Rapito dall'amore per la bellissima Sut (Sacerdotessa del Tempio di Sefor) Akenafis s'abbandona nella perdizione per lei.
Irraggiungibile come una Dea per lui diviene ossessione d'amore.
Nessuno, nemmeno il gran sacerdote del tempio, può sfiorare la purezza di Sut.
La perdizione eterna nel mondo dei non morti attende chi oserà violare questa sacralità.
La vicinanza con questo tormento diviene sempre più insopportabile per Akenafis che affida allo scrittura la sua violenta passione.

L'occhio dal cielo.

Scruta l'occhio dal cielo i segreti degli amanti e d'essi accoglie i lamenti nelle notti gelide dei deserti.
Scruta in silenzio Akenafis che legge le parole sacre.
Pulsa il cuore.
Muore la mente nella pazzia.
Arde la pelle nel non toccare, si scioglie come miele,
colando lentamente dalle pareti dell'amore.
A nulla servono i poteri,
a nulla serve il nulla che distrugge il sacerdote.
Ti avrò Sut,
sarai mia nella casa delle intenzioni,
nella valle dei lussuriosi,
nei sotterranei delle acque nere.
Vento del deserto spira nella notte.
Granelli inondano ciò che non vede.
Il buio divora morso dopo morso
il tremore della genesi.
Gli organi vitali si scuotono sotto i colpi
del male oscuro.
Oscura è l'alito della morte che sputa il suo veleno
sulla vita di Akenafis.
Io sono ombra.
Io sono destino.
Io sono Akenafis sacerdote del sacro tempio di Sefor
ora e sempre nel corridoio dell'oblio infinito.

Il terzo alito della cenere

Terzo di cenere
nel soffio.
Sguardo di carbone.
Affusolate le gambe
scuotono le sensazioni,
vibrano le percezioni.
Ti volti,
pietra fredda in me,
caldo amante sarò.
Sciolgo il nodo
del sole morente.
Mani affusolate
lasciano segni
sul manoscritto di sabbia e conchiglie.
Amami nel tramonto delle dune,
amami come amante del tempo defunto.
Quarto di templi
del deserto dell'eden illusorio.
Losanghe disegnate
di monde paure.
Lesene del decoro,
falso inganno,
fatuo sostegno
sono i tuoi modi.
Idillio della città perduta,
oh sacerdotessa del principio delle ipocrite verità.
Sarò così per te
fra archi d'oscuro
e monumenti del torbido
sarò cosi.
amante
del tuo perso dormire.

Labirinti di perversione.

“Labirinti di perversione
tu che in me sei ossessione.
Trancio serpenti ingoiando occhi.
Scruta il falco nella notte,
il fiume dei morti ribolle d' anime.
Passi inconsistenti appaiono.
Labbra infuocate nel destino del suono.
Sfioro turgide emozioni,
sigillo in tombe mere passioni.
Re del trapassato pensiero,
manovro le membra dell'uomo.
Osservo le fattezze tue.
Nelle trasparenze m'immergo
per morire rinascendo.
Siano notti nella lussuria del dio Amos,
siano effluvi della disciplina di Sefor.
Siano corpi privi di sembianze,
nel contorcersi dell'essenza del peccato.
Io sono nel sibilo del vento
che attraversa le tue vesti,
io sono acqua che nelle tue forme si compiace,
freddo come il mondo che non esiste,
caldo come l'anfora del divino nettare.
Io sono privo d'inizio,
senza orizzonti finiti.
Io sono tramonto sul Nilo.
Io sono luce delle parole,
io sono freccia persa
nella valle del fremito,
nei sentieri della tua pelle di luna,
nell'arco delle infinite perdizioni.
Io sono Akenafis signore del silenzio,
padrone dei vasi sacri,
custode dei segreti dell'immortalità,
io sono tutto e nulla,
sono in ogni dove e in nessun luogo.
Sono quello che sono,
schiavo dei tuoi occhi di smeraldo,
oh mia regina Sut”

Io sono.

