– Parte III –
Fra Felice
Prima di proseguire nel racconto vorrei parlarvi di un altro fenomeno paranormale.
Da bambino fino a gioventù inoltrata mi capitava spesso di rivivere alcuni momenti, mi accorgevo che il presente che stavo vivendo lo avevo già vissuto tanto da ricordare di aver fatto le stessissime azioni e detto le stesse parole. Questo mi aveva incuriosito, tanto da fare studi sulla reincarnazione.[1]
A partire da Platone e confermata da tutta la letteratura scientifica, ad oggi la carne risulterebbe che non possa riprender vita, per cui non resta che riversare tutte queste considerazioni sull’ immortalità dello spirito.
Quindi non resta la convinzione che: “Il tutto è dovuto alla esigenza umana di credere ad una possibile continuazione della vita oltre la morte”.
Come vedete, anche in questo campo la letteratura scientifica e il credo religioso si sono ampiamente dilungati disgiuntamente.
Però . . .
Erano trascorsi circa 150 anni dai primi episodi che giunge a Castel di Torre un giovane frate, fra Felice, bravo, disponibile, accorrente e generoso e per questo tutti gli volevano un gran bene. Era di supporto al Priore nella chiesa dell’Assunzione che dava proprio sulla piazza.
Fra Felice era solito trattenersi anche oltre l’imbrunire a leggere il breviario nel parco lì adiacente. Una sera, sbiancato in volto in preda all’agitazione, tornò di corsa in chiesa e raccontò al priore di aver sentito una voce nel parco e che aveva visto una figura in trasparenza, il frate priore lo rassicuro e siccome aveva letto e sentito delle apparizioni gli consigliò di non andare più nel parco.
Superato lo sgomento, il ricordo di quella voce dolce e soave, quasi familiare, lo attraeva tanto da ritornarci più volte e non faceva altro che raccontarlo continuamente a tutti, diceva di vedere e parlare con una figura trasparente che conosceva da tanto e che per la quale provava un forte richiamo.
Così il padre Priore, conoscendo la semplicità e trasparenza disarmante di fra Felice e soprattutto per proteggerlo da eventuali derisioni lo fece trasferire al Convento.
Lì conobbe padre Paolo, anch'egli studioso ed esoterico, convinto che fra Felice fosse preda di energie negative, lo spinse in uno stato di sublimazione[2] con intese meditazioni.
Incontro mistico
Dopo un momento di confusione mentale, sotto analisi, fra Felice vive una esperienza subliminale entrando in contatto con uno spirito luminoso che lo accoglie a braccia aperte e lo rassicura. Non gli chiede cosa ci facesse lì perché onnisciente ma gli dice:
“Fra Felice,
il richiamo che senti non è parte di questa tua esistenza,
non sei ancora giunto alla tua finalità.
Il senso della tua vita terrena è quella di portare agli uomini
la pace,
l’amore,
la fratellanza.
Rimettiti in cammino e segui la parola di Dio”.
Così di fra Felice si seppe solo che dopo un periodo di meditazione, trascorso tra gli eremi di Pulsano, vagò senza sosta tra le genti donando tutto sé stesso, la sua semplicità e la sua generosità d'animo.
* * *
Epilogo
Il dott. Roland, con il tono di voce di chi con rammarico sta per concludere, continua:
"Nonostante la mia dedizione per questa storia, non ho trovato altro in merito, per cui il racconto sembrerebbe essere finito qui se non fosse per il fatto che ho continuato a visitare quel parco soffermandomi davanti al monumento nella speranza di riavere un contatto.
Mai niente di tangibile anche se percepisco ogni tanto una presenza.
Come in questo momento . . .
“Scusate.
Mi sento frastornato!
Gentilissimi tutti che mi state seguendo, sono confuso,
questa storia mi ha così preso che mi sembra di averla vissuta in prima persona.
Hem! Hem! La presenza è qui,
adesso,
proprio affianco a me,
sembra sia proprio lei, Amina.
