"Ma com'è piccolo!", disse Veronica con lo sguardo rivolto in basso. "Sarà a malapena dieci centimetri...". La ragazza sembrava stupita e un po' delusa. "Il mio ex lo aveva di venti centimetri!", continuò a dire. "Veramente  sono quasi 12 centimetri, mia cara. Comunque, a me va benissimo così!", le rispose Alessandro. "Si, capisco, però rispetto alla media è piccolino.", replicò Veronica. "Sarà anche piccolino, ma funziona perfettamente e non mi ha mai dato problemi. Inoltre, tesoro, non è molto carino che tu faccia questo tipo di paragoni. I venti centimetri del tuo ex mi sembrano anche troppi. In ogni caso, non significa che lui valga più di me perché ce l'ha più grosso!", disse il giovane, un po' infastidito. "Hai ragione, scusami, ma è stato istintivo per me fare questa osservazione. Sai, io sono abituata ad altre misure.". "Le misure non sono tutto, contano di più le prestazioni! Inoltre, con queste dimensioni contenute, si infila benissimo, ora te lo dimostro!". Alessandro mostrò a Veronica come il suo piccolo telefono si infilasse perfettamente nella tasca posteriore dei jeans.
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Profilo Autore: poetessalibera  

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Mi piace ogni anno rinnovare la tradizione del Capodanno, e rendere con tutto il creato il grazie, che per un anno intero ho tenuto nascosto in fondo al cuore!! quest’anno in modo particolare,  chiedo che rinforzi pazienza e umiltà, per sopportare le infinite sofferenze recate da questa pandemia, ci sta costringendo ad una vera vita di penitenza, di insopportabili dolori per le migliaia e migliaia di anime pure che innocentemente, ci hanno e ci stanno lasciando da soli a sconfiggere il nemico invisibile, il più crudele di questo ultimo secolo!

In questo momento dopo aver vissuto a pieno, il Santo Natale, come mi succede ogni volta, apro il cuore con la preghiera di darmi la forza per affrontare il futuro che si affaccia alle porte minaccioso, forza coraggio e buona volontà chiedo se veramente mi vuole suo fedelissimo seminatore di pace e di speranza!! Le mie speranze, stanno un attimo a riflettere, aspettano un po' di serenità prima di riprendere il cammino e impegnarmi, è grave l’amarezza che regna nel mondo intero, e non si vede all’orizzonte nessun segnale di un minimo miglioramento. Occorre mandi un po' della sua pace e gradualmente rinnovi, e riporti sincerità nei cuori, per ricominciare di nuovo, per ripartire con il Nuovo Anno che possa cambiare i rapporti, ritrovandomi fratello di speranza e di pace, e possa gridare dal profondo del cuore quanto è grande l’amore per questa vita!!

 

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Profilo Autore: Tonino Fadda  

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Il pizzaiolo Dante era un uomo realizzato. Pur essendo molto piccolo di statura e anche bruttino, egli si sentiva appagato sotto ogni punto di vista: aveva la donna della sua vita e la sua attività di pizzaiolo, che gli aveva regalato grandi soddisfazioni, valendogli il soprannome di "re della pizza". Proprio come un re, Dante si sentiva, specialmente quando era in compagnia della sua adorata Margherita. La regina della sua vita era lei, la splendida Margherita! L'uomo aveva un passato di tossicodipendenza, superata ormai da diversi anni grazie all'aiuto di Margherita. Egli usava ricordare quel periodo della sua vita come un "viaggio all'inferno", ma cercava di non pensarci più, si concentrava sul presente: amore e lavoro! Quante volte Dante, all'ingresso di Margherita nella sua pizzeria (di cui ovviamente la ragazza era assidua frequentatrice) aveva notato gli sguardi di ammirazione di tanti clienti che la sua bella compagna riceveva sempre in quantità. Sguardi spesso famelici, di questo Dante si rendeva conto, ma non era geloso, essendo completamente sicuro dell'amore e della fedeltà