la paura peggiore è quella di sentirsi soli con se stessi perché abbiamo semplicemente paura di confrontarci e di guardare dentro di noi, la cosa peggiore non è essere abbandonati dagli altri, ma essere abbandonati da se stessi e questo accade quando per un motivo o per l'altro non si riesce a mettere in pratica quello che si sa fare meglio e si è costretti a ripiegare perché cosi vuole la società di merda che ci giudica e ci critica senza sapere quello che si sopporta quotidianamente e quello che quotidianamente ci opprime.

quando questo accade inevitabilmente si pensa a scelte drastiche a scelte che in un colpo solo risolvono i tuoi problemi.

dopo anni ho imparato a capire perché la gente si suicida,lo fa non solo perché è insoddisfatta,  forse perché il loro grido rimane inascoltato,  forse perché ognuno di noi crede di essere immune dalla depressione,  ma alla fine tutti , chi più chi meno siamo depressi e afflitti, non è questione di luogo, ma è questione di stile di vita, frenesia, profitto cattiveria, sono tutte cose che mettono in disparte i sentimenti e li trasformano in eresia

Ma se alla fine ognuno di noi sprecasse qualche parola con chi è solo in situazioni che non sto a giudicare riuscendo a far incontrare  un abbraccio con un sorriso, tutto sarebbe più’ facile e i sentimenti non sarebbero più un’eresia.
 



piccola ma intensa riflessione che vorrei condividere e dibattere con tutti voi . grazie

 

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Profilo Autore: anonimo veneziano  

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Dio del mare,

il capitano ha paura. Lo si puo` chiaramente capire. Cosi` anche noi.

Ormai sono trascorsi 75 giorni di navigazione, e con il morale dell’equipaggio azzerato e con le cambuse vuote e con i venti avversi, stanno venendo meno anche le capicita` del comandante di comandare.

Tutto quello che conta per lui in questo momento sono i suoi libri, le sue carte e i suoi incubi illuminati.

Al principio, appena partiti, eravamo tutti entusiasti perche’ nessuno di noi era mai stato imbarcato su una nave cosi’ bella, nessuno aveva mai ricevuto una paga cosi’ alta e nessuno era mai stato ad Atlantide.

Inutile dirti che nessuno aveva pensato per piu` di un minuto che questa citta’ non aveva latitudine ne` longitudine, insomma che non esisteva.

O forse tutti noi lo sapevamo e ci volevamo segretamente illudere di poter entrare nella storia come i marinai del Creuza, la nave che ha scoperto Atlantide.

Ma ora, Dio del mare, le cose sono diverse.

I venti strappano i capelli ai marinai e spettinano le idee al capitano.

La pioggia appesantisce le vele e questa nebbia fitta scherma ogni nostro grido.

Non possiamo neppure permetterci di piangere, perche’ un’altra goccia a bordo e il nostro prossimo scalo si chiamerebbe abisso, o inferno.

Ti scrivo questa lettera, Dio del mare, perche’ onestamente non capisco.

Non capisco perche’ ti accanisci con noi, non capisco a che gioco stai giocando.

Forse Atlantide non esiste, forse stiamo solo rincorrendo un sogno vuoto, forse stiamo solo seguendo le lune di quel vecchio pazzo di un capitano.

Ma non e’ proprio il sogno la nostra piu’ grande ricchezza ? Non e’ proprio il sogno il tramite tra dio e uomo ?

Chiudero’ questa lettera in una bottiglia, e, come consuetudine, la donero’ al mare, perche’ le onde la possano portare a te.

Quello che ti chiedo, Dio del mare, e` un segno, una risposta.

Quello che ti chiedo e` Atlantide o la patria e` la vita o la morte.

Quello che ti chiedo e` di non lasciarci qui, dimenticati, facili prede di un incontrollabile e doloroso istinto di sopravvivenza.

Donaci la citta` nascosta o guidaci alle nostre case, uccidici con l’inganno o salvaci con la tua grandezza.

E ricordati che nelle nostre allucinazioni collettive non ci sono marinai e capitani, neppure uomini e dei, ed Atlantide e’ il piu’ banale di tutti I sogni infranti.

Nelle nostre allucinazioni collettive forse ci siamo gia’ incontrati,

perche’ si ambientano all’inferno, e l’inferno ha il sapore del mare.....

 

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Profilo Autore: Charlie  

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….e allora forse era tutto più facile, perché i dubbi si assorbivano tra di loro,  si dissetavano della loro essenza.

Io ero poco più di un sonno spezzato, poco più di un ricordo offuscato.

Le mie espressioni si limitavano alla ricerca di apparenze che avessero nell’utile la loro semplicità e nell’eclettico la loro dimensione.

Mi piacevano i colori ed ancora di più mi piacevano le sfumature ed i riflessi che nascevano dalle tinte base.

Sperimentavo il male perché il bene già lo conoscevo, ma comunque negavo dio, sia quello buono sia quello cattivo.

Avevo fede, infatti credevo o meglio sapevo, della relatività della vita umana, e questa che era ai tempi una mia ricchezza, una perla agli occhi dell’ignoranza,

oggi appare più chiaramente che mai come radice dei miei conflitti, come il motivo che mi ha indotto in questo metro di isolamento e alienazione.

Seguitavo a rincorrere quello che non avevo, qualunque cosa fosse.