Ho un groppo in gola,
non ho paura,
. . . non riesco nemmeno a pensare.
Vedo e sento Amina che mi tende la mano e con parole dolci mi rassicura.
Ho, ho, ho una fitta al cuore. . .”
I partecipanti al convegno rimangono disorientati e magnetizzati dalla storia e, nell’incertezza che fosse una messinscena, restano immobili e attoniti mentre il prof. Roland si accascia lentamente sul tavolato del palco.
Nella mente del professore, in un evidente stato di N.D.E.[3], rimbomba la voce di Amina:
“Roland, Roland,
mi amavi, e questo bastò a sconfiggere
l’inesorabile dissolvenza della morte.
La cattiveria ci tolse i corpi
ma non l’amore e la dolcezza
che ancora oggi non ci abbandona.
Il nostro Sentimento
ha oltrepassato il tempo,
vivendo di speranza
ai piedi di un monumento,
in un giardino sperduto sulla terra.
É giunto finalmente il momento
di ricongiungerti con la tua anima perduta,
solo così sarà possibile raggiungere insieme,
l'infinito”.
Nella mente di Roland si affollano i pensieri:
"Mi sento diverso.
Il buio mi circonda,
la percezione di una presenza amica mi conferisce una pace mai provata.
I sensi si acuiscono nel contempo mi assale ansia e curiosità.
Ora la calma . . .
Una luce intensa mi avvolge,
mi sento proiettato verso una nuova dimensione,
un mondo diverso a me del tutto sconosciuto.
La razionalità terrena non vuole abbandonarmi e
rivedo in un flashback tutte le mie vite passate.
Mi sembra di vivere un sogno e scrollo la testa per forzare il risveglio.
Piano piano mi sento leggero quasi potessi galleggiare nell'aria . . .
fluttuo.
Provo pace, gioia, amore,
è una sensazione meravigliosa.
Sento la voce che riconosco bene quella di Amina che mi dice:
“E’ questa la vera vita, quella che non finisce mai”.
Provo una forte emozione e perdo progressivamente la mia personalità,
il mio ego,
il mio corpo e ogni cosa che mi lega al mondo terreno
fino a diventare
Spirito.
Mi sento parte di ogni cosa . . .
parte dell'infinito stesso."
* * *
Telegiornale della sera
Edizione speciale: ”Una notizia tragica, si è spento il noto psicologo scrittore Dave Roland”.
“É deceduto a causa di un infarto cardiaco avvenuto durante la presentazione del suo ultimo lavoro”.
Fine
Grazie per aver seguito la storia fino alla fine.
[1] La cultura religiosa orientale, per reincarnazione intente una trasmigrazione dell'anima in altri corpi e la rinascita dello spirito di un individuo, in un altro corpo fisico, trascorso un certo intervallo di tempo dopo la sua morte terrena.
Alcuni sostengono che la reincarnazione è una specie di possessione temporanea di un corpo vitale da parte di anime che per motivi indefiniti non riescono a completare il loro ciclo di purificazione per accedere alla vera vita spirituale.
La fede Cristiana parla di Risurrezione ed è certamente riferita al ritorno in vita di Gesù Cristo, ma esprime anche il convincimento della "risurrezione dei morti". Dal Credo: Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.
La religione cattolica fa una netta distinzione tra Spirito, Anima e Corpo. L’Apostolo Paolo così scrive: “Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione, e tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo” (1Ts 5, 23). Qual è la differenza tra Corpo, Anima e Spirito? – Missionarie della Divina Rivelazione
[2] In psicoanalisi, la sublimazione è un meccanismo che trasferisce energie psichiche negative su di un piano superiore. Potrebbe essere definita come l‘arte della trasformazione dei contenuti psichici. Il processo della sublimazione in campo religioso, spirituale avviene al più alto livello attraverso la preghiera e la meditazione.
[3] Near Death Experience: Le esperienze ai confini della morte.