della sua ragazza. Margherita era molto affettuosa con lui. Era un po' capricciosa, ma Dante considerava questo suo aspetto come un qualcosa che la rendeva più interessante, una specie di completamento: una farcitura del carattere di Margherita che le conferiva più sapore! L'ultimo capriccio di Margherita, non ancora soddisfatto da Dante, era stato un braccialetto d'oro che la giovane donna aveva ammirato nella vetrina di un'oreficeria. Dante avrebbe voluto farla contenta comprandole quel gioiello che lei tanto desiderava, ma il costo non era indifferente, per cui decise di fare a Margherita un regalo meno costoso. Le comprò una sottoveste rossa come il fuoco, che la ragazza sembrò gradire molto, infatti la indossò immediatamente. "Margherita, sei una vera diavola!" commentò lui in estasi nel vedere la sua amata con indosso quella seta rossa. Il colore rosso donava a Margherita quel pizzico di peperoncino che non mancava mai di accendere la passione di entrambi. Un pomeriggio, poco prima di uscire di casa per recarsi nella sua pizzeria, Dante stava affannosamente cercando le chiavi della macchina. "Ma dove diavolo le avrò messe quelle maledette chiavi?", si chiedeva Dante mentre i minuti passavano veloci. Le chiavi non erano nel solito cassetto, cosa alquanto strana, perché Dante normalmente le riponeva sempre lì. Cercò in tutti gli altri cassetti e in ogni angolo della sala, ma le chiavi non c'erano. Allora pensò che potessero trovarsi in camera da letto. Entrò in fretta nella stanza dove Margherita, cambiandosi prima di uscire, aveva lasciato il solito disordine: la sua tuta da casa e le pantofole erano state gettate a terra alla rinfusa, sul comò erano sparse creme e cosmetici vari che la ragazza aveva usato prima di uscire, un rossetto era sul letto e la spazzola era sulla poltroncina. "Margherita, così disordinata, non perde mai niente, io invece perdo sempre qualcosa!" pensò Dante, mentre frugava dentro tutti i cassetti. Le chiavi proprio non si trovavano. Il solo posto dove Dante non aveva ancora cercato era nel cassetto del comodino di Margherita. Difficile che potessero trovarsi lì, ma volle controllare lo stesso. Per la verità, egli si sentiva a disagio nel rovistare tra le cose personali di Margherita, perché nonostante fosse la sua compagna, lui le aveva sempre lasciato la sua privacy e non aveva mai ficcato il naso tra le sue cose. Ora però si trovava nella necessità di doverlo fare, le chiavi gli servivano, doveva trovarle. Ma un'orribile sorpresa attendeva il "re della pizza"! Nel cassetto di Margherita, nascoste sotto sciarpette colorate, vi erano numerose piccole scatole contenenti gioielli di ogni tipo e bigliettini scritti con grafie diverse tra loro che riportavano frasi come "alla donna più sensuale del mondo", "grazie per l'indimenticabile serata insieme", "non dimenticherò mai la tua pelle di velluto" e altre frasi decisamente più colorite! In una scatolina trovò il famoso braccialetto che non aveva potuto comprare a Margherita, accompagnato da un biglietto in cui la donna veniva ringraziata per le sue...prestazioni eccezionali. Dante era sconvolto! Possibile che la sua adorata Margherita lo tradisse in continuazione con tanti uomini diversi, per ottenere ciò che desiderava? Lui le aveva sempre dato tutto l'amore del mondo e le faceva anche regali, ma evidentemente la ragazza non era mai soddisfatta. La consapevolezza che lei gli avesse mentito per interi anni e che molti altri uomini avessero conosciuto il sapore di Margherita, annientava il "re della pizza", facendolo sentire un uomo disperato! Il suo mondo era distrutto, la vita non aveva più senso! Si ritrovava solo nella più nera oscurità! Dante allora uscì di corsa dalla casa, accese il fuoco del forno a legna che aveva nel giardino e in preda ad un'insana follia vi si gettò dentro! Dante arse vivo nell'inferno e stavolta nessuna donna poté salvarlo.