Io sono,
quello che sono.
Signore del mondo dell'oltre,
padrone delle tenebre di Assurbal.
Tra rive di reconditi perché mi ritrovai
e cascate di nubi
sorte dove non erano tentazioni.
Io che del corpo tralasciai discipline
per essere empio e poco.
Cercai il colmo
d'un bicchiere vuoto.
Come fiori d'un deserto
assaggiai il corso del sapere
avidamente affamato,
digiuno dell'universale moto.
Seppi di te,
oh dea,
amante di perdute reminiscenze.
Da te venni a imparare
turgide carezze nel bagno del peccato.
Bevvi da infuocati seni,
l'arte della incoscienza
perdendomi nel tempio dell'oblio.
Io che vissi morendo,
fui vita quando morte colse
il senso del nonsenso.
Quando l'abbandono nel tuo flessuoso velluto
mi rese avido di te.
D'avorio e mirra vestii le mie mani,
d'oro furono i gemiti,
di mosto e miele
fu il succo dell'amore.
Ventagli di spezie adornarono il pulsare,
onde del mare s'infransero nella calma d'obliate lagune,
scrosci di tempeste mi inebriarono del tuo amplesso.
Fui tutto in un momento.
Fui esistenza,
spegnendomi in quel momento.
Mai più vissi,
mai più compresi.
Lasciai la foresta delle gocce di lussuria,
lasciai il tramonto sui tuoi occhi d'argilla pura,
mi specchiai nel regno del mirto in fiore.
Divenni fiore
dell'oscurità
per esser preda
d'un convulso esistere.
Divenni lacrima per bagnare il tuo viso.
Divenni sole per prosciugare la tua sete.
Divenni effimera sospensione d' acque di rugiada
per acquietare i tuoi sensi.
Divenni emisfero di luce
per illuminare il tuo lato oscuro,
Infine divenni ombra per ghermire le tue sembianze
e custodirle nel mio paradiso dei sensi.

Trascorro il tempo.
Akenafis s'abbandona a se stesso nella dolcezza dell'amore impossibile.

“Trascorro il tempo
sospeso tra il crepuscolo che abbraccia il mare
e le tue labbra rosso fuoco.
Intreccio le onde
con i tuoi capelli scuri come profonde acque.
Freme l'aria,
scossa da fulmini e tuoni.
Freme la tempesta che sferza il cuore.
Solco le acque senza timore
per giungere da te,
mia regina.
Spargerò d'ambrosia il sentiero degli dei.
Trasformerò in oro i calici in cui berrai
il nettare dell'amore.
Riempirò le otri di novello succo.
Miele sarò per i tuoi sensi.
Sarà amore a far germogliare aridi deserti,
sarà amore,
per sempre scritto sulle pietre dei templi,
che al vento offrono passioni e desideri”.

Akenafis s'addormenta nel desiderio e la sua passione diviene amore puro.

Dolce miele,
delizia della mia lussuria,
di te mi nutro in ozio
saziando l'insaziabile,
estinguendo il pulsante tremare del desiderio.
Tu che sei rovente sabbia del mio crogiolo,
lascia che io ti assapori fino all'ultimo lembo,
lascia che io stenda le mie mani sul tuo inebriante
profumo.
Lascia che il notturno gemere svegli l'universo
dal suo oscuro torpore,
lascia che io sia quello che sono:
l'amante tuo.
Amore se mai accarezzerò
il colore della vita,
ascolta le frasi scolpite nella mia pazzia.
Ascolta il torrente di solitudine
che scorre nel mio cuore.
Ascolta il lamento del mare
che sussurra nenie dimenticate.
Oceani confusi
oltre l'orizzonte danzano nella libidine.
Laggiù l'eco s'inchina al tuo splendore.
Laggiù la profondità dei tuoi movimenti
innalza le onde delle nostre paure.

Ultimo atto la morte

Akenafis si sveglia dal sonno dell'oblio e nel tormento assoluto decide di suicidarsi con il veleno.

Ancora una volta
attraverserò le più remote regioni dell'impossibile,
per stringere a me l'origine del peccato.
Tu che fosti mio peccato
tu che silente ascoltasti il mio ultimo “ti amo”,
cantato per te.
Ascolta ora il mio ultimo respiro oh mia regina.