Ridevo e piangevo, ridevo e piangevo, e così progressivamente perdevo contatto con i ritmi che caratterizzano il talento dell’adattamento della specie.

Ora le cose sono diverse, il motore ha perso elasticità ma la strada e’ ancora lunga, ancora paurosamente distante e’ il raggiungimento di uno qualunque dei mille  sfuocati obbiettivi.

Dipingo molto adesso e sono figure strane talvolta incomprensibili, come rappresentazioni di una fauna e di una flora lontana, immagini ammorbidite da pigmenti di colori vivi stesi su fondali morti.

del resto non presto molta attenzione alla forma ed ho smesso di preoccuparmi della goliardia.

Ho qualche amico, un modello di famiglia conficcato fra il nervo ottico e la giugulare e un paio di migliaia di benedettini sempre pronti a volare bassi sulla mia sensibilità alcoolica, come uno stormo di uccelli che prevede un terremoto.

Quante volte ancora dovrò accendere una sigaretta, respirarla a fondo e seguirne la scia incerta, quasi a volerne estrapolare messaggi e indicazioni ??

Quante volte ancora dovrò guardare la punta delle mie scarpe per trovarle ogni giorno più vecchie e rotte, inadatte a percorsi militari ??

Il mio cuore a libro ha pagine vergini di ignoranza e il mio quotidiano dubbio si sintetizza in una sbilanciata reazione fra passato presente e futuro.

due atomi di carbonio 14 delineano il mio passato,

due atomi di elio caratterizzano il mio presente,

due atomi di uranio prospettano il mio futuro

destinato a spegnersi nel vuoto spazio temporale di una chimica da laboratorio, immorale  come un dio cannibale.........ma necessaria alla vita come il silenzio alla morte.

Un saluto ed un groviglio indelebile di colori forme e parole, quello che vi lascerò, quello che sfuggirà al perituro ed impietoso ciclo di una vita inadatta a chi non conosce pace.

 

 

E poi fu il colore del disordine, da sempre impresso nelle pieghe della mia pelle.

Allora la tempesta infuriava continuamente sul mio capo e i pirotecnici giochi del cielo caricavano di elettricista statica un cuore che già pagava in joule la dinamica dell’assenza d’affetti.

Il ricircolo del sangue avvelenava la volontà e corrompeva il coraggio, mentre il mio passo ad ogni metro si faceva più incerto, diventando vittima di incomprensibili alterazioni genetiche e di una chiara intossicazione esistenziale.

Facilmente si leggeva sulla mia schiena il peso di un’eternità di incompiuti, ed una scalena parabola di x e di y e di z, che si apriva dalla mia iride per culminare fra le mie dita e morire celebre sul letto acrilico di una tela nata e morta, in un secondo.

Fu il colore del disordine, fu prima che questo freddo velo di nero diventasse complementare al mio angolo visivo.

O forse e` stata l’ennesima illusione ottica, normalissima allucinazione di mezza età.

Lasciamo dunque il compito di sezionare sinapsi e non a qualche critico sfacciato, lasciamo le condanne agli esperti, sipario che si chiude sul fragile fungo atomico di questa mia nuova bomba ancora da sperimentare.

 

 

Non credo a nessun dio, come forse il bianco frettoloso avvicendarsi dei pupazzi di neve sopra una vallata di mal spesi attimi che vagano silenti fra le dita della mia mano sinistra e il lato nascosto di una delle mie lune peggiori.

Poi in ogni caso il camaleonte mascherato da autista di limousine viaggerà ai trecento all’ora sopra le nuvole per non scordarsi che le lacrime che piange sono come pioggia sui tetti di una casa con tepore e amore che straripa dal comignolo.

Cammina allo stesso tempo sulla mia incertezza un corteo forse funebre di formiche indiane che si lamentano per lo sciopero dei fornai.

Non si mangia più pane, in effetti, dalle nostre parti, forse neppure si beve vino.

La gente piange e basta e non indossa neppure occhiali da sole perché la nebbia scherma la caduta.

Credo che siamo stati invasi dagli alieni o dalle formiche rosse o da entrambi oppure dovrei smettere di bere, si si dovrei proprio smettere di bere.

Quando vedo attraverso il vetro mi immagino un arcobaleno che in realtà e` solo e niente più che un raggio di luce che passa e non si ferma che si mostra e non si da.

Che strano, non e` vero ???

Che dicano pure che le  cose non funzionano tanto il regno animale avrà sempre la peggio.

Ho letto ultimamente della rivolta dei microonde, o forse erano i venditori di ombrelli.

Tutti si sentono più bravi come se fosse arrivato Natale o chessò io, ma in realtà si sono tutti stufati dei videogiochi e dei cerini accendi speranza. Che fregatura !!

Devo assolutamente ricordarmi di comprare un regalo per la mia ennesima poesia.

Forse sarà un block-notes e una penna Bic della fine del novecento.

Un cimelio.

E intanto combatto formiche, pupazzi di neve, camaleonti-autisti, fornai e alieni.

Uccido tutti a colpi di Bic, chiunque si rifiuti di dividere la Marlboro.

Morte per intossicazione da inchiostro.

 

 

Come vedi i moti istintivi accompagnano ancora questa mia penna dall’inchiostro indelebile.

Quello che vale la cascata del nero, del rosso o del blu, comunque non traspare dagli occhi spenti di un pubblico che non si ferma ad osservare la metamorfosi delle lettere e del caso.