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Profilo Autore: poetessalibera  

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Felice era un bel ragazzo dal carattere allegro e gioviale. Faceva il vigile del fuoco e aveva conosciuto Fiamma durante un'incendio, salvandole la vita. Lei era davvero carina e a Felice era piaciuta subito. I due giovani cominciarono a frequentarsi e, ben presto, sentirono accendersi la fiamma dell'amore nei loro cuori. La loro era un'unione felice, si trovavano in perfetta sintonia. Una sera però, durante una passeggiata insieme, Felice si era accorto che qualcosa non stava andando nel verso giusto, poiché la giovane era rimasta silenziosa per tutto il tempo. "Fiamma cos'hai? Ti vedo spenta!", chiese il giovane alla sua amata. "No Felice, sto bene, è solo una tua impressione", rispose la ragazza abbozzando a stento un sorriso. Lui le pose istintivamente una mano sulla fronte. "Ma Fiamma, tu scotti! Hai la febbre!". Effettivamente Fiamma era molto calda e Felice pensò che fosse meglio accompagnarla subito a casa. Una volta arrivati, lui si offrì di preparare una minestra, visto che non avevano ancora cenato. "Attenta Fiamma, è bollente!", disse il ragazzo nel porgere il piatto all'amata. Felice era sempre molto premuroso nei confronti della sua ragazza. Quella sera il giovane aveva un brutto presentimento. Fiamma aveva la febbre, ma lui sentiva in cuor suo che la causa della tristezza di lei, non era certamente dovuta alla temperatura alta.
"Amore mio, dimmi, c'è qualcosa che non va?" le chiese preoccupato, dopo che, finita la minestra, si erano accomodati sul divano. Fiamma attese qualche secondo prima di rispondere, ma ormai si era resa conto che fingere sarebbe stato inutile, decise così di rivelare la verità al suo fidanzato. "Felice, io...ecco...ho riflettuto molto su di noi negli ultimi tempi". Erano proprio che le parole che Felice non avrebbe mai voluto sentire pronunciare dalla sua amata Fiamma! Ancora prima che la ragazza potesse continuare a parlare, lui aveva già intuito tutto! Felice si sentiva davvero infelice. "In che senso hai riflettuto?" le chiese il giovane, aspettando con terrore la risposta di lei. "Vedi, ultimamente io non sento più il calore che prima avevo dentro". "Ma cosa dici Fiamma, tu stasera sei caldissima!" replicò Felice. "Sai bene a cosa mi sto riferendo, è inutile che fingi di non capire! La fiamma del nostro amore si sta spegnendo, Felice! Te ne sarai reso conto anche tu!". A questo punto l'infelicità di Felice raggiunse un livello tale che i suoi occhi si inumidirono. "Vuoi dire che tu non mi ami più? Io ti amo ancora, la mia fiamma non è spenta!" disse lui cercando di trattenere le lacrime. "Felice, non voglio che tu diventi infelice, ma è giunto il momento per me di dirti tutta la verità." Felice cominciò ad essere confuso. "Vedi Felice, io un mese fa ho conosciuto un altro uomo. Mi sono innamorata di lui. Sento che è lui quello giusto per me." Felice restò di sasso. Come era possibile che la sua rossa Fiamma (la ragazza aveva antenati irlandesi) lo stesse lasciando per un altro? "No Fiamma, non è vero, tu non puoi amarlo sul serio!" disse Felice che si sentiva ormai disperato. "Ti assicuro che brucio d'amore per lui. E' l'uomo che ho sempre sognato per me". "Ma chi sarà mai questo tizio per aver conquistato una come te?" chiese lui. "E' un artista del circo che è arrivato un mese fa nella nostra città. Fa il mangiatore di fuoco". Felice era incredulo. "Così lasceresti un pompiere per un mangiatore di fuoco? Fiamma, hai perso la ragione?". "Rassegnati Felice! Tra me e te è finita!". Felice a quel punto si alzò, uscì dalla stanza e corse alla scala che portava in soffitta. Sentiva che era giunto il momento di fare ciò che aveva sempre