Si chiama fragile
questo piccolo ricordo d’inverno
che ha le mani ruvide
e gli occhi sono
mosaici sfrangiati di cielo .
Si chiama vento
il soffio gelido tra i portali
dove risuonano le voci
e il profumo di zeppole fritte volteggia
in spirali di fumo
olezzando le vie.
Sui sentieri di geloso silenzio
i fiori di ulivi tra danze e litanie
vestite di bianco.
L’aria che vi attraversa
odora di pane
di grembo materno
e piccoli noi
accolti ad ascoltare
un braciere ardente
di saggezza
quando l’inverno
era carezza.
Tempo ostinato nel cuore
deciso sulle gote
nutrito di buoni sentimenti
di belle parole.
Un bianco e nero
che più non torna
un susseguirsi
di minuti
giorni
stagioni .
Poi tendi la mano
raccogli i ricordi
li stringi in un pugno
e ti abbandoni.
Eppure
presto verranno
le rose...
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C'è qualcosa che fa struggere il cuore.
"Eppure presto verranno le rose..."
Adoro questo finale!
Un saluto da Ibla.