Ho chiuso la porta al passato, ma temo che anche il mio presente sia rimasto fuori, libero di condizionare un futuro che mi rimbalza attorno, ricordandomi ad ogni battito che quello che ero sono e che quello che sono, sarò.

L`immagine che ho di me e` fotografica, una diapositiva che ha bisogno della lucentezza del sole per riflettere i propri contorni.

Ma dove ? Sulla superficie di mura, strade, o sulla stessa parete dei tuoi occhi ?

Quando penso alla materia, mi ritrovo senza idee.

Quando penso all’intangibile, mi ritrovo come un quadro senza titolo, perso nel vuoto senza tempo, sazio e solo, pago e triste dell’intraducibilità` di tratto e colore.

Poi accade che non mi ricordi più, accade che incidentalmente mi rifletta su uno specchio e la magia del dolce fluttuare mi abbandona alla caduta, lasciandomi solo con il mio inutile bagaglio : pigmenti e lettere come pezzi di un puzzle, ricordi e ideali concreti come geroglifici.

E` quando comincia la quotidiana battaglia, quando per un attimo desidererei arrendermi.

Certo che tanto non lo farei, perché la mia natura egiziana mi guida all’immortalità`.

Sempre fedele, attraverso la via dell’indecifrabile, attraverso questo infrangibile connubio, attraverso i tuoi occhi-raggio che soli traducono la mia indomita anarchia.

 

 

Dopo la stranezza della mia ultima visione, decisi di rifugiarmi il più velocemente possibile nella consuetudine di un caldo bagno a gradazione alcoolica.

E’ davvero assurdo, ma certe volte nel corso di un’esistenza le idee che ti si accumulano non calcolate, in qualche angolo buio del tuo cervello, ritornano improvvisamente padrone e tu altro non puoi fare che lasciarti guidare dal loro estro.

E’ così che succede. Anche se quello a cui in realtà tu poi aspiri, e’ solo la sicurezza di una vita di sponda.

A quel punto non hai più nulla da fare, se non abbandonarti al tentativo di tradurre in fatti gli impulsi che bombardano, in un dialetto incomprensibile, le trincee di perbenismo e luoghi comuni che difendono la tua ignoranza.

Sempre che tu non decida di sforzarti di dimenticare che si tratta di idee, troppe belle per essere vere, così inutili da essere lasciate scorrere come visioni.

Tanto, dopo, quando sarai solo e spaventato, nulla ti vieterà di colorare le tue notti insonni con i pigmenti di una fermentazione così naturale e spontanea da non avere nulla di geniale.

 

 

Leggermente stordito, complice di anomalie espressive, riverso la mia rabbia come un fiume in piena contro le istituzioni tiranniche di una società appassita.

La vita che e` svanita non ha probabilmente nulla da invidiare a quella che seguirà.

E le ore che volano sopra la mia creatività  non disdegnano di lasciarsi alle spalle un triste vuoto, sonora eco lungo il contorno di uno zero.

Apparentemente inutile proseguo la mia marcia, vittima dei circoli chiusi e disfunzioni esistenziali, negando alle mie tasche una solidità di intenti.

Mentre le mie braccia strappano all’aria la condanna di un decollo che ha per rotta l’improbabile traiettoria di un volo sotto vuoto.

C’era un tempo che la luce filtrava attraverso un piccolo spazio proprio sopra il mio sonno, nell’ipnotica alba e nel primo meriggio.

Abitavo il mio corpo molto più di quanto mi riesca adesso e poi del resto correvo e  correvo e correvo, quasi a voler annunciare quale sarebbe stato il mio destino.

Oggi controllo un raggio di luce che schizza diretto dall’iride ed illumina a sprazzi piccoli scorci di vita vissuta.

Gravide forme simili a precoci geniali idee compariranno domani su una terrazza affacciata sull’inferno.

Come ti suona tutto questo ??

Come indicazione o come avvertimento ??

 

 

Se potessi scegliere strade e scorciatoie, sorvolare su vicoli, fango e ghiaccio, abbraccerei una farfalla, e con lei, attraverso percorsi vicini all’inesistente, leggerei in ogni mio decollo le paure di ogni suo atterraggio.

Quando poi il triste lamento di un colore una volta vivo ed ora spento, mi ricordasse che tutto quello che nasce dopo muore, semplicemente mi chiederei perché le mie ali non hanno riflessi leggibili ad occhio nudo.

Certo che comunque il fluido magico del nostro connubio si consumerebbe a poco a poco nella stesura dell’ennesimo capitolo  della fluttuante vita dell’uomo-farfalla, di colui che disperde lettere nel vento e colora per un attimo la mediocrità di una città che ha ali grigie meccaniche e spegne i sogni nel posacenere.

Possa il vento addolcire ogni volo che ha per meta l’infinito e per scopo l’insensato.

 

 

Forse non tutti sanno che esistono altri dove.

Io l’ho imparato nel  mio folle vagabondare. Lungo la strada, per disperazione.

Camminando infatti, con un chiodo sporco conficcato nel cuore, si può casualmente imbattersi in un messaggero della terra dei possibili dove.

Io mi trovavo sanguinate, quel giorno, dagli occhi e dal cuore, in un lungo viale dove il sole era un’ipotesi e la luna un palliativo.

Il vento stropicciava i contorni delle cose e il freddo ribadiva con una martellata il fatto che il mio chiodo-dolore era più solido delle mie ossa-quasi-cenere.