desiderato, ma che continuava a rimandare, per amore di Fiamma. Da mesi soffocava il suo istinto, ma ora poteva finalmente lasciarsi andare. Afferrò saldamente quell'arnese che da tanto tempo teneva chiuso a chiave in soffitta, per evitare di usarlo sulla sua amata. Si, quello era davvero il momento giusto per usarlo! Fiamma era rimasta seduta sul divano ad attenderlo, pensando che fosse andato in bagno. Il giovane scese dalla soffitta con quell'arma micidiale in mano e rientrò nel salotto. Appena Fiamma lo vide, si rese immediatamente conto delle sue intenzioni e fu colta dal panico. "Felice, cosa vuoi fare? Sei impazzito? Ti prego, no!", lo supplicò Fiamma, paralizzata dal terrore. In un attimo, le abili mani del pompiere Felice azionarono l'estintore puntato verso Fiamma, la quale si spense in pochi secondi. "Bene, visto che non bruciavi più per me, ora non brucerai più neanche per lui! Lasciarmi per un mangiatore di fuoco, sciocca ragazza: con lui avresti fatto una fine ben peggiore!". Felice era di nuovo felice perché sapeva di avere salvato Fiamma dalle viscere del mangiatore di fuoco, inoltre aveva fatto il suo dovere di pompiere. Si sedette sulla parte pulita del divano e accese la TV. Era giusto l'ora della sua soap opera preferita, "Fiamma d'amore".
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Storia scritta da mia figlia di 9 anni e mezzo
Niki amava l'arcobaleno. Un giorno però al telegiornale sentì: "qualcuno ha scambiato l'ordine dei colori dell'arcobaleno!". Poi il giorno seguente sentì un lamento, quindi lo cominciò a seguire e arrivò all'arcobaleno che gli disse: "mi hanno scambiato i colori, guarda!". Niki promise all'arcobaleno che ci avrebbe pensato lui. Chiamò tutti i suoi amici di scuola e insieme costruirono una scala altissima. Poi salirono sulla scala con colori e pennelli e rimisero a posto i colori dell'arcobaleno. L'arcobaleno felice ringraziò tutti i bambini e da allora non andò più via!
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"L'ha voluto lei...non è colpa mia...è stata lei a provocarmi...io ho solo fatto quello che andava fatto!".
Disse Fabio a se stesso mentre guardava il sangue sulle sue mani. L'aveva uccisa senza pietà, con un colpo secco ben assestato. Ora il corpo senza vita giaceva sul pavimento. Era così piccola paragonata a lui, ma non aveva esitato un momento nel colpirla. Fabio sentiva di essere nel giusto, perché era stata lei a provocarlo, era lei la sfrontata che andava punita. Sapeva bene che non sarebbe stato arrestato per il suo gesto. Voleva liberarsi velocemente di quel cadavere, ma prima di farlo lo fissò intensamente chiedendosi come avesse osato quella femmina fargli quell'affronto.
"Addio piccola zanzara dispettosa, non succhierai più il sangue a nessuno!". Fabio gettò il corpicino nel wc.
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Profilo Autore: poetessalibera  

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Ogni sera il piccolo Andrea, prima di andare a dormire, organizza tutto quello che gli serve l’indomani per la scuola. Prende quindi lo zaino dal suo armadio e vi pone l’occorrente in modo deciso e ordinato o per meglio dire questo è il suo proposito ma in pratica è più deciso che ordinato.
Dalla scrivania fa scivolare nelle varie tasche dello zaino quaderni, libri,astucci, penne, pastelli e ogni oggetto utile.
Poi ben lavato e indossato il suo pigiama preferito si addormenta soddisfatto, ma non sa che mentre lui sorride durante i suoi i sogni, gli oggetti riposti nello zaino prendono vita.
Svegliati ben ben, ad uno ad uno escono e messi comodi iniziano a chiacchierare.
Comincia il libro di geografia: <>.
<> replica il libro di storia. <>.
<> dice una delle penne. <>.
<> aggiunse un pastello.
<> urlano gli astucci.