- Parte II -
Riccardo non ebbe più notizie della sua amante se non quelle che trapelavano dal castello e che riportavano della Contessa gravemente ammalata.
E così un giorno nel massimo dello sconforto ebbe una visione, vide lo spirito di Amina che gli parlò:
Sono qui,
accanto a te,
non puoi vedermi ma sono accanto a te.
Ascolto il battito del tuo cuore,
ha lo stesso ritmo che sentivo quando eravamo insieme.
Parlami ancora come facevi sempre,
con quel tono affettuoso che mi scioglieva l'anima.
Io ti ascolto.
Il tuo amore è la luce che mi guida in questa nuova dimensione.
Non piangere per me, sorridi,
l'amore vero non muore mai,
si trasforma e continua a vivere nei nostri cuori.
Ti amerò per sempre."
Personalmente non credo a queste apparizioni. Ma . . .
"Ciò che non vedi o non riesci ad immaginare non vuol dure che non esista".
Dopo la visione Riccardo non riusciva a capire se avesse sognato o avesse realmente visto Amina, quella apparizione traumatizzava ancor più la sua mente.
Venne a sapere di un certo padre Cipriano, studioso di fenomeni paranormali e metafisici, e credendo di essere preda di uno spirito volle a tutti i costi sottoporsi al rituale.[1]
Durante la preghiera del venerdì Padre Cipriano benedice l’acqua pronunciando:
O Dio,
per salvare tutti gli uomini
hai racchiuso nella realtà dell'acqua
i segni più grandi della tua grazia. Ecc.
Poi impone le mani al cavaliere e pronuncia con voce ferma:
Signore, Dio nostro,
che ci accogli a braccia aperte
e ti offri a noi come rifugio,
libera questo tuo servo
dal laccio dei demoni
e dalle forze maligne che lo perseguitano. Ecc.
E così, come afferma la comunità scientifica che: “I due più potenti fattori psicologici implicati nelle fantasie sono il contesto e la convinzione”, Riccardo cade in trance ipnotica e viene mentalmente proiettato in un’altra dimensione, in un ambiente ostile e demoniaco.
Dark Souls 3 (Part 5) - Dredging up the Past
Il cavaliere che ormai non aveva più nulla per cui valesse la pena mantenere il suo stato terreno accettò e cosi lo sguardo infuocato del demone gli sottrasse l'anima lasciandolo in una specie di oblio mentale.
Da lì a poco Riccardo si manifestò schiettamente al Conte Colangelo come l’innamorato di Amina, così questi, dopo averlo fatto imprigionare lo uccise personalmente pugnalandolo alle spalle.
Ma avendo ceduto l’anima il suo spirito ebbe un destino ben diverso.
* * *
( Breve racconto in 4 parti )
PREFAZIONE
La narrazione, in prima persona, si sviluppa attraverso un costante confronto, tra la razionalità scientifica e l’emotività, che il relatore intreccia con il vissuto personale e la storia che racconta.
PROLOGO
Sono il professor Dave Roland.
Oltre la vita
Un giorno, mi trovavo per lavoro in un paese Castel di Torre a confine tra la Puglia e il Molise, passeggiando tra le viuzze del borgo antico, assorto nei miei pensieri, non volendo mi trovai in una piazza che doveva essere la corte antistante l’austero castello che dominava il borgo antico. Sul lato nord era visibile un piccolo parco, era molto grazioso e ben curato con le aiuole fiorite.
Il silenzio, i colori, i profumi sembrava quasi un luogo di mestizia.
* * *
Amina
Ma torniamo alla storia.
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Agrigento 1957
Sono ancora stordita, in preda ad una forte confusione mentale, le gambe mi tremano, mi fanno male , e un forte torpore invade ogni muscolo del del mio corpo giungendo fino alle palpebre.
Forse è meglio che non sottoponga il mio corpo a sforzi eccessivi, ma si ! Forse la miglior cosa è sedermi un po' qui , sulla panchina che si trova nello spazio esterno del befotrofio.