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Profilo Autore: Giancarlo Gravili  

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Un mattino mi recai da un ottico, alla ricerca di un paio di occhiali per vedere finalmente DIO! Ne provai a decine, a centinaia! Ma con nessun paio potevo vedere dio. Andai allora da un altro ottico: stessa triste storia, dio non si vedeva con nessuna lente! Feci visita ad altri dieci, venti, trenta ottici! Niente da fare, non trovai occhiali per vedere dio! Cominciai a dubitare dei miei occhi, così feci molte visite oculistiche, ma nessun dottore mi trovò difetti di visione. Presa dallo sconforto, decisi di distrarmi facendo una passeggiata in campagna. C'era un sole fortissimo, mi dava noia agli occhi, così indossai degli occhiali da sole. Dopo averli indossati, il sole smise di accecarmi, così potei guardare meglio e tutto divenne più chiaro: compresi finalmente che dio è solo un abbaglio, ma non abbaglia gli occhi, bensì la mente! Non lo vedremo mai perché non esiste, non ci vuole bene, perché semplicemente non c'è. Dobbiamo volerci bene noi. Solo liberi dall'abbaglio si comincia a vivere davvero.
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Profilo Autore: poetessalibera  

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Andando un giorno a Sciacca, ebbi uno choc vedendo uno sceicco che sciacquava in acqua uno scialle piuttosto sciupato con la foto di Shakira che, tra l'altro, era stato rubato ad uno sciamano di Shanghai da uno scippatore sherpa che, scappando, era scivolato su un foulard di chiffon piuttosto chic.
Per distrarmi da queste sciocchezze, decisi di andare a sciare a Sciaffusa con un bel paio di sci nuovi marca Schuco, della sciolina, il mio cagnolino sharpey di nome Shaki e una sciccosa sciarpa in shantung con l'effigie dello Shuttle, firmata da Chanel.
Salendo sulla sciovia, sfortunatamente , caddi scioccamente, sciancandomi la schiena.
Fu un vero choc che mi procurò un incubo tale che ebbi la visione di uno sceriffo vestito con uno chemisier in Shetland che, dopo una bevuta di uno Chardonnay sceccherato,pedalando su una bici con cambio Shimano, sciorinava frasi del filosofo Schopenhauer ascoltando brani scelti di Chopin e Schostakovic mente giocava a Shangai e a chemin de fer vicino ad una chaise- longue... Che sciocchezze... scialla!
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Profilo Autore: Ferruccio Frontini  

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"Fammi nascere affinché io possa veder sorgere il sole ogni giorno", disse il seme alle fertili e rigogliose zolle. "Ti nutrirò come meglio potrò: estrarrò dai miei seni il nutrimento adatto per farti crescere forte e vigoroso," rispose la terra. Fu così che madre terra accolse nel suo ventre il seme e quando a primavera partorì il frutto, fornì ad esso tutto quanto gli serviva per farlo crescere sano e forte. Così il seme divenne dapprima un piccolo verde virgulto, poi una piantina e col passare del tempo un albero robusto e vigoroso. Quando fu pronto per cavarsela da solo, la terra fece la solita raccomandazione che ogni madre fa al proprio figlio: "ora sei pronto per affrontare la vita. Lascia che il sole ti baci, non temere la pioggia: dopo il temporale esce sempre il sereno. Quando il vento urla forte e ti spezza qualche ramoscello, tu non fermarti mai troppo a leccarti le ferite: chi combatte può vincere, può perdere, ma vale la pena provarci...sempre. Abbi pietà per chi non è consapevole di ciò che fa: non tutti hanno la capacità di discernere. Non fidarti di chi promette e non mantiene: perderai solo inutile tempo. Sappi che nulla si ottiene facilmente: se vuoi ottenere risultati migliori devi impegnarti al massimo. In caso di bisogno chiedi aiuto, ma non appoggiarti troppo agli altri, perché rischieresti di cadere: ricorda che ognuno ha le sue debolezze. Quando la tua buccia comincerà a raggrinzirsi, non andare contro natura cercando di riparare piccole ferite che vengono considerati inestetismi, con inutili, miracolose e costose "cure"; ma accetta che la natura faccia il suo corso e che il tempo lasci su di te il segno dei tuoi anni. Quando comincerai a sentirti stanco e i tuoi rami saranno secchi, lasciati andare; perché vivere è sempre un privilegio e tu hai avuto la fortuna di nascere." Se i tuoi frutti cadranno sul terreno e spargeranno tutt'attorno i loro semi, nasceranno piccoli germogli che diventeranno piantine e poi alberi...e poi: finché c'è un dopo, non si smette mai di vivere."
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Profilo Autore: Giovanna Balsamo  

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Piange la città!