Questa certezza di non-via-di-fuga, da giorni mi aveva spinto a rinunciare ad ogni bussola, ed io muovevo i miei passi come un cane pastore ubriaco, decisamente affranto per la perdita del gregge.

Arrivò, avvolto in mantello di cemento armato, un piccolo essere con le parvenze di un fiore, il colore di un incubo ed un vago odore di morte.

Capii che stavo morendo, che la mia distanza dalla fine era minore di quella dalla mia prossima idea.

Così dopo giorni senza sosta decisi alfine di sedermi al fianco della mia guida.

Gli vomitai contro tutto il mio disgusto e gli dissi che se voleva portarmi via poteva farlo, gli dissi che ero pronto, gli dissi che prima, però, avrebbe dovuto battere il chiodo fino ad aprirmi il cuore in due.

Sarei partito per il prossimo dove solo con una parte di esso, perché comunque l’altra metà non mi apparteneva più da tempo.

Alzò gli occhi, come poteva averlo già fatto per duemila anni, e mi guardò , e mi ipnotizzò.

Dalla mia ferita cominciò a correre sangue, sgorgare a due getti divisi dal chiodo.

potevo sentire confuse fra loro mille curiosità e un desiderio di pace.

Guardai la mia mano che netta di fame recise la fonte del rosso soffrire.

Guardai quel chiodo trasformarsi in un piccolo essere con le parvenze di un fiore, il colore di un incubo ed un vago odore di morte.

Di riflesso guardai il mio petto, lo sondai come un rabdomante, ma non trovai tracce del flusso.

Mi resi conto con singolare logica che non ero morto, che ero stato graziato, forse premiato per il coraggio speso.

Corsi libero dal dolore fino alla prima città , comprai una sigaretta un cerino una cartolina un pennino un chiodo ed un martello.

Accesi la sigaretta e spensi il cerino, disegnai l’incrocio dei dove sulla cartolina, me la avvicinai al mio vecchio cuore.

Con un colpo da maestro mi piantai il chiodo alla fonte dei sentimenti, mentre gli ultimi anelli di fumo salivano al cielo e la mappa dei possibili dove penzolava inutile appesa alla metà del cuore che non mi apparteneva.

Forse non tutti sanno che esistono altri possibili dove, persi fra altrettanti quando e come.

Anche se il perché, comunque, resta uno solo.

Lo stesso per cui mi abbandonai al desiderio di pace.

Lo stesso per cui, nella metà del mio cuore che apparteneva a lei, puoi trovare le coordinate che portano all’incrocio dei dove,

che poi e’ un mucchio di vecchi chiodi color rosso ruggine.......

 

 

E poi provavo a dirtelo, ma non una parola gonfia abbastanza per sposarti nella primavera delle eccezioni, non una parola per trattenerti nella rete dei miei capelli.

Ricordo con improbabile sobrietà l’alcool delle tue labbra e il latte del tuo sorriso. 

Sdraiato fra un pino marittimo e una magnolia, ricordo il profumo di una pelle che respirava e ricordo l’esatto lamento di una fame che ancora suonava piacevole.

Ma non potevo dirtelo, non potevo tradurre in verbi tutto quello che era per me visivo, acustico ed olfattivo.

E cosi non lo hai mai capito, e cosi non te lo ho mai detto.

Ora che ho parole da vendere, capelli lunghi abbastanza ed un disperato coraggio, piano mi spengo, per saturazione o forse incompatibilità linguistica.

POI MI DECIDO A RIPRENDERE IL MIO STILE DI INTERROTTI INSENSATI E NON CERTO-BELLI ACCOSTAMENTI DI PAROLE.

E` SOLO QUESTIONE DI APRIRE LA CACCIA E TUTTO IL RESTO SEGUE IL CORSO DELLE STAGIONI.

SONO SOLO UN TIPO UN PO` MALINCONICO E QUESTO MI COSTA ALMENO UNA LACRIMA PER PENSIERO.

SONO SOLO UN TIPO UN PO` MALINCONICO CON IL SUO SEGUITO DI FRUTTI ACERBI E NOTTI INSONNI DA RIEMPIRE.

Non ho cambiato spesso il ciclo delle parole, anzi ho lasciato che il soffio delle ventuno lettere fluisse diretto dalle mie labbra per colpire l’immobilità` del tuo sguardo e lasciare nelle pieghe delle tue palpebre l’incerto fremito di rivelazioni oniriche.

Non c’eri mai stata ed io lo sapevo, perché non una ruga solcava il tuo volto e non un affanno, e non una pietra era legata al tuo collo.

Erano I giorni del maggio, volati leggeri e puerili, sfuggiti per sempre al raggio del polso.

Posseggo una nave che ansima stanca, che batte e ribatte quattro miseri porti, posseggo un’idea che si infrange sull’onda,  e scogli e coralli, posseggo un passato di gloria, due stelle sul petto e una lunga lista di lune, ricordi sbiaditi dal vin santo e il tabacco.

Il bisogno di mura non tocca il mio cuore, ne` una futura rinascita o una morte leale, ne` una spiaggia serena su cui posare il rancore.

Quello che voglio lo si legge nel braccio, che guida le mani al volere del cuore, le mani che pulsano, che afferrano, che toccano, che cercano spazio e alimentano il sogno, un sogno che parla di rivoluzione, che lacera l’animo e regala colore, ma inciampa ridicolo in campo d’amore.