Le finestre sono ancora spalancate e si sentono pianti assordanti malamente attutiti dalle nenie delle inservienti:
" Amore mio ti voglio bene,
Gli occhietti di mia figlia sono sereni, cosa ha la figlia mia che piange sempre?
Vuol essere cullata tra gli aranci. Oh! "
La ragazza si accascia sulla panchina affranta , quasi fosse una marionetta in preda agli eventi, prende un sospiro per placare l'ansia che l'assale partendo dal basso ventre. Gli occhi le tremano per trattenere il pianto , ecco che un lacrimone sta per calarle sul viso. Di colpo le vengono in mente le parole della madre: " a piangere figlia mia , che risolvi? Pazienza ci vuole dinnanzi alle burrasche" " Pazienza ci vuole dinnanzi alle burrasche " mi ripeto, la saggezza popolare mi è sempre di grande conforto. Come sono arrivata a questo punto? Lasciare una cresturella piccola, indifesa, un ' appendice di me , che mese dopo mese si nutriva delle mie parole, delle mie paure, dei miei sentimenti, della mia voce di madre- bambina.
Una figlia da me non voluta, una figlia del terrore. Perché dall'unione forzata, dal dolore indicibile deve venir fuori un seme d'amore? Amore malato ! Ho pensato guardandomi il ventre con ribrezzo, sicché volevo soffocarlo , annientarlo , strapparlo da me. Che ci fai tu stupido esserino ? Nessuno ti ha mai chiesto! Nessuno ti ha mai voluto. Ora che è successo quel che è successo, ora che il mio corpo è una brocca in frantumi a nessuno interesserà e non lo voglio nemmeno io !
La ragazza dal bel corpo esile e dagli occhi verdi come acque di smeraldo scoppia in un pianto ininterrotto. Il labbro superiore le trema, le guance si gonfiano e colorano di un rossore ustionante , la fronte sembra perlata dal sudore , anche se in realtà è una mattina qualsiasi dei primi di giugno e il caldo ancora non si fa sentire.
Mio padre , è stato lui che ha sistemato ogni cosa.
Sopraggiunte le prime doglie mi ha accompagnata qui.
" tutto si è risolto nel migliore dei modi! " Ha sussurrato in un sorriso la levatrice:
" è una bambina! Come vuole chiamarla ?"
" Che importanza ha!" stavo per obiettarle, poi ci ho ripensato.
Se questa bambina non potrà conoscermi ne carpire in me qualcosa di lei, se non potrà avere un ben che minimo contatto con la mia famiglia, che si chiami Anna , come la nonna materna o come la protagonista infelice di un romanzo di Tolstoj sperando che però lei sia la sua antitesi. Possa avere un ' esistenza fluida nonostante le increspature, come il mare che bagna quest'isola.
Quando mio padre ha chiamato la clinica per accertarsi sulle mie condizioni ho risposto in un sol fiato: " si chiama Anna come la mamma"
PS
So che allora in Sicilia era ancora in vigore la possibilità di contrarre il matrimonio riparatore, tuttavia nei racconti è sempre concesso desiderare un' alternativa meno brutale.
Ha lasciato il suo amato bosco, ma solo per le feste di Natale.
Tra le sue mani, una busta scritta con polvere magica di fata e una caramella rossa e frizzante che mastica più volte.
Lui è l' aiutante di Babbo Natale, osserva i comportamenti dei bambini, per vedere se meritano il regalo sotto l' albero.
È un po' birichino, può lasciare impronte piccole e bianche simile a neve appena caduta e può spostare gli oggetti, fare disordine in casa.
Può nascondersi per scaldarsi vicino al camino, grattarsi la schiena con una molletta per il bucato e quando è stanco, russare come una minestra che sta per bollire.
Possiamo chiamarlo come preferiamo, lui è volenteroso e molto goloso.