Tutto questo rumoroso lamentarsi fa svegliare Andrea.
<<ma, ma...ma="" sono="" sveglio="" o="" è="" un="" sogno?="" voi="" parlate?<br=""><> risponde la riga. <> continua con voce seria e rimproverante. <>.
<> interrompe il bambino. <>.
<<no, no,="" no="">> continua severo il compasso. <>
Andrea guarda tutti gli oggetti con occhi tristi.
<> dice piangendo poi continua dicendo: <>.
A questo punto interviene con voce calma e dolce il libro di religione:<< Caro piccolo, adesso smetti di piangere, asciuga le tue lacrime e ascoltami. Per rimediare devi rispettare poche e semplici regole:
1) I libri si leggono senza disegnarci, colorarci e far loro alcuna piega;
2) Penne, matite e pastelli non si mangiano, non si privano della carta. Così non solo rovini loro, ma anche i tuoi denti e le tue mani. Poi una volta usati vanno conservati negli astucci ai quali non devi rompere le cerniere e non devi tagliare gli elastici interni;
3) Prima e dopo lo svolgimento di tutti i compiti posaci di volta in volta sulla scrivania o nello zaino ma calma e cura, non velocemente.
Se farai come ti ho detto, crescerai da bravo scolaro e buon bambino diventando un ragazzo e man mano un uomo sempre più rispettoso e rispettato.
Il bambino, dopo aver sentito senza mai distrarsi, accetta i consigli con gran sorriso ricambiato dagli oggetti e tutti si addormentano sereni.
Sono passati anni da quella sera e Andrea, ora adulto, ha continuato a seguire i consigli del libro di religione trattando sempre bene oggetti e anche persone raggiungendo così il rispetto meritato.
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Profilo Autore: Veronica Bruno  

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"Bene, siamo a letto! Ora che si fa?" disse Manuel con l'aria di qualcuno che si prepara ad un combattimento. "Noi siamo pronti, tu cosa aspetti?", aggiunse David. Lucia, che poteva finalmente lasciarsi andare, emise un sospiro. Non le sembrava ancora vero che loro tre fossero arrivati a quel punto. Seduta tra i due ragazzi, anticipava con la mente ciò che stava per accadere. In fondo se lo meritava! Se l'era davvero guadagnato quel finale dopo l'immane sforzo fatto per trattenere tutto il giorno i suoi istinti. L'innocenza angelica di Lucia era stata messa a dura prova dai due ragazzi dagli occhi verdi.
Dalla mattina alla sera, la giovane era riuscita a resistere alle tentazioni, come si era ripromessa di fare dal primo momento in cui, incrociando lo sguardo diabolico di Manuel e David, aveva intuito l'indole e le intenzioni di quei terribili ragazzi. Ma ora basta! Ora era arrivato il fatidico momento atteso e temuto al tempo stesso: la notte, quel tempo magico in cui l'invito del letto si fa irresistibile.
Nella camera regnava una luce soffusa. Una pioggia battente faceva da sottofondo musicale a quella notte decisiva per Lucia. Era alla sua prima esperienza e pur rendendosi conto che David e Manuel non erano certo i tipi adatti per la "prima volta", ella era decisa ad andare fino in fondo. Si sentiva determinata come mai era stata in vita sua. Certo, aveva un pizzico di paura, ma era ormai sicura che sarebbe valsa la pena di gettarsi in quell'avventura.
