Vengo dalla notte,
sempre sbilanciata
in contro alla luce
Al verso della poiana
risponde il canto di un "mai più"
Poi arriva l'alba
e mi impasta
di dura polvere e raro verde
Ancora.
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Commenti
Grazie per il commento
forse potrebbe essere un respiro quiete Lilith ..
in queste notti assetate di spasmi .
Tu entri proprio nei versi!
Grazie Simone, un abbraccio
Apprezzatissima!
Un saluto da Ibla.
I quali versi, tengo a precisarlo, denotano un qual certo talento; e tuttavia, ci mostrano il soggetto degradato metaforicamente ad animale al pascolo, preso all’interno di un disordinato insieme dell’accadere composto da fatti isolati aventi carattere puntiforme. In questi versi c’è qualcosa di “infantile” — e magari proprio questo spiega il fascino che a tutta prima esercitano, e la ripulsa che immediatamente segue. Intendo con tale aggettivo lo stupore del bambino di fronte allo spettacolo dell’accadere, che si dispiega davanti ai suoi occhi “per la prima volta”. Mentre, al contrario, l’occhio del critico educato dalla sagacia della scuola storica riconosce le pressioni delle strategie cognitive promosse dalla classe dominante a uso e consumo della subalterna, e le intravvede col loro ghigno da folletto astioso tra la fronde delle azioni inevitabilmente volte al presente: “vengo”, “risponde”, “arriva” e via dicendo.
Dissento perciò da Catilina sull’“Ancora” di chiusura. Questa paroletta, infatti, ci fornisce la chiave interpretativa della poetica dell’autrice: l’unità non riflessa di coscienza e tempo, la coscienza intesa come una sorta di “tabula rasa”, rinnovantesi a ogni ulteriore accadere tale e quale — “ancora”, appunto.
Leggo scrupolosamente le tue critiche che mi presentano sempre in maniera diversa i miei testi.
L’analisi sociologica, se vogliamo definirla così, è abbastanza interessante. Credevo che il mio stile fosse più semplice, più leggero.
Forse alcuni testi hanno più di una chiave di lettura.
Hai posto la mia attenzione su questo uso politicamente "reazionario" del linguaggio. Io lo definirei semplicemente reazionario.
La mia poesia voleva fissare, comunque, il momento preciso in cui l’io esce dal sogno e diventa consapevole del reale che lo circonda.
Quell’ancora la tua disamina l’ha spiegato bene.
In questi versi c'è qualcosa di "infantile", sì, ed è il mondo onirico e con esso il rifiuto del ritorno, probabilmente.
Grazie ancora per la tua presenza nel mio spazio.