Nel suo piccolo pancino, non mancano mai un pezzo di pane, una mela e il miele.
Babbo Natale lo ama per la sua bontà, anche se a volte prende sonno all' improvviso.
Basta solo un pò di zucchero sotto il naso e si sveglia, si stiracchia la schiena e spedisce un nuovo regalo, regalando ancora un dolce sorriso.
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Era vissuto sempre solo. "Giovanna, sei stata sempre la mia gioiosa compagna. |
A passo lento ripercorro il passato cercando di disimparare vecchie abitudini,
concentrandomi su ciò che sarò in grado di compiere da quest'attimo in poi.
Non penso d'avere dipendenze, le sigarette sono un lontano ricordo,
mio accertato difetto, scrivere, indispensabile come cibo per il corpo,
nutre la mia anima e non fa pesare la solitudine, mia compagna da anni.
Ho imparato ad entrare in sintonia con ciò che mi circonda cercando sempre
il lato positivo delle cose, allontanando le negatività del mondo sempre più ostile
verso le umane debolezze.
Le nuove percezioni mi inducono a dare ascolto alle intuizioni sbloccando l'ego
che le imbriglia, lasciano spazio al mio sentire che difficilmente sbaglia.
Non riuscirò mai a conoscere del tutto i segreti del mondo e a comprenderlo, essendo un pozzo di sorprese;
nel silenzio riesco a comunicare i miei, ne ho tantissimi da custodire e reinventare con la fantasia,
senza lasciar spaziare la noia che con me non riesce ad abitare.
Ogni giorno mi rinnovo per star bene con me stessa, il mio sguardo cattura,
la mente immagazzina per poi trascriverlo bloccando l'attimo, rendendolo immortale.
Come questo momento tutto mio, col canto dei grilli ininterrotto che funge da concerto
e qualche piccola o grande falena che corre incauta verso la luce, restandone intrappolata
come zanzara, lasciando quella scia di bruciato che rallegra e intristisce allo stesso modo.
Non esistono confini alla solitudine come non esiste dominio agli elementi della natura,
sempre ci sorprendono tra dolori e rancori incrociando destini e talvolta scompaginando l'esistenza.
Gli abbagli son sempre nocivi, la cautela non è mai obsoleta in ogni frangente della vita.
Dopo tutte queste sciocchezze trascritte, vado a nanna con quest'afa insopportabile,
riuscirò comunque a riposare... con gli agi del progresso.
- Non senti che la campana suona, Addolorata?
- Sì, mamma, ho sentito. E allora?
- Come? Non lo sai che dobbiamo andare alla messa delle sei? Che ti passa per la testa?
E poi perché ti sei vestita come se devi andare alla processione di Sant'Onorato?
- Uh, mamma, non l'ho dimenticato! Ma ora non ho voglia di ascoltare la messa, mi sono scocciata!
- E no, bella mia, tu mi devi spiegare questa improvvisa decisione! Come mai? E se ti vestisti così, dove devi andare allora? A passeggio per la via maestra, da sola, come una ragazza civettuola?
-E va bene! Mi vestii con l'abito azzurro perché mi aspetta in piazza Sofronia, la figlia di donna Prudenzia. Ci siamo messe d'accordo per passeggiare e andare a prendere un cono gelato. C'è qualcosa di male, mamma?
-Di male ce n'è assai! Tu in chiesa devi andare a pregare il Signore che ti faccia la grazia di sposare Onofrio Galantucci. Non ti piace più, ora? Sei una svergognata dopo che ti sei concessa a lui! Con lui ti devi sposare perché ti ama e farebbe follie per te! Ti ci porto io in chiesa, anche se dovessi trascinarti per la tua trecciolona.
-Mamma, finitela di scocciarmi! E poi per una messa! Che casino che state facendo!
Io ora esco e m'incontro con Sofronia. Passeggiamo per la piazza e ci pigliamo un bello gelato. Poi, se incontro Onofrio, lascio che mi faccia la corte, perché si deve decidere a chiedere a Voi la mia mano. Lo devo tenere a bada perché quello dice di amarmi, ma fa il cascamorto con tutte le ragazze.