Mentre i due ragazzi fissavano intensamente Lucia nell'attesa di ottenere ciò che ella aveva promesso loro, all'improvviso, dal piano di sotto, si sentì aprire la porta d'ingresso. Lucia emise un nuovo sospiro e balzò in piedi. Si udirono dei passi sulle scale, poi nel corridoio in direzione della camera dove si trovavano i tre. David e Manuel si scambiarono una rapida occhiata restando a letto, poi chiesero alla ragazza: "tu resti qui con noi, vero? devi darci quello che ci hai promesso!". Prima ancora che Lucia avesse il tempo di rispondere, due eleganti signori entrarono nella stanza sorridendo. "Buonasera Lucia! Ciao bambini, che bravi, siete già a letto!" disse la mamma di Manuel e David, la quale non si aspettava che la giovane e inesperta baby sitter, sarebbe giunta alla fine della giornata senza avere i capelli dritti! "A letto a quest'ora, è quasi un miracolo, di solito si arriva a mezzanotte prima che questi due capiscano che è l'ora della nanna! Complimenti Lucia, come è riuscita a convincere queste due pesti che è ora di dormire?" chiese il padre dei terribili gemelli di sette anni. "Per la verità, i vostri bambini si sono comportati benissimo per tutto il giorno" disse Lucia mentendo in modo magistrale "così ho deciso che meritavano un regalo. Se voi genitori permettete, naturalmente!". "Sei davvero gentile Lucia! Ma non dovevi spendere dei soldi, ci avremmo pensato noi a premiarli" risposero i genitori. "Oh, non preoccupatevi, non ho speso molto" disse la giovane mentre estraeva dalla sua borsa due colorati pacchetti, tenuti in serbo per il "gran finale", ovvero per invogliare i bambini ad andare a letto, qualora avessero fatto resistenza.
Consegnò i pacchetti ai bambini, i quali strapparono via la carta in un attimo, rivelando due fantastici supereroi alti 15 centimetri che si illuminavano, emettevano suoni e potevano anche camminare e muovere le braccia. Il duo del terrore accolse con entusiasmo quei regali: ci volevano proprio dei supereroi per rabbonirli, pensò Lucia! "Allora bambini, non dimenticate qualcosa?" disse la mamma. "Grazie Lucia!" risposero in coro i bambini. La ragazza sorrise e si apprestò a dare un bacio della buonanotte a entrambi. "Ma tu non resti a giocare con noi?" chiese David quando si rese conto che Lucia stava per andarsene. "No bambini! Ora dovete dormire. Giocheremo con i supereroi domani, promesso! Buonanotte tesorini miei!".
I due ragazzi non fecero storie quando la mamma ripose i loro nuovi compagni di giochi nel cassetto. Appoggiarono la testa sui cuscini e diedero gentilmente la buonanotte a Lucia e ai genitori. In fondo, anche loro erano stanchi dopo un'intera giornata in cui si erano scatenati a più non posso, sfinendo la giovane neo baby sitter, che dimostrò una pazienza infinita! Più volte Lucia era stata tentata di andarsene e lasciare i ragazzi liberi di mettere la casa a soqquadro, ma resistette. Durante il pranzo e la cena aveva sentito l'impulso di rovesciare sulla testa dei monelli il cibo che non volevano mangiare, ma si trattenne! Avrebbe voluto anche dar loro qualche sonora sculacciata, ma riuscì ad evitarlo. La giornata era sembrata interminabile, ma alle ore 23, stanca morta, Lucia aveva promesso ai ragazzi un regalo con cui giocare insieme, se si fossero messi tranquilli nei loro letti. Incuriositi David e Manuel avevano acconsentito. Indossarono i pigiami e si infilarono sotto le lenzuola, mentre Lucia attendeva seduta su una sedia posta tra i due letti. Poi erano finalmente tornati i genitori!
"Domani mattina puoi tornare Lucia, se per te va bene. Noi pensiamo che tu sia la persona adatta per fare da baby sitter a Manuel e David durante le vacanze". "Ma certo, domani tornerò! Ho deciso di accettare il lavoro. I vostri bambini sono molto vivaci, ma sono sicura che ci troveremo benissimo insieme noi tre!", rispose la ragazza con un sorriso. "Allora sei assunta! Domani torneremo a casa molto prima, non abbiamo in programma di andare a teatro" disse il papà, facendo amichevolmente l'occhiolino alla giovane.
Lucia salutò i suoi nuovi datori di lavoro, uscì dalla casa e salì sulla sua macchina per dirigersi verso il meritato riposo. Durante il tragitto ripensò alla giornata trascorsa con i due scatenati bambini. Era stata lunga e stancante, ma ora aveva un lavoro. La sua prima volta come baby sitter aveva avuto esito positivo. Ora non vedeva l'ora di mettersi a letto anche lei. Il giorno dopo, l'attendevano ancora i terribili ragazzi dagli occhi verdi per una nuova avventura insieme!