Giorno di meraviglia e di stupore,

in luccichio a specchio di colore,

la strada è imbiondita di torpore,

e la gente corre tenendosi le mani..

Piange il cielo,

son gocce a penetrar la pelle,

un viso stanco ad armonizzar dolore,

la pioggia bagna ogni sentor di vita..

Anime ed anime inumidite dal folcore intorno,

camminano i pensieri per le vie della città

rimbalzano spontanei, ma nessuno li vede,

e la pioggia lava ed asciuga ogni sudore,

che dal cielo riversa sulla terra.

Camminano anime vagabonde,

mentre la pioggia bagna la città,

la città piange!



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Profilo Autore: Adele Vincenti  

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Il viaggio della speranza… parole residue, tra le tante in fondo alla giornata. Le ho lette in farmacia, su un bussolotto di vetro accanto alla cassa, c’era l’asola per infilare i soldi e la fotografia di un bambino appiccicata con lo scotch, uno di quelli da portare lontano per tentare un’operazione, un viaggio della speranza, appunto. Mi giro sul cuscino, macino respiri sonori. Guardo il corpo di Giuliano, fermo, pesante. Dorme come dorme lui, supino, a torso nudo. Dalla bocca ogni tanto cava fuori un piccolo grugnito, come una bestia placida che scaccia moscerini.
Tutto pareva convincermi che l'unica soluzione era quel viaggio per cercare di trovare qualche soluzione a un problema di per sé gravissimo.
Lui dormiva, non voleva farmi pesare la sua preoccupazione, dimostrava coraggio per trasfonderlo in me, allo stremo delle forze, con i peggiori pensieri catastrofici che mi assillavano togliendomi il respiro.
Senza di lui sarei morta di dolore, una vita insieme, ero poco più di una bimba quando lo incontrai, frequentavo la terza media, ricevetti una lettera tramite sua sorella che era in classe con me, una vera e propria dichiarazione d'amore.
Pochi anni di fidanzamento, il matrimonio e i figli.
Una vita colma d'amore, ora che i ragazzi erano sistemati e avevano la loro vita, ecco la terribile diagnosi, neoplasia pancreatica e lui dormiva, allontanando i pensieri.
Ormai era tutto pronto, niente ripensamenti, ancora poche ore e saremmo partiti, in gioco c'era la sua vita, non importava la cifra che avremmo dovuto spendere tra viaggi e visite col grande luminare nel settore pancreatico, nella nostra regione non esisteva quella branca specialistica, non c'era altra alternativa, dovevamo giocare quella carta, l'unica per la vita.
Le valigie erano pronte, la notte appena cominciata, come potevo prendere sonno con l'assillo della morte che alitava al mio fianco in attesa di portarsi via la ragione della mia vita.
-Dio Santo-. Pregai.
-Prendi me e risparmia lui se questo viaggio non ci darà risposte positive alle nostre speranze-
Finalmente giunse l'alba, grigia come i pensieri che ci adombravano ma il mio Giuliano aveva un sorriso dolce, si rendeva conto che lo osservavo preoccupata e mi rassicurava stringendo le mie fredde mani tra le sue calde.
Non era bello come quando lo conobbi, era il mio uomo, lo adoravo nonostante la rotondità pronunciata della pancia che lui d'estate esibiva con fierezza: “Coltivata in casa” diceva sorridendo felice.
Ancora non avevamo compreso che si stava insinuando il mostro che poi avremmo cercato di sconfiggere con le unghie e con i denti.
Eravamo quasi giunti all'areoporto di Elmas, Milano non era poi cosi distante eppure il mare era una barriera col resto della penisola, isolati e penalizzati in quegli anni non facili per le rotte aeree, erano l'unico mezzo celere, in giornata si poteva partire e rientrare salvo complicazioni, in quel caso avremmo dovuto pernottare in qualche albergo vicino alla clinica.
L'aereo rullava, pronto al decollo, avrei voluto smettere di pensare a quel viaggio della speranza, sarebbe potuto essere una bella vacanza da qualche altra parte, magari alle Maldive, in spiaggia rilassati tra un tuffo e l'altro, che sciocca, non sapevo neppure nuotare, magari prendendo un thè freddo sotto una palma e la spiaggia tutta per noi.
Avevamo bellissime spiagge in Sardegna, dovevo smetterla di volare con la fantasia, bastava l'aereo.
In poco meno di due ore stavamo per arrivare a destinazione.
Il cuore in tumulto, finalmente a terra, una fila di taxi in attesa, ne prendemmo uno a caso dando l'indirizzo del centro tumori.
Un percorso interminabile, pareva girassimo sempre nelle stesse vie, sicuramente un furbastro e il tassametro conteggiava al ritmo della mia apprensione.
Niente importava, il pensiero era proiettato al responso della visita, ci attendeva una interminabile giornata, non restava che accomodarci e pazientare dopo aver compilato una lista di domande su stato di salute indirizzo e reddito, cosa c'entrava il reddito con la visita?
Ancora me lo chiedo.
-Numero 17 ambulatorio 3- Eravamo numeri, primi o ultimi, solo numeri.
La visita era terminata, nessuno dei due osava proferir parola per tutto il tragitto di ritorno, non avevamo pranzato ma eravamo sazi e nauseati.
Posai il capo sulla spalla di mio marito, mi accarezzò i capelli e vidi un velo d'ombra sul suo sguardo, non riuscii a trattenere le lacrime mentre l'aereo prendeva quota, dopo un po' Giuliano mi disse:-Il nostro amore è immenso e senza confini, guarda amore-.
Un brivido serpeggiò nel mio cuore.
Alzai la testa. Il mare aperto era sbarrato da un banco di nubi nere, e il quieto corso d’acqua che portava ai confini estremi della terra scorreva cupo sotto un cielo offuscato – pareva condurre nel cuore di una tenebra immensa.