- Addolorata, ma tu stai pazziando? Hai troppi grilli per la testa e so io come si chiamano sti grilli! A te ti piace u figlio di donna Rosetta e speri di incontrarlo per fare la svenevole con lui. Ma tu a bottana non la fai, mi hai capito?
- E che ci fa, se mi piace Cosimo Lupacola? Hai visto quanto è bello, che fisico che tiene? Lui è meglio di Onofrio che ha pure la gobba e i denti guasti. Perché mi devo sposare con lui?
-Il fatto è che tu ti metteresti con chiunque, con qualsiasi maschio che ti frughi in petto e tra le cosce! Sei svergognata e immorale! Che male ho fatto ad avere una figlia come a te? Tu devi pensare ad un matrimonio riparatore perché non sei più vergine, disgraziata! E siccome facisti l'amore con Onofrio, bello o brutto che sia, te lo devi sposare! Capisti, Addolorata?-
- Mamma, ora ti accompagno in chiesa e pregherò che il Signore mi faccia la grazia. Se mi sposerò con Onofrio, poi deciderò se frequentare ancora Cosimo... È così bello!
- Beh, altri tempi, ero un giovanotto, la casa non era lontana, il primo bagno era in aprile. -
- Sì, va bene, ma non mi hai detto come stai. -
- Così così… -
- Carenza di sogni? -
- No, per fortuna quelli non mancano! È che la vita mi prende, mi fa scordare chi sono. -
- E tu sai che devi fare? Alla vita, di’ che sei amico mio. -
- Lo sa, lo sa. Tu, invece, come procedi? Riesci sempre a spumare al meglio? -
- Mi do da fare. -
- Oggi sei di un azzurro antico. -
- Sentivo che saresti venuto e così ho chiesto al vento di assentarsi, di sfogarsi più a Nord. -
- Quale onore! -
- Senti un po’, so che scrivi poesie. -
- E chi te l’ha detto? -
- Si dice il peccato, non il peccatore. Ma tu, nei tuoi versi, mi nomini qualche volta? -
- Altro che! -
- E come mi descrivi? -
- Dipende da come ti vedo. -
- Vuoi dire da come mi vedevi, forse? -
- No, no! Da come ti vedo anche quando sono lontanissimo. -
- E dimmi ancora un’altra cosa… -
- Quale? -
- Hai mai svelato i nostri segreti? Hai mai parlato dei nostri incontri a sera? -
- Geloso? -
- Non si tratta di questo. Il fatto è che oggi sono altri tipi d’incontri. -
- Cioè? -
- La gente arriva, un tuffo e via, e poi si stende a pancia all’aria. -
- La gente non è tutta uguale. -
- In che senso? -
- Magari preferisce il lago, il fiume, i monti o le colline… -
- Fosse così, mi andrebbe bene. -
- Adesso però ti devo salutare. -
- Non andartene Auré! -
- La famiglia, la salute, il lavoro, il futuro… ma ti prometto che tornerò. -
- Io sono qui, io sono il mare. Appena sarai giù per il sentiero, ti riconoscerò. -
Mi avvio guardando, un po’, la sabbia avanti e, tanto, l’acqua indietro. Par che le onde si stirino proprio come me quando, al risveglio mattutino, distendo braccia e gambe. Forse è solo un’impressione, la tenera coda del sogno nella realtà. Sono già sulla stradina e i primi rumori mi rammentano dov’é che son diretto. Spedisco gli occhi al cielo e dopo, quando me li riprendo, si posano sul primo fianco della collina: c’è un salice che non piange.
Irraggiungibile come una Dea per lui diviene ossessione d'amore.
Nessuno, nemmeno il gran sacerdote del tempio, può sfiorare la purezza di Sut.
La perdizione eterna nel mondo dei non morti attende chi oserà violare questa sacralità.