 

 

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Profilo Autore: Charlie  

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Amo l'inverno. Sembrerà strano per uno come me nato a Napoli, città del Sole. Eppure amo l'inverno, amo il freddo, amo le giornate di pioggia. Amo la natura piovosa, i boschi, le corse sotto un clima mite. Nel mio quartiere che è un vicolo piccolo e storto, ma ben incavato, si vive tranquillamente, nessuna scena di panico, nessun pericolo, c'è persino una chiesetta, molto carina, dove io mi reco ogni tanto, quando voglio fare pace con Dio. Il prete è molto bravo ed elegante, quasi dolce, accoglie le mie confessioni, con distacco e non mi fa nessuna predica, dice solo di stare attento, che il male lo posso trovare ovunque.

Quando esco di casa, poi vedo per la strada le solite ragazze moderne, con accento spiccatamente napoletano, che "rovinano" la città sui motorini, oppure ragazzi parimenti associati ad una scarsa cultura dell'educazione che "distruggono" il mondo sugli scooter.

La vita nel quartiere dove vivo, è strana, sembra un dormitorio pubblico, tutta gente quasi anziana, o chi voleva ma non è riuscito ad andare via, o chi si è sposato, non sempre per amore.

I giorni sono strani, sto uscendo poco, perchè non sto bene più come una volta. Sento poco. Sarà il catarro nelle orecchie, mi sto curando ma non passa, ancora. Sono 5 mesi che vivo di alti e bassi. A volte come adesso sembra uno strazio.

Il quartiere però continua a vivere....il fruttivendolo vende la frutta, il salumiere i salami, il droghiere lo zucchero, io ho il mio ruolo di malato forse immaginario, forse reale, che ogni tanto esce di casa. Ogni tanto esco di casa, soprattutto dopo aver sofferto tanto, esco e incontro Dio. Dio mi dice: "Che bella giornata oggi", io annuisco e continuo il mio cammino. Sapendo già che tutta questa felicità un giorno finirà, e io sarò morto. L'aria che si respira a Napoli non è un'aria qualunque, è un'aria sempre fresca, il sole inebria, col suo calore e coi suio immensi colori, tutta la città....si sente la presenza dell'abbandono e della rassegnazione, da secoli nella città dove vivo.

Il luogo dove vivo io, sembra un dormitorio pubblico, come detto prima, c'è una anziana signora non vedente, che sembra aver perso le cognizioni del giorno e della notte, mi da molta forza vederla, è come se vedessimo un pezzo di noi stessi quando a volte soffriamo. Lei, invece soffre ogni giorno, ogni secondo, ogni minuto, però a volte sono sicuro ride, ride fra se e se, sorride lieta fra se e Dio, nel silenzio della sua anima, laddove ha un rapporto personale con Nostro Signore e laddove nessun essere umano, nessun psicologo nessun dottore può addentrarvisi.

La mia situazione è strana, pensieri vanno e vengono, e la mia anima li asseconda. Spesso penso al mio passato a quando correvo da ragazzo sulla spiaggia, e non mi rendevo conto di come ero fortunato, poter correre felici, soprattutto, verso la sera , diciamo alle 18.00, su una spiaggia è una cosa che consiglio a tutti di fare almeno una volta nella vita. Si ha un rapporto con la natura splendido, e se ripenso a come sono oggi, mi sovviene un forte rammarico, di come mi sono ridotto. Però non voglio dire come fanno in molti: "Io da giovane ero un leone, nessuno mi fermava"-no-non voglio dire questo. Dico solo che, scuola a parte, tutto era più leggero. Però si badi che soffrivo molto anche da giovane. Verso i 16 anni, ma anche prima, la sofferenza me la portavo appresso.

Di ragazze, nemmeno l'ombra, ossia a me piacevano e piacciono ancora ma sono loro che non provano nulla per me. Sarà, che non sono simpatico, sicuramente non bello, un pò fuori dal tempo, ma a me piace sognare, non me ne frega molto se le ragazze, non mi filano.

Io non sono pefetto, ma nessuno lo è. Però chissà perchè da me la gente si aspetta sempre che io dia quella scintilla, quella lucida voglia di creare. Per tutti i poeti forse è cosi, per me lo è sicuramente. Se non scrivo un verso al giorno non sono io. Ogni verso, è una cosa che io penso, quindi ragionata, a modo mio ma ragionata , poi scritta, sotto forma di poesia o di prosa. La poesia non deve essere solo per cuori infranti, deve avere un senso pratico, un senso civile, perchè può servire a migliorare l'uomo. Anche un verso decadente può essere utile cosi a far conoscere agli uomini come non si deve agire, a lasciare , abbandonare le negatività, per evolversi al meglio. Ma se nessuno lo fa capire, anche il male viene visto come bene.

Non so quanto potrò scrivere ancora. A volte scrivo per mascherare il male d'animo che sento dentro. In verità in questa estate mi sento solo, coi miei guai. Sento di dare fastidio anche alla mia famiglia, ormai la mia sofferenza me la porto dentro. Devo impare a gestirmi meglio, non so se Dio c'è , lo spero, a volte perdo la fede, ma se c'è ,adesso è il momento di farsi vedere, ma non per punire me , ma per guarirmi attraverso l'amore. Piangersi addosso non serve a nulla, ma adesso sento che la vita mi sta abbandonando, nel senso che forse il mio ciclo è chiuso. Spero di sbagliarmi, perchè poi vedo la signora cieca e sorda davanti la mia finestra, che vive e non piange mai, vedo altre persone malate che vivono. Fatto sta che io sto soffrendo molto.

