L’aquilone del tempo
ancora vola nei ricordi
ed ho in tasca i tuoi consigli
come scrigni di farfalle,
nei miei occhi i tuoi sorrisi,
accesi come parole,
nel freddo della notte.
Un padre siede accanto al tuo cuore,
regala i suoi passi alle stelle
perché il cielo ti abbracci dentro,
legge con te il battito del mondo
come l’aquilone del tempo
che ancora vola sul nostro volto.
E sono apostrofi di cuore
le geografie degli sguardi suoi,
quei capelli disordinati
grigi come cielo d’aprile,
un volo d’altalene ed aquiloni
le sue mani forti e gentili.
Un padre ricama stracci di felicità,
la casa perfetta è nei suoi abbracci,
abbracci che un figlio non dimentica mai
perché un padre ed un figlio
sono autori della stessa dolce storia,
frammento lucente della stessa stella,
stessa impronta sulla sabbia,
amore sconfinato dello stesso amore.
Padre,
i tuoi anni son scrigni di rugiada
ad intessere i boccioli dell’anima
ed il tempo con te
è una valigia di giorni assolati,
il fiato nascosto nel petto
dei miei sogni irrealizzati.
Padre,
siedo nei tuoi occhi sinceri
come fra le ombre senza sagome
e non esiste silenzio
che sia vuoto alfabeto
in questa carezza di vita
che ti poso sul cuore.
che non ho mai sfiorato
e pure quel ribelle
tuo ciuffo spettinato.
Ti vedo tra le stelle
amante della luna
e pur se armato son, guerriero imbelle
d’espugnarti non ho speranza alcuna
perché tu amante sei dell’infinito.
Allora ti raggiungo al sol distesa
ora che il dì è salito,
ma io che giunger voglio alla tua resa
non so sedurti e farti prigioniera,
deposta già la spada.
Finché eludendo a sera ogni frontiera
per l’infinito tuo trovo la strada
ché, conscio che sei Musa,
posso solo armeggiar con le parole
per conquistar dischiusa
un’anima ove far le capriole.
Questa lettera
caduta in fondo al cuore
fiorisce fra i sentieri dell’età,
lacrima su giorni d’amore,
su abbracci vicini e distanti,
su nenie di mille parole,
su stracci sfocati
di mille solitudini.
Un padre ama il suo tempo,
rammenda il filo dei ricordi,
altalene di nuvole e giochi,
disegna consigli nel vuoto dei giorni,
apparecchia anche lune smarrite
nei tormentati momenti senza sole.
Un padre fiorisce
fra i sentieri dell’età,
un padre è pioggia d’alba
schiusa sul petto di un figlio.
Tremano i tuoi anni
sulle rughe del tuo volto
ed i tuoi sguardi d’argento
carezzano ancora i miei
e volentieri li regalo alla mia vita
e volentieri li spendo tra i ricordi
e volentieri li abbraccio in silenzio
perché un padre è
e per sempre sarà
una carezza d’esistenza,
una desinenza dei miei passi,
una voce del mio passato,
una persona indimenticabile.
Quando scrissi “A una poetessa ferita dalla luna”, sonetto pubblicato qui di recente ma risalente a oltre un anno fa, mi fu allora risposto: “Nemmeno nel buio/ di una notte senza luna/ son ciechi i tuoi occhi!/ Di dettagli hai arredato l'anima/ ed ora, d'emozioni vivi”. Quanto segue fu la mia replica.
Qual gatta che si muove misteriosa
guardi nel buio una falce di luna
quella che fu per te pericolosa,
che ti ferì poi diventò tua cuna.
Gli occhi tuoi bastano a far la magia,
nella notte narrar quel che tu vedi
e a chi non vede illuminar la via
e dell’anima tua mostrar gli arredi.
Dettagli hai colto lungo i tuoi percorsi
luminescenti emozioni di vita
distillati d’amor bevuti a sorsi
che rendon tua beltà tuttor fiorita.
“Possa tu essere sempre custode
del tuo fuoco sacro,
quella scintilla indomabile che divampa
anche nel cuore della notte più buia.
Possa tu leggere l'anima tua
come un libro antico,
senza curarti delle ombre proiettate dagli sguardi altrui,
ma danzando libera nel tuo spazio di luce.
Possa tu tessere il tuo destino con fili di stelle e se
il mondo intero ti voltasse le spalle,
trovare dimora nella tua stessa costellazione interiore.
Non permettere a nessuno di spegnere la tua sinfonia unica e se un giorno
desiderassi un rifugio silenzioso,
che la serenità ti trovi, come un'eco gentile,
ovunque tu ti nasconda."
(a tutte le donne )
mi manchi
nella metró e in mezzo ai quadri.
Nei vestiti che cambio ogni giorno,
nella mia barba che ti piace così,
nel letto in cui la notte ti sogno
mi manchi.
Nel prurito che mi sta divorando,
mi manchi
nel tempo che spreco pensando a te.
Nelle parole che non ti dirò mai,
nel terrore che ho di perderti ancora,
nell'ansia di rivederti un giorno,
mi manchi
tra queste righe che non leggerai.
Inciampa sullo scalino lo scalpellino,
mormora il marmo a colpi di scalpello,
nei palazzi graniti incisi e levigati,
gremita la polvere si avvita,
nell’asma una statua prende vita
prezioso artigiano della pietra,
umile creatore di bassorilievi,
abile con mazza e mazzuoli
incanta in cantiere ed intaglia,
nell’aria volteggia l’arenaria.
fra stelle chiene 'e brillante,
nun m'arreposo maje:
sono, abballo e ccanto.
Tenevo ancora ggenio
'e scrivere canzone,
po' Cristo, m'ha chiammato,
mm'ha ditto: "saglie guagliò."
Però 'a copp'a 'sti nnuvole
veco 'e mille 'e culure,
'e na Napule ca se sciacea,
fra cantante e ssunature.
Quanno 'a furtuna aggira
e nun sempe se fa vedé,
chello ca maje ammanca,
è 'a tazzulella 'e café.
'O napulitano è bbello,
pecché è rricco 'e fantasia:
mpruvvisa, se ngegna:
spisso s'affida a Ddio.
Nuje simme belle e ccare,
ma tenimmo 'o sanghe pazzo:
picciò nun c'amariggiate
e nun scassate 'o ca...o!
O 'i' lloco, n'angiulillo
sta sunanno 'a cornamusa!
I' mme mbraccio 'o sax:
a mme me piace 'o bblues.
Alleato nel lavoro dei campi,
aggiogato da umili contadini,
c’è chi ti mette innanzi al carro,
se scappi ti chiudono la stalla,
in un uovo ritrovo il tuo occhio,
nel pomodoro ritrovo il tuo cuore,
una ricotta mi ricorda la tua razza,
mi giunge all’orecchio il fiato tuo,
nel silenzio di una grotta.
Al buio un bue prende il bus.