La vicinanza con questo tormento diviene sempre più insopportabile per Akenafis che affida allo scrittura la sua violenta passione.
L'occhio dal cielo.
Scruta l'occhio dal cielo i segreti degli amanti e d'essi accoglie i lamenti nelle notti gelide dei deserti.
Scruta in silenzio Akenafis che legge le parole sacre.
Pulsa il cuore.
Muore la mente nella pazzia.
Arde la pelle nel non toccare, si scioglie come miele,
colando lentamente dalle pareti dell'amore.
A nulla servono i poteri,
a nulla serve il nulla che distrugge il sacerdote.
Ti avrò Sut,
sarai mia nella casa delle intenzioni,
nella valle dei lussuriosi,
nei sotterranei delle acque nere.
Vento del deserto spira nella notte.
Granelli inondano ciò che non vede.
Il buio divora morso dopo morso
il tremore della genesi.
Gli organi vitali si scuotono sotto i colpi
del male oscuro.
Oscura è l'alito della morte che sputa il suo veleno
sulla vita di Akenafis.
Io sono ombra.
Io sono destino.
Io sono Akenafis sacerdote del sacro tempio di Sefor
ora e sempre nel corridoio dell'oblio infinito.
Il terzo alito della cenere
Terzo di cenere
nel soffio.
Sguardo di carbone.
Affusolate le gambe
scuotono le sensazioni,
vibrano le percezioni.
Ti volti,
pietra fredda in me,
caldo amante sarò.
Sciolgo il nodo
del sole morente.
Mani affusolate
lasciano segni
sul manoscritto di sabbia e conchiglie.
Amami nel tramonto delle dune,
amami come amante del tempo defunto.
Quarto di templi
del deserto dell'eden illusorio.
Losanghe disegnate
di monde paure.
Lesene del decoro,
falso inganno,
fatuo sostegno
sono i tuoi modi.
Idillio della città perduta,
oh sacerdotessa del principio delle ipocrite verità.
Sarò così per te
fra archi d'oscuro
e monumenti del torbido
sarò cosi.
amante
del tuo perso dormire.
Labirinti di perversione.
“Labirinti di perversione
tu che in me sei ossessione.
Trancio serpenti ingoiando occhi.
Scruta il falco nella notte,
il fiume dei morti ribolle d' anime.
Passi inconsistenti appaiono.
Labbra infuocate nel destino del suono.
Sfioro turgide emozioni,
sigillo in tombe mere passioni.
Re del trapassato pensiero,
manovro le membra dell'uomo.
Osservo le fattezze tue.
Nelle trasparenze m'immergo
per morire rinascendo.
Siano notti nella lussuria del dio Amos,
siano effluvi della disciplina di Sefor.
Siano corpi privi di sembianze,
nel contorcersi dell'essenza del peccato.
Io sono nel sibilo del vento
che attraversa le tue vesti,
io sono acqua che nelle tue forme si compiace,
freddo come il mondo che non esiste,
caldo come l'anfora del divino nettare.
Io sono privo d'inizio,
senza orizzonti finiti.
Io sono tramonto sul Nilo.
Io sono luce delle parole,
io sono freccia persa
nella valle del fremito,
nei sentieri della tua pelle di luna,
nell'arco delle infinite perdizioni.
Io sono Akenafis signore del silenzio,
padrone dei vasi sacri,
custode dei segreti dell'immortalità,
io sono tutto e nulla,
sono in ogni dove e in nessun luogo.
Sono quello che sono,
schiavo dei tuoi occhi di smeraldo,
oh mia regina Sut”
Io sono.
Io sono,
quello che sono.
Signore del mondo dell'oltre,
padrone delle tenebre di Assurbal.
Tra rive di reconditi perché mi ritrovai
e cascate di nubi
sorte dove non erano tentazioni.
Io che del corpo tralasciai discipline
per essere empio e poco.
Cercai il colmo
d'un bicchiere vuoto.