Genoveffa Frau

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Profilo Autore: genoveffa frau*   Sostenitrice del Club Poetico dal 20-07-2021

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Attività atipiche

Sono un tipo un poco atipico, sono utopico e distopico, mi piace l'ippica ma non mi applico.
Amo le ipotesi, le ipotenuse e anche le iperbole, sono imperturbabile e impermeabile e non mi impiccio se non per trarmi d'impaccio dai pasticci circa una questione di impeachment.
Mi impegno e mi impongo di frenare ogni mio impulso più impellente e ciò mi rende importante senza alcuna imposizione o imprimatur.
Ebbene sì, sono impavido ed atavico, apolitico e  iperteso in modo apodittico, amo le topiche un poco atipiche e rimango attonito e attapirato se gli altri non ottemperano alle mie attese.
Ahimè tapino! :magari avessi trovato un topazio sui monti Carpazi a forma di trapezio!
Avrei rinunciato volentieri a fare il trapper nei pressi di un convento di trappisti cercando di trovare spazio nelle stanze di un ospizio per accatastare spezie nei pressi di La Spezia e a mangiare impepate di cozze e pezzi di pizza su tovaglie di pizzo di un pazzo di cognome Pozzo..
forse devo metterci una pezza...!!
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Profilo Autore: Ferruccio Frontini  

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Per non allontanarsi da lui avrebbe dato il meglio di sé.
Erano fatti l'uno per l'altra, almeno cosi lei pensava quando sentiva il calore e la passione dei suoi baci e abbracci.
I timori l'affliggevano se non si faceva sentire ma evaporavano come acqua al sole quando tornava.
Tornava sempre, come rondine al nido, a consolare la sua anima eternamente malinconica e poneva fine ai suoi dubbi.
Una notte lo vide in attesa nei gradini d'una cattedrale, scrutava l'orizzonte indicandole dove finiva il mare.
Doveva partire portandosi via due valigie piene di ricordi.
Una barca lo attendeva per condurlo lontano, dove vita e morte si fondevano, i sogni impossibili divenivano realtà, leggende d'amore indossavano abiti leggiadri e tristezza non esisteva.
Non esistevano neppure racconti e poesie impossibili da scrivere o da vivere, doveva solo trovare il coraggio di darle l'addio.
Lei non poteva seguirlo, non ancora, doveva ancora guadare il fiume dell'esistenza con la consapevolezza che prima o poi si sarebbero ritrovati per non lasciarsi più.
La sfiorò con sguardo triste e con un cenno di saluto scomparve nell'oscurità del silenzio.
Si destò sola e trafelata, aveva perduto il suo sogno.
Forse doveva pregare, ricordarsi che non si è mai del tutto soli se si ha fede.
Abbracciò il guanciale e si riaddormentò nella ricerca d'un nuovo sogno.
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Profilo Autore: genoveffa frau*   Sostenitrice del Club Poetico dal 20-07-2021