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Profilo Autore: poetessalibera  

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"Dammi la forza mio Signore, dammi la forza di andare avanti!"
supplicò la vedova inginocchiata sotto il crocefisso. Teneva tra le mani un fazzoletto per asciugarsi il volto bagnato dalle lacrime. Era struggente quell'immagine: una donna di circa 60 anni, che appariva così minuta in quella posa accovacciata, da sembrare una bambina. Solo guardandola in volto, si poteva capire la sua vera età. Avvicinandosi a lei si notavano capelli tinti di un castano chiaro con una ricrescita grigia di almeno 3 centimetri, segno che da mesi non faceva la tinta. Aveva avuto altro da pensare in quel periodo, la tinta non esisteva per lei! Il marito, malato ormai da qualche anno, si era aggravato qualche mese prima e da quel momento lei non aveva più avuto un attimo di pace.
Ora la pace l'aveva trovata il marito, che morendo aveva finalmente smesso di soffrire atrocemente. La moglie aveva per tutto il tempo assistito quell'uomo un tempo sano e forte, che si consumava giorno per giorno e si contorceva nel letto invocando la morte. Il suo dolore sembrava non dovesse mai avere fine. Ma un mattino presto la fine era arrivata. "Ecco, ora sei libero", aveva sussurrato la moglie all'orecchio del marito, come se lui avesse potuto sentirla. Poi la processione dei parenti che venivano a dare l'ultimo saluto al defunto, il funerale, la bara sotterrata e i soliti fiori colorati e muti, posti accanto alla lapide. Come tornare a vivere normalmente, dopo tutto quel dolore? La signora si sentiva sola, l'unica sua forza e consolazione era suo figlio e naturalmente il Signore, in cui la donna aveva fede.
Nonostante tutto ella aveva accettato la malattia del marito, convincendosi del fatto che ad un uomo di quasi settant'anni queste cose possono capitare. "Sono i giovani che hanno il diritto di vivere e stare bene", pensava lei. Aveva avuto un solo figlio. Ne avrebbe voluti altri, ma non erano arrivati. Suo figlio ora aveva 29 anni e un lavoro. Era stato fidanzato per qualche anno con una ragazza, ma si erano lasciati da poco. Il figlio aveva sempre aiutato la madre nell'accudire il padre malato e grazie al suo carattere gioviale, era stato un sostegno prezioso per i genitori durante quel viaggio nel dolore. Anche lui soffriva, ma non lo dava a vedere, si sforzava di sembrare allegro per i suoi genitori, parlava sempre con loro, gli raccontava del lavoro e di tutto quello che faceva, portava piccoli doni, cercava di distrarli e incoraggiarli per non farli precipitare nel baratro senza fondo del dolore. Aveva sofferto anche per la fine del suo fidanzamento, quando il padre stava già molto male, ma reagiva con fermezza, non si lasciava andare. Era un'ancora di salvezza per i suoi genitori.