Però credo che se mi distraggo posso migliorare. A volte penso alla mancanza d'amore che c'è nel mondo. Penso a come il destino mi abbia distrutto senza possibilità di recupero, ripenso alle poche (si possono contare sulla punta di una mano) giornate belle e spensierate che ho vissuto, ma anche in quelle ho dovuto sopportare gente che mi ha deluso, e che sparlava male sempre male di me. Il destino non mi ha dato nessun aiuto, mi ha ripeto massacrato, ma se penso che c'è gente peggio di me , non dico che mi riallieto (parola troppo grande) ma comunque non mi butto giù, anche se devo ammetterlo convivere con un udito basso, non è semplice, e non so se riuscirò più a sopportare tutto questo andazzo negativo.

Sono solo.

Poi penso all'estate, alla voglia di vita che c'è. Vorremmo tutti ritornare adolescenti e sognare un amore, un nuovo amore, che abbia gli occhi della fantasia, per respirare le stesse ansie le stesse gioie, gli stessi dolori, la stessa allegria, poterle dire che non ci lasceremo mai. Sarebbe bello, vivere un vero amore, che possa ridare alla mia anima una felicità forse mai conosciuta, ma poi mi chiedo se esistono amori cosi. Chissà.

 

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Profilo Autore: AlessandroLugli  

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Una fanciulla piangente lacrime disperate, ferita dall’altrui invidia rivolta nei suoi confronti, chiese ad un profeta: "Cos’è l’invidia?". Ed egli a lei:

"L’invidia è l’incapacità di vedere, amare e contemplare il bene, la bellezza e la luce presenti nell’animo di un uomo. Gli invidiosi, condannati a vivere nelle tenebre e a strisciare nel fango, quando levano il capo per scorgere la luce del sole, ne rimangono abbagliati. Allora, essi, anziché elevarsi al bene attraverso la luce, chinano il capo ritornando nelle tenebre da cui provengono, odiando e disprezzando, per la loro incapacità di amarla e contemplarla, la luce che alberga negli animi nobili di uomini che vivono rettamente ed onestamente.

Il poeta, invece, con la sua purezza d’animo, sa amare il bene, anche se si trova più in alto di lui.

Per questo, ti amo apprezzando la bellezza che possiedi dentro di te senza invidiarla

Non ti dolere, se gli altri, gretti, sporchi e volgari, feriscono la tua nobile anima con le frecce dell’odio.

Ascolta la piccola voce che abita in te, che ti suggerisce la retta via che porta al bene.

Prendila, è quella la via giusta.

Piccolo Fiore, non lasciarti appassire dall’aridità di questo mondo malvagio.

Grande Sole, non lasciare che gli altri, con la loro invidia, spengano per sempre la tua splendente luce.

Se vivi sospinta dall’amore, non devi temere gli invidiosi, perché l’amore ti rende più forte di loro.

Se proprio non riesci a trovare la forza in te stessa attraverso l’amore, non preoccuparti. Io sono sempre accanto a te, pronto a proteggerti e a difenderti dal male con la forza del mio amore.

Ti mando un caldo abbraccio di luce.

Ti amo, bambina mia, ti amo".

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Profilo Autore: Francesco Sabatino  

Questo autore ha pubblicato 73 articoli. Per maggiori informazioni cliccare sul nome.
Una fanciulla chiese ad un profeta: "Profeta, dimmi, cos’è il bene". Ed egli a lei:

"alcuni uomini, giorno dopo giorno, si affannano inutilmente alla ricerca di denaro, successo e potere. Questa ricerca incessante li spinge ad invidiare quelli che considerano "superiori" e ad insuperbirsi, e a disprezzare, quelli che ritengono "inferiori". Inoltre, in loro, domina l’avarizia, la volontà di avere sempre di più, e non si fanno scrupoli pur di ottenere ciò che vogliono, giungendo persino ad uccidere. E questo, ovviamente, non è bene.

Ci sono, poi, quelli che vivono nell’ignavia, cioè quelli che, per paura, o per pigrizia, non si schierano né dalla parte del bene, né da quella del male. Semmai, operano buone azioni per ipocrisia, per mettersi in mostra e ricevere approvazioni dagli altri. Anche questo non è bene.

Il bene risiede in quegli uomini onesti, ma anche in quelli coraggiosi che danno la vita per la giustizia, al servizio dei deboli, che, spinti dall’amore, si prodigano per alleviare le sofferenze altrui.

E’ proprio l’amore il principio primo da cui ha origine il bene. Attraverso l’amore, l’uomo fugge le tenebre del male e la sua anima, dopo aver raggiunto il bene, s’acquieta.

Tu, bambina mia, non ascoltare il rumore dell’invidia che gli altri rivolgono verso di te, ma la musica della tua anima, poiché è lì che risiede il bene. Non ricercare il bene nelle cose esteriori, ma dentro di te.

Forse, penserai che non si guadagna nulla facendo il bene, in una società in cui domina il male, in cui gli uomini più malvagi e prepotenti hanno la meglio sui deboli. Questa è una società corrotta, priva di valori morali: gli unici valori presenti nella nostra realtà sono quelli di un’ideologia neoliberista, incentrata sulla competitività aggressiva, contro i valori universali del rispetto e della dignità umana.