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Sesto senso

Sibilando come uno scorfano di scoglio con la scoliosi, nei sedimenti sabbiosi del mar dei Sargassi, mi stesi su un soffice sofà in seta, color sangue di somaro siamese, sognando serate di sesso sfrenato con una scostumata segretaria slovena dai grossi seni e un sedere da super Guinness!
Mi sollevai da questo strano sopore al suono di uno svolazzo di uno stormo di stornelli che mi riempirono di stronzetti tutta la mia serra di sterlizie nonché la mia Seat Sl di seconda mano, color senape di Saint Sulpice. Che sfiga!
Così, per scacciare questo senso di
scoramento, spedii un sms alla sorella del mio salumiere di fiducia, ex suora, e la invitai per uno spuntino allo Snack bar la Siesta, dove ordinammo sushi di salmone con salsa al sedano, sardine a scapece, seppie alla Savonarola, sorbetto di susine  al sesamo e un assaggio di torta Sacher con salsa di sorgo di Siracusa .
Sorbole!
Che serata!
Andai in solluchero come un suonatore di sassofono ad una jam session e, più soddisfatto di un sindacalista ad uno sciopero a singhiozzo, mi assopii su un assolato solarium di una Spa dell'hotel Savoy di Salerno, dove presi una solenne scottatura che mi ridusse come uno scarrafone sadomasochista in trasferta nella solfatara di Pozzuoli;
ciò mi procurò una sequela di allucinazioni, tanto da credere di essere uno svogliato studente di sociologia alla Sorbona con l'acne sebacea, piuttosto che uno spacciatore abusivo di scorfani surgelati in Sicilia o uno scostumato scambista sudanese, solutore accanito di Sudoku!
Ah..se solo lo avessi saputo ! piuttosto sarei partito per un tour in Scandinavia per fare scorta di stoccafissi sotto sale o in Siberia alla ricerca della sorella segreta di Solgenitsin o sarei entrato in un santuario di Saragozza cantando a squarciagola "Santo, santo il Signore" insieme alla suocera sudamericana di Shakira con la sesta di seno!
Per mille satanassi!
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Profilo Autore: Ferruccio Frontini  

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Un giorno mi disse grazie, io che non me l'aspettavo proprio da quell'uomo sempre irrascibile e con il tempo capì che stava pagando il non aver creduto mai ad una donna che soffrì molto per la stessa croce abbattuta su di lui in età piuttosto avanzata. Era isterica quella croce. Colpiva, diventando cattiva. Cieca dalla rabbia non si rendeva conto o non voleva, che neanche quell'uomo riusciva a sopportare, non glielo disse, perchè temeva di non poter avere nemmeno ciò che gli serviva davvero, di non poterne fare a meno. Ella si convinse che il futuro non si può prevedere però qualcuno le disse certo ma in base alle tue capacità alla tua mente si può avere un'idea di come potrebbe evolversi la situazione, immaginare come andrà. Insisteva, ribattendo le sue convinzioni, che si erano ribaltate ammettendolo solo a se stessa, per paura di essere respinta senza poter continuare a fare la guerra. Quel qualcuno provò ancora ad informarla di quello che poteva accadere se continuava a non lasciarlo tranquillo, che pure lui avrebbe potuto soffrire, al termine del suo viaggio e lei forse, si sarebbe sentita meno bene con più fastidi addosso. Si sperava che potesse capire, facendo di tutto, per soffrire solamente lei, senza mettere in mezzo nessuno, coloro, i quali l'avevano messa in guardia, da eventuali grattacapi, creati poi, per la mancanza soprattutto di un animo nobile e la capacità di rinunciare pensando che le cose potessero andare a gonfie vele comunque, mentre i numeri giusti non c'erano per sentirsi sicura nella vita, che si stava, costruendo



A volte bisogna calmarsi prendendo fiato accettando quello che il destino ha deciso per noi senza arrabbiarci perchè la vita è breve e un'altra non ci sarà





















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Profilo Autore: poesie profonde  

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