Come fiori d'un deserto
assaggiai il corso del sapere
avidamente affamato,
digiuno dell'universale moto.
Seppi di te,
oh dea,
amante di perdute reminiscenze.
Da te venni a imparare
turgide carezze nel bagno del peccato.
Bevvi da infuocati seni,
l'arte della incoscienza
perdendomi nel tempio dell'oblio.
Io che vissi morendo,
fui vita quando morte colse
il senso del nonsenso.
Quando l'abbandono nel tuo flessuoso velluto
mi rese avido di te.
D'avorio e mirra vestii le mie mani,
d'oro furono i gemiti,
di mosto e miele
fu il succo dell'amore.
Ventagli di spezie adornarono il pulsare,
onde del mare s'infransero nella calma d'obliate lagune,
scrosci di tempeste mi inebriarono del tuo amplesso.
Fui tutto in un momento.
Fui esistenza,
spegnendomi in quel momento.
Mai più vissi,
mai più compresi.
Lasciai la foresta delle gocce di lussuria,
lasciai il tramonto sui tuoi occhi d'argilla pura,
mi specchiai nel regno del mirto in fiore.
Divenni fiore
dell'oscurità
per esser preda
d'un convulso esistere.
Divenni lacrima per bagnare il tuo viso.
Divenni sole per prosciugare la tua sete.
Divenni effimera sospensione d' acque di rugiada
per acquietare i tuoi sensi.
Divenni emisfero di luce
per illuminare il tuo lato oscuro,
Infine divenni ombra per ghermire le tue sembianze
e custodirle nel mio paradiso dei sensi.
Trascorro il tempo.
Akenafis s'abbandona a se stesso nella dolcezza dell'amore impossibile.
“Trascorro il tempo
sospeso tra il crepuscolo che abbraccia il mare
e le tue labbra rosso fuoco.
Intreccio le onde
con i tuoi capelli scuri come profonde acque.
Freme l'aria,
scossa da fulmini e tuoni.
Freme la tempesta che sferza il cuore.
Solco le acque senza timore
per giungere da te,
mia regina.
Spargerò d'ambrosia il sentiero degli dei.
Trasformerò in oro i calici in cui berrai
il nettare dell'amore.
Riempirò le otri di novello succo.
Miele sarò per i tuoi sensi.
Sarà amore a far germogliare aridi deserti,
sarà amore,
per sempre scritto sulle pietre dei templi,
che al vento offrono passioni e desideri”.
Akenafis s'addormenta nel desiderio e la sua passione diviene amore puro.
Dolce miele,
delizia della mia lussuria,
di te mi nutro in ozio
saziando l'insaziabile,
estinguendo il pulsante tremare del desiderio.
Tu che sei rovente sabbia del mio crogiolo,
lascia che io ti assapori fino all'ultimo lembo,
lascia che io stenda le mie mani sul tuo inebriante
profumo.
Lascia che il notturno gemere svegli l'universo
dal suo oscuro torpore,
lascia che io sia quello che sono:
l'amante tuo.
Amore se mai accarezzerò
il colore della vita,
ascolta le frasi scolpite nella mia pazzia.
Ascolta il torrente di solitudine
che scorre nel mio cuore.
Ascolta il lamento del mare
che sussurra nenie dimenticate.
Oceani confusi
oltre l'orizzonte danzano nella libidine.
Laggiù l'eco s'inchina al tuo splendore.
Laggiù la profondità dei tuoi movimenti
innalza le onde delle nostre paure.
Ultimo atto la morte
Akenafis si sveglia dal sonno dell'oblio e nel tormento assoluto decide di suicidarsi con il veleno.
Ancora una volta
attraverserò le più remote regioni dell'impossibile,
per stringere a me l'origine del peccato.
Tu che fosti mio peccato
tu che silente ascoltasti il mio ultimo “ti amo”,
cantato per te.
Ascolta ora il mio ultimo respiro oh mia regina.