“Transumanar significar per verba (1) 
non si porìa…”, però chi poëtando
va alla fioca lucerna camminando
con anima ignuda e favella acerba,
transumanare cerca non in cielo
ma in questo angosciante mondo in sfacelo.

Senza quel Dio qual il Poëta intende
ch’io non so riconoscer come mio,
transumanar è quest’imo desio,
significar proprie umane vicende
che ci impregnano ancora vagabonde
e i sensi che di lor il cuor nasconde,

e di parole dar schiaffi o carezze
tra complici poeti nel virtuale,
consonanza poetica amicale,
esprimendo dolori o frivolezze,
un divino minuscolo e profondo
corpuscolo di polvere del mondo

ove sperdersi e chiamare altre voci
nel breve tempo di scrivere un sogno
di lasciare propria traccia un bisogno,
narrazioni gradevoli od atroci
di quest’umana vita, solo umana,
gentildonna talor, talor puttana.

(1): La Divina Commedia. Paradiso, Canto I, v.70

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Profilo Autore: Sisifo Gioioso  

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Commenti  

ioffa
# ioffa 18-09-2024 15:21
Gran bella dedica ai poeti e a chi a loro si ispira e ci prova. Qualcuno è sublime (e Sisifo lo ritengo tra questi), in tanti siamo mediocri (ma molti di noi provano sempre a migliorarsi) ma in fondo quasi sempre se stiamo qui a scrivere cercando di farlo con una veste poetica è per il desiderio di elevarci oltre i nostri ristretti limiti di semplici mortali, affidando qualcosa di noi ai nostri versi che sogniamo restino immortali, come quelli di Dante che agli endecasillabi affidava la sua trasumanazione (o come diceva lui, transumanazione ). La maggior parte di questi versi non sopravvivrà al server che li ospita, ma è bello illudersi di lasciare impronte eterne. Certo, se poi lo si fa con stanze di endecasillabi in sesta rima perfetta, l'illusione ha più senso!
Bella poesia, mi è piaciuta assai.
Sisifo Gioioso
# Sisifo Gioioso 19-09-2024 00:01
Grazie Ioffa, sapevo che avresti apprezzato. Devo riconoscere che tu, che segui schemi metrici e rime da che ti conosco, hai avuto un notevole influsso nella mia evoluzione compositiva. Sto rivedendo gradualmente tutto il mio pregresso, non sempre riesco a rielaborare i testi come in questo caso, ma almeno agli endecasillabi liberi ci arrivo, senza forzature. Questo, in particolare, ho addirittura provato a scriverlo in terzine dantesche ma ho dovuto rinunciare. Impresa improba, ma non è escluso che ci riprovi.
Qualcuno si chiederà se ne vale la pena, oggi nessuno più compone in versi e rime, neppure coloro che sono considerati grandi poeti. Ma il punto sta proprio qui, secondo me. Paradossalmente sostengo che rinunciare a versi e rime non tutti se lo possono permettere. Bisogna essene capaci, per emergere.
Bene o male la forma compositiva "classica", quella accantonata nella prima metà del novecento, dà smalto ai puri dilettanti come me. E poi è una sfida che, appunto, mi diletta.

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