tra vetuste fronde,
solo dell'ombra mi cingevo.
Pensieri s'addormivano
in fianco a neri mirti
oltre le selvagge mimose.
Fin dove la vista lo sguardo spingeva.
Preso da insana follia m'atteggiavo a volare
dei ripidi massi non curando,
'sì da tuffare spirito in perigliose acque
che del gesto nemmen volevo.
E in tal guisa era
quell’andare tanto lento
ch’attraverso il triste sentire mio
al traguardo esanime giungeva.
tedia le stanche membra,
volgo lo sguardo al cielo,
nubi nere come il corvo.
Nell’automobile in viaggio,
cerco un tenue calore,
la radio intanto trasmette
canzoni di Sanremo.
Quand’ecco all’improvviso,
appare un arcobaleno
lesto scendo dall’auto,
afferro il cellulare,
fotografo i suoi colori
belli da immortalare.
Ma cosa puo esserci,
dentro a un arcobaleno?
Dai colori mirati,
ai colori negati,
dai bei sogni sperati
troppe volte spezzati.
Allora immagino:
gli scenari incantati,
di fantastici mondi
non ancora esplorati.
Dentro l’arcobaleno
mi accosto per entrare
voglio fuggire via
da questo tempo infernale.
Infine col sole ad onde
brilla l’arcobaleno,
un cielo grigio lucido
con refoli di sereno.
intenta a camminare,
la luna a specchio bacia il lungomare.
Vestita rosso fuoco, strepitosa,
coi gomiti scoperti,
la folla la circonda e sguardi a iosa,
son tutti pretendenti,
ma la sua mente fugge vorticosa,
nel gioco degli assenti,
qualcuno poi le grida “sei boriosa”,
qualcuno poi l’apostrofa e la offende.
Pensiero prepotente non comprende,
non se ne vuole andare,
la luna sale e inebria il lungomare.
E quel pensiero tedia e ora ribalta,
la notte fa paura,
dal letto alla finestra ella s’affaccia,
la lama in miniatura,
che pende come un filo che si slaccia,
di nulla essa si cura,
fendendo le sue trame il corpo abbraccia,
ambiente oscuro e scene solo orrende.
Passano le ore lunghe e son tremende,
un cane ad abbaiare,
la luna corre e annienta il lungomare.
Il giorno nasce lento e pare eterno,
silenzio universale,
pensiero vile scritto sul quaderno,
vuol fare solo male;
si increspano le onde, fuori è inverno,
ma intanto quel pensiero inospitale
furente si fa perno,
sfinita lei lo accoglie e se lo prende.
Un ambulante in strada il pesce vende,
lei viene a camminare,
il sole ride e artiglia il lungomare.