Ma tu, bambina mia, non arrenderti alle lusinghe del male. Continua a vivere rettamente, come hai sempre fatto.

In realtà, quando si operano buone azioni, inizialmente si soffre e siè tentati a mollare tutto. Ma, poi, a lungo andare, lo spirito si eleva e la beatitudine sarà immensa.

Se fai il bene, ne riceverai altrettanto. E, comunque, anche se così non fosse, lo spirito si eleva, emancipandosi dalla schiavitù verso il male. Se tutta l’umanità facesse il bene, allora si creerebbe la cosiddetta "catena dell’amore", tale da spezzare le catene che la legano, sin dalla notte dei tempi, indissolubilmente al male, dando vita ad un’umanità corrotta, destinata alla morte.

Forse le mie parole ti sembrano utopiche e folli. Ma, se tutta l’umanità agisse in questo modo, questa utopia diventerebbe realtà e la follia razionalità.

Infondo, chi sono i folli? Quelli che con il loro potere ordinano eccidi nei confronti dei bambini, delle donne e dei più deboli in generale, quelli che con i loro atti efferati, all’insegna dell’odio e dell’ingiustizia, condannano Cristo in croce ogni giorno? Oppure, quelli che, come me, sognano un mondo migliore?

Rifletti, bambina mia, su queste parole. Rifletti!".


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Profilo Autore: Francesco Sabatino  

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Una nobil donna, forse una duchessa, ma poco importa, adorna di sontuosità, chiese ad un profeta:

"Parlami della nobiltà". Ed egli, un po’ accipigliato, rispose:

"Voi credete d’esser nobili, solo perché discendete da famiglie importanti, dal cognome altisonante, solo perché possedete molto senza nulla dare. Niente di più falso! Questa non è nobiltà. Semmai superbia.

La nobiltà risiede nel cuore, in ciò che siete, e non in ciò che possedete. Siate voi stessi e sarete nobili. Donate voi stessi, tutto il vostro amore e sarete nobili. L’amore è l’unica cosa che nobilita veramente un uomo, innalzandolo dagli abissi del male alle somme vette del bene, congiungendolo con l’assoluto, quindi con Dio.

Un concetto affine a quello di nobiltà e quello di verginità.

Non è vergine chi mantiene la propria carne "pura", ma chi è puro di spirito.

La purezza della carne non esiste, esiste solo la purezza spirituale che si manifesta attraverso il perseguimento di buoni sentimenti, e non attraverso il puritanesimo moralista che opprime gli uomini, proibendo loro di amare e d’esser liberi.

Chi preserva il proprio corpo dall’eros non è vergine, bensì avaro, perché non dona sé stesso a chi a bisogno d’amore.

L’avarizia: quella si che è peccato!

Tu, donna, Purifica il tuo animo dall’invidia, dalla superbia e dall’avarizia; Abbandonati ai piaceri dell’eros, che, ti assicuro, sono innocui, e sarai vergine.

Ora va’ ed impara a seguire la via che conduce alla profondità dell’essere, anziché rimanere alla superficie dell’apparire".


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Profilo Autore: Francesco Sabatino  

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Cosa sono gli eroi? Ma soprattutto Chi sono gli eroi.

Sono pupazzetti, sono utili idioti da sacrificare alla causa dei potenti per dire:-  ecco vedete i nostri uomini li abbiamo costruiti noi sono nostre creature sono i nostri eroi?
Poi finita la commedia si spengono le luci e si torna ad essere semplici marionette da tirare fuori all’occorrenza, dimenticando che queste marionette malgrado tutto hanno sentimenti, hanno passioni, hanno gioie e dolori, ma soprattutto hanno grandi donne che li accompagnano per tutta la loro vita.
E’ comodo, troppo comodo farne un uso momentaneo, e poi metterli li in un cantuccio e dire state buoni se potete, state tranquilli altrimenti…. altrimenti…..
Gli eroi sono quelli che vivono ogni giorno con onestà e senza risparmiarsi, barcamenandosi tra mille ingiustizie, gli eroi sono persone normali e purtroppo ce ne sono sempre meno.
Gli eroi sono anche quelli che faticano ad arrivare a fine mese e nonostante tutto non fanno mancare il pane a tavola ai propri figli, ci sono eroi moderni ed eroi passati, maltrattati e dimenticati, delusi traditi ingannati, ma che comunque restano nel cuore della gente normale, ed ecco che ci sono eroi che vestono i panni del metalmeccanico, ci sono eroi che vestono i panni del muratore, ci sono eroi che vestono una divisa, ci sono eroi che indossano un camice bianco una tonaca.
Persone senza macchia e senza paura per molti, ma persone che ridono piangono scherzano s’incazzano e muoiono come tanti e lasciano un dono un ricordo immortale ai posteri, eroi buoni ad essere citati nelle cerimonie ed eroi dimenticati perché scomodi al politico di turno.
Ma alla fine chi sono gli eroi? Sono persone che se la sono andata a cercare quando muoiono, ma cosa significa andarsela a cercare? Cosa diavolo significa? Per me ha un significato profondo, andarsela a cercare vuol dire voler vivere la vita fino in fondo da uomini e non da conigli, a testa alta con coraggio e dignità. Ecco gli eroi sono tutti coloro che ogni giorno vivono a testa alta con coraggio e dignità fino all’estremo sacrificio, ma soprattutto gli eroi di oggi sono gli onesti quotidiani.-

Urgnano 25.07.2011


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Profilo Autore: anonimo veneziano  

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PREMETTENDO:QUESTA ESIGENZA,IL VORACE ESPRIMERSI,SBOCCIA RAMPICANTE DAL BALCONE INFERMO,DOVE,APPOGGIATO ALLA RINGHIERA CHE ASSORBE SCALPITII D'ANSIMARE PIù MATURO,ELEGANTE ANCH' ESSO DI SCENARI CONSAPEVOLI AUTOINDOTTI,MI LASCIO SOFFOCARE TRA RETICOLI AUTOSTRADALI IMBOCCATI,PURAMENTE INTUITIVI E PROPRIAMENTE NEURONALI.

