Seguito "storico" del testo precedente, entrambi elaborati su appunti di giovinezza
Qual terra sei, ché fertil tu m’impregni
come dopo un inverno il rifiorire,
che immagini e parole mi consegni,
che vorrei nel mio cuore custodire
senza che si smarriscano d’attorno
le malïe di questo nostro amplesso
che conclude, nel volger di un sol giorno
tante stagioni mie di solo sesso,
d’amorazzi dispersi tra i ricordi,
poi cinici abbandoni dolorosi
dopo giorni d’erotici bagordi
nell’illusion che fossero amorosi.
Ma nulla riesco a dir, finito un viaggio
che in troppo navigar mi ha reso stanco
e sento pure naufrago il linguaggio
mentre infine m’accuccio qui al tuo fianco.
E intendo, nel silenzio del momento,
corsaro con fantasmi sempre in guerra,
significar profondo appagamento
d’inchinarmi a baciare la tua terra.
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Testo sofferto tecnicamente, di quelli dove sono le rime e i ritmi a guidere il gioco, e non viceversa. Ma le rime sono molto più benevole di quanto si pensi. A volte giocano tra loro e si richiamano.