Ora quella piccola donna, pregava il suo amato Dio di aiutarla a superare il dolore della perdita. Ci sarebbe stato il suo adorato figlio a sostenerla, ma quel mattino ella si era risvegliata nel suo letto, da sola. Il marito era morto da cinque giorni. In quel cupo mattino di pioggia però, il senso di solitudine si era fatto sentire in modo improvviso e prorompente. Cominciò a ricordare tutta la sua vita insieme al marito, da quando si erano conosciuti quasi quaranta anni prima, a quando quel mattino ancora così recente, se ne era andato per sempre. Il suo amato marito non c'era più, non l'avrebbe più rivisto! Era troppo terribile questa prospettiva! Stava male, decise così di telefonare al figlio, ma lui non rispose. La donna pensò che stesse ancora dormendo. Si vestì tra le lacrime e andò in chiesa a pregare. Il suo Signore l'attendeva lì immancabile. Egli non si muoveva mai di lì, era inchiodato alla croce, sempre disponibile a ricevere gli sfoghi, le suppliche e le preghiere di tutti. Qualsiasi cosa gli si dicesse, quel Dio sulla croce non si scomponeva mai. La sua faccia di pietra non cambiava mai espressione, nulla lo turbava, nulla lo rallegrava o lo intristiva. Ma per la gente lui era lì, come fosse vero anziché solo una statua. La donna si inginocchiò e cominciò con le consuete preghiere, per poi passare alla sua personale umile supplica, in cui chiedeva un po' di conforto per il suo dolore. Pianse per tutto il tempo. Si asciugò l'ultima lacrima e mentre stava per riporre il pacchetto dei fazzoletti nella borsa, il suo telefono suonò. Rispose. Era l'ospedale. Le comunicavano che il figlio era appena deceduto, vittima di un incidente. Grazie Signore!
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Profilo Autore: poetessalibera  

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Anna era sempre stata minuta, di bassa statura e timida, ma allo stesso tempo le era facile fare amicizia. Quando non poteva incontrarsi con le sue amiche e i suoi amici trascorreva il suo tempo libero leggendo o ascoltando musica e non volendo trascurare queste sue passioni, si impegnava nello studio svolto soprattutto a scuola.
Era cresciuta all’insegna di sani valori come rispetto, generosità, solidarietà senza mai pensare di doversi difendere da persone che invece davano spazio ad azioni spinte da offese d’ogni tipo.
Fu alle medie che iniziò a conoscere questo aspetto negativo della gente.
Nella sua classe c’era Maria Rosaria, ragazzina molto alta e di corporatura molto grossa per cui veniva derisa da tutte le altre ragazzine. Per mettere fine ai torti nei suoi riguardi e per essere accettata dalle altre, rivolse diverse sgarberie ad Anna che subiva con silenzio e pazienza capendo i perché di quelle azioni.
Ogni giorno la compagna trovava un modo per oltraggiarla, ma ben presto capì come infastidirla più facilmente.
A quei tempi Anna, quasi tutti i pomeriggi, oltre che a dedicarsi a gruppi di scrittura e lettura iniziò lezioni di ballo e canto perciò se in aula mancava qualche professore o professoressa mentre gli altri chiacchieravano, lei si sedeva all’ultima fila dei banchi e svolgeva compiti assegnati nelle lezioni precedenti.
In quei momenti Maria Rosaria le si avvicinava disturbandola facendo cadere sul pavimento libri, quaderni, penne sistemati sul banco o peggio ancora strattonandole il braccio o tirandole i capelli con quanta più forza poteva istigata dalle altre.
Il primo anno trascorse così, ma la ragazzina si ripromise che dall’anno successivo la situazione sarebbe cambiata!
E così fu.
Già dai primi giorni ricominciò ai suoi danni ogni possibile atto di bullismo e dopo mesi, una mattina, non tollerò più nulla di tutto questo però anziché reagire alla stessa maniera si limitò con espressione spazientita ad alzarsi respirando profondamente e affrontare Maria Rosaria a muso duro.
Con sguardo serio le disse che aveva subito capito, osservandola al di fuori del contesto scolastico, il motivo della sua ostilità, il desiderio di non essere derisa e umiliata per la sua stazza, la speranza di essere accettata per quello che realmente era, cioè una ragazza grossa e muscolosa, sì, ma con un animo buono e volenteroso nello stare in armonia con tutti. Le spiegò che non era sicuramente quello il comportamento giusto per creare solidi e duraturi rapporti amichevoli e infine, sorridendole, le prese le mani dandole la certezza che la sua prima nuova amica l’aveva già trovata e la stava guardando dritta negli occhi.
Maria Rosaria scoppiò in un pianto liberatorio che disse più di mille parole e quella difficile mattinata si concluse col più ricco degli abbracci e con l’inizio di una forte amicizia che tuttora dura.
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Profilo Autore: Veronica Bruno  

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