SALITE IN MACCHINA,MA ORA,POSTI CE NE SON TROPPI E NON ABBIATE TIMORE,MANICHINI DARWINIANI.HO FRANTUMATO IL PARABREZZA CON "CAPATE" D'UNA PSICHE IRRISOLTA,LA MIA FLAGELLAZIONE FACENDOVI DEGUSTARE QUEL GENTIL VENTICELLO CHE PASSEGGIA SOLITARIO SENZA DIREZIONE.

SPIFFERA,ETERNO OSPITE MALGRADITO ALL'INTERNO D'INDISTRUTTIBILI PREFABBRICATI MONTATI CON I PANNELLI DELLE VOSTRE FACCE AUTOCOMMISERANTI.

SOFFIA PURCHè SIATE CREDUTI COLPEVOLI DI COLPE MAI INCISE NELLA CARNE MARCIA FUORI DA FRIGORIFERO NONCURANTE DEL TEMPO.EGLI PORTA VIA CON SE ANCHE LE OSSA.

SUDDIVISO QUALCHE FLASCH NEUROPATICO,FLIPPATO TANTO PER PIGLIARE PESCI CHE NON SI ESTINGUONO CONFUTANDO IN MARI CHE FERMENTANO CONTROCORRENTE A PERSONALI VEDUTE SENZA DIMORA.

DIRETE VOI,BRAMOSO IL GIOVINOTTO ANTICONFORMISTA.NERVOSO E SUDATICCIO SI SVEGLIA UN POMERIGGIO D'ESTATE;LA MOKA DAL VALVOLINO ROTTO,UNA 30 EURO GIA AL PATIBOLO,SDEGNATA LA SERA PRIMA TRA RIPIENI DI VASSOI TAVOLI E BIRRE DA SPILLARE FRETTOLOSAMENTE.TUTTO QUESTO NON VA BENE.
SI CI SGUAZZO SOPRA CAZZO!

ALLORA SENZA ABBONAMENTO SI SALE SUL BUS DELL'OPPOSIZIONE AL MANUALE GUIDA DEL "SISSIGNORE",IL LIBRO ANTECEDENTE LA BIBBIA.

DIVERTITO PERCHè NELL'UNIVERSO NON TROVERò QUALCOSA DA INDOSSARE E SENTIRMI AL SUO INTERNO NUDO,LIBERO DI MUOVERMI SENZA INDUGI.

QUALCOSA DI COSì GRANDE E CHE NON SI VEDE,ALMENO VOI.

QUALCOSA DA SGUAZZARE IN ASSENZA.

RIMANGO INSAZIATO E BUTTO GIU  QUALCHE CAZZATA IN ATTESA DEL DESSERT CHE METTE D'ACCORDO  PIù O MENO TUTTI...


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Profilo Autore: lukha  

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STRANI MECCANISMI INSATURI D'ESISTERE RIMESCOLANO RAGGIANTI LE CARTE UNIVERSALI D'UN VERO GIOCO CHE IN FONDO NON ESISTE.

SUB CONTROL,L'AZZARDO C'è,ALMENO L'HO VISTO,AFFERATO ORMAI QUANDO PROCINTO A BARRICARSI IN MELODICHE LANDE FRASTORNATE DI MALDICENZA.

PRESI COSì A SBORRARLO CON LA GODURIA DI CHI POTREBBE ANCHE MORIRE,SAZIO PERò,NEL RAGGIUNGERE INGORDO IL PIACERE D'OGNI COSA A  LUI NON CONVENZIONALE.

VENALE ALLORA,MORSE CON GIOIA D'UN TALE DISPREZZO ISTIGANDOMI A SQUARTARLO,SUCCHIANDO POI,DA SCOPPIATO FIN A COLLASSO,TUTTA LA SUA AMARA SEMENZA SCURA D'ILLUMINAZIONE TROVATA.SCELSI ANCORA UNA VOLTA E DOPO L'INTROSPETTIVO BANCHETTO,SE CADERE ESAUSTO O RIMANERE IN BILICO SULL'ORLO DEL MIO INDACO PRECIPIZIO,IN ATTESA DI BAGNARMI DI UNA PIOGGIA LAUDICA LUCCICANTE DEL PEGGIO GIà PASSATO.

ORA GIUNGE IL TEMPO CHE RIGETTA LA PESANTE ANCORA NELLA QUIETE DI UNA PALUDE NEBBIOSA, SUONANDO"STEP AND DOWN SYSTEM EVOLUTION":SPERDUTE TRACCE MEANDRICHE E MILLE SILENZI ASSORDANTI MIXATI IN UN SOL MOMENTO.

 
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Profilo Autore: lukha  

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