Cosa saremmo in grado di fare se fosse un raggio di oscurità ad illuminarci?
La verità è che l’oscurità ci mina dall’interno. È come un cancro. Non lo sai fino a quando non si manifesta in superficie, in qualche modo. A volte, quando viene fuori, è ormai troppo tardi.
Forse anche l’amore è un cancro.
***
- Dei miei mai compiuti amori…
dei miei mai compiuti amor…mai…mai…miei… -
Lo ripeteva ogni volta lungo la strada, mentre ammazzava il tempo avanti e indietro, per la via principale. Aveva il passo un po’ dinoccolato e quando arrivava in piazza la gente lo indicava.
Nelle sere d’estate c’era sempre qualcuno al paese che non sapeva chi fosse quel tipo molto stravagante che andava in giro vestito da pistolero del farwest.
Enrico lo riconoscevi dal cappello scuro da cowboy e dai lunghi capelli raccolti in una coda. Chi lo conosceva da parecchio diceva di lui che un tempo fosse stato persino bello. Qualcuno ricordava che avesse vissuto a Roma per un periodo. La famiglia aveva preferito allontanarlo per un po’. La malattia lo aveva reso osceno nei tratti del volto, ma nessuno sapeva quale fosse la sua malattia.
- T’hai cangiat ’ ‘a capa stasera, Enri’? - , lo sbeffeggiava qualcuno, e lui:
- Scusa un attimo, ho il cell che suona,…pronto, Enrico sono! EH!…non sento…ahahahah! Che hai detto, maledetto? C’ho ‘na tacca,…nu me fa’ ‘ncazzá ‘! …Nun te sentooo…aho, è matto questo! -
Spegneva il telefonino, o meglio il pacchetto di Merit blu che spacciava per iPhone davanti a tutti e proseguiva senza dare seguito agli sberleffi che gli giungevano.
- Eeeh, nun facitelo arraggiare che vi spara, ahahahah! - gridava qualcuno dalle gradinate del municipio.
Ricordo una sera, tornando a casa, me lo ritrovai davanti svoltando l’angolo.
Ebbi un sussulto.
Forse sbiancai.
Lui avvertì il mio spavento:
- Signora bella di Milano buonasera! Mi sembra che abbia visto un fantasma! Sarò pazzo ma non pericoloso, quello no! -
Sapeva che non ero del paese e lesse la mia meraviglia: - Che c’è? Sei sorpresa? Enrico sa di tutti…le mie orecchie hanno tante storie da raccontare di chi va e resta e di chi torna in questa terra che non è più di nessuno. Anche la lingua è cambiata! -
Sembrava diverso, si offrì di accompagnarmi lungo la via.
- Sei in una botte di ferro con me, Signo’! E chi si avvicina con me?-
Non riuscii a trattenere la risata.
Lui mi guardò e fermò il nostro passo afferrandomi il polso:
- Bella!…era bella lei,…anche io lo ero ma lei…! E quando rideva le luccicavano i denti, come una fila di perle di fiume e il mio cuore si tramutava. Mi scriveva lettere d’amore…Una la tengo qui, nel taschino del gilè, sotto l’impermeabile nero! -
Aprí l’impermeabile e me la mostrò.
- I binari delle nostre vite si erano intrecciati. Oooh, saremmo deragliati ben bene io e la mia Lena! Cosa darei per rivederla!
Cosa farebbe il mio cuore nell’averla vicino?
Potrei scivolarle tra le braccia, …mi stringerebbe? Ogni sua ruga sarebbe mia e la mia carezza cancellerebbe dalla sua fronte il tempo passato!
Il denaro,…quello me l’ha portata via! Lena…! -
Chiuse gli occhi e rimase così.
Ero immobile, non volevo rovinare la poesia di quel momento con interventi maldestri.
Non ebbi il coraggio di aprire quella lettera. Già mi aveva aperto il suo cuore.
Come avrei potuto trafiggerlo, profanando ciò che per lui era sacro?
Gliela porsi.
La ripose nel taschino.
- Dolce pulzella, sei arrivata a destinazione. Io vado, …ce se becca! -
Già stava cambiando eppure, per un attimo, io avevo visto l’uomo dietro i suoi occhi lucidi.
Quel vento secco d’estate li aveva asciugati in fretta come asciuga addosso l'acqua marina, trasformando il sale in merletti. Ed era proprio il sale che si era rappreso tra le sue ciglia. È lì che restano imbrigliati gli amori mai compiuti.
-Aaah, gli amori mai compiuti sono sale tra le ciglia,…dei miei mai compiuti amori…mai…mai miei, …pronto! A matto!…è caduta la linea, aspé’! -
Era tornato l’Enrico di sempre.
Svoltò l’angolo, dopo la discesa.
Il vento si era leggermente rinforzato e smuoveva le fronde, con dolce violenza, i rami sembravano braccia, lunghe e spaventose.
L’ombra delle foglie di un ulivo proiettava uno strano disegno sull’asfalto, somigliante ad una graticola e che importanza può avere se si riconduca l’immagine a dei carboni ardenti o a sbarre di cella. Senza lei era stato comunque un lento morire in quegli anni.
- Ahh, bastardi! Vigliacchi, anche gli agguati mi tendete…piun piun…tutti vi accoppo…tutti …fuocooo!…FUOCO! -
Poi prese a scendere, lo sguardo intorbidito dalle sue nebbie interiori.
In paese si diceva che nascondesse nella fondina una pistola vera, scarica, ma vera.
Il latrato di un cane se lo portò via.
Commenti
C'è poesia nel tuo racconto e non sai quanto mi dispiaccia che, di rado, ce ne sia per la follia; fanno presto le folle ad additare il "folle" che diventa oggetto di derisione quando, al contrario, ha più cuore dei detti "sani"!
Per es.: tendete… piun piun… tutti vi accoppo… tutti…fuocooo! … FUOCO! -
Qui hai messo una virgola in più: - Bella!…era bella lei,…anche
Poi, può essere che mi sbagli, quindi se qualcuno ha da ridire... prego!
Alla corposità ci devi pensare tu; per me va bene così!
Se poi l'hai scritta di corsa... embè... che caz... spita corri a fa'?
https://www.editorromanzi.it/come-usare-la-punteggiatura-nei-dialoghi/#:~:text=Le%20virgole%20sono%20interne%20al,fare%20la%20spesa%2C%20%E2%80%93%20disse.&text=Esempio%3A%20%E2%80%93%20Vado%20a%20fare%20la%20spesa.,-%233%20Se%20dopo&text=Esempio%3A%20%E2%80%93%20Vado%2C%20%E2%80%93%20disse,%E2%80%93%20a%20fare%20la%20spesa%20%E2%80%93.
Spero di appaia il link giusto!!! Nn so per quale motivo a volte mi cambia pagina :)
un incontro riuscito.
la sensazione leggendo e' di un amore che non viene perdonato
ed è come se in quella follia ci fosse un crollo ad una malata razionalità oggi feudo dell'odierno ...chissà dopo .
Un saluto di cuore Lilith
Noto, da quel poco che ho letto di te, che riservi la forma poetica al tuo lato di "mantide", e quella prosastica a quello di "crocerossina". Ti riesce meglio il primo ruolo.
Mi spezzi gli entusiasmi così?
- Scrittrice attempata speranzosa si ritira dalle scene -
Per fortuna campo del mio lavoro!
Adesso ho capito chi sei!
Sei un critico letterario, probabilmente anche piuttosto famoso.
Ho capito anche che il mio racconto non ti è piaciuto.
Mi sono fatta un po’ i fatti tuoi, nel senso che sono entrata nel tuo profilo per farmi un’idea di chi tu sia.
Il mio racconto breve è un collage di immagini e impressioni alle quali ho voluto conferire una forma testuale? Non proprio! Nel senso che non ho molto ragionato mentre scrivevo. Assecondavo la penna che stava seguendo una pista.
Raggiungere risultati soddisfacenti non è il mio primo obiettivo. Comunicare emozioni sì! Forse il titolo è un esagerazione e difatti lo considero provvisorio.
Dici che un testo comincia a prendere forma quando chi lo redige si distacca dalle impressioni che lo hanno generato e questo è impossibile per me che certe cose le vivo più o meno con tutto il mio essere, sia quando scrivo in versi, sia quando una storia, pur essendo inventata, è verosimile.
La mia urgenza è quella di scrivere.
Parli di una indubitabile capacità di plasmare istintivamente una materia ostica.
Non capisco quale sia la materia ostica.
Quello che posso dirti è che il mio è un tentativo di plasmare la parola in un modo tutto mio.
Smonto e rimonto, continuamente, quello che vedo e quello che sento. Distruggo e ricostruisco.
Dici che Enrico è una figura banale. Non conosci Enrico.
Riguardo alla insufficiente tipizzazione, ci sto lavorando. L’ho scritta per diletto ma subito dopo averla pubblicata mi sono accorta che c’era qualcosa di più serio dietro.
Io inseguo le mie visioni, forse la folle sono io. Non capisco subito a cosa serva ciò che scrivo ma la ragione è sempre dietro l’angolo il più delle volte.
(continua…)
Lasciare delle aperture nella descrizione del personaggio, senza vincolarlo ad una tipizzazione, denota una precisa volontà dell’autore: volevo che il lettore si immaginasse Enrico nel modo più libero che esista. Lui vive già abbastanza stereotipato nella realtà del suo paese, credimi!
Ammesso che il mio racconto sia grottesco… magari era quello che realmente volevo realizzare. Cosa c’è di più folle della realtà in cui siamo immersi?
Hai mai osservato i movimenti sincronici con cui si muovono le persone in alcuni spazi?
Cosa c’è di più grottesco di questo?
La bellezza di Enrico è quella di usare quello che lo circonda come vuole. Il suo simbolismo è poetico. Una volta ho risposto al suo pacchetto di sigarette, voleva far ingelosire una. La sua storia d’amore descritta qui è solo un pretesto. Anche il suo nome è inventato.
Riguardo poi ai termini di “mantide" e di "crocerossina", uhm, mi riesce difficile credere che tu sia completamente onesto a presentarti nel mio spazio. ( Svelati ???? )
Ti tengo d’occhio. La mia natura di mantide mi suggerisce di tenere alta la guardia. Quella della crocerossina non è una carta vincente.
Come al solito rifletterò sul tuo commento prima di addentrarmi in un concorso letterario. ☺️ Ciao Fili!
Un saluto da Ibla.
Che tu non ragioni quando scrivi, me ne ero accorto, al punto tale che, in una mia precedente critica avevo parlato dei tuoi testi come esempi di “scrittura automatica”, o se ti piace di più il paragone, come contatto col mondo degli spiriti per mezzo di una tavoletta ouija. La ragione, la razionalità come sguardo che riconosce la misura che collega mezzi e fini non è nelle tue corde. Ma un racconto è un racconto, e un’opera narrativa è una mediazione con un mondo di forme — quello dei generi letterari — che se non esistesse, ti condannerebbe all’afasia.
Quanto a Enrico, o come si chiama nella realtà, non posso essere d’accordo: in un sito di poesia e letteratura si debbono pubblicare testi letterari, non cronache di sogni o deliri da comunicare allo psicologo, e la non consapevolezza della importanza della tipizzazione dei personaggi (e in ciò consiste l’ostilità della materia letteraria, e la capacità tecnica di imprimere una forma) mi dice che sei sull’altalena, ma hai bisogno di qualche folletto che ti spinga perché con le tue gambe non ce la fai.
In letteratura, ancor più che nella vita, è sempre una questione di “stile”.
PS. Chiedo scusa, ma ho dovuto sezionare in tre parti il mio commento, sempre per problemi di lunghezza.
La mia scrittura è immediata, in essa confluisce tutto il mio mondo. Il mio mondo è fatto di fenomeni visibili e di visioni.
Io non parlerei di “scrittura automatica”.
Non credo che chi legge sia interessato al mio demone interiore né tantomeno al modo in cui venga contattata dal mondo degli spiriti. Non sono una medium, non sono una zingara che ti legge la mano. Non funziona così.
Io scrivo semplicemente. Non mi sono mai chiesta a che genere letterario voglia votarmi, uniformarmi, troppo riduttivo. Ne resterei soffocata e finirei col non scrivere più.
Lascio che siano gli altri a stabilire classificazioni ; anche se scrivo nei siti, non sono un’autrice di grido quindi nessuno si prenderà la briga di individuare la categoria nella quale incastrarmi.
Scrivo per immagini, a volte sviluppo i testi come se recitassi su un palco.
Se a volte si trattasse di sceneggiatura, che problema ci sarebbe?
Comunque trovo i tuoi commenti sempre molto interessanti.
L’unica cosa che non capisco è il messaggio che mi stai lanciando:
- Se vuoi una mano, chiedimela - oppure- Datti all’ippica -
Fino ad ora hai una sola pubblicazione. Sto aspettando di leggere qualcos’altro di te.
A presto!
Va da sé che se qualcosa nel testo non funziona a causa di una lacuna tecnica o di uno scorretto atteggiamento verso quella cerchia formale grazie alla quale ciò che produciamo diventa comprensibile anche ad altri, e grazie alla quale non interpretiamo il ruolo del matto che si crede Napoleone, questo lo si debba segnalare all’autore: ma da qui a mettersi a sottolineare errori o dimenticanze col lapis rosso e blu ce ne corre.
La critica, come la intendo io (sulla scorta di illustri precedenti) è sempre una “problematizzaz ione” del testo.
Uno dei massimi critici di tutti i tempi citava spesso un pensiero di Ibsen: “Vivere significa combattere in sé lo spettro di oscure potenze; poetare, tenere giudizio sul proprio Io”. Ecco, mi sembra che la tua drammatica lacuna riguardi questa seconda parte della proposizione.
Riguardo alla comprensione dei testi credo che, sebbene in alcuni dei miei ci siano dei passaggi un po’ oscuri, il messaggio arrivi. Un po’ come il testo che hai pubblicato tu. Converrai che il linguaggio che hai usato non sia proprio accessibile a tutti, no? Questa è comunque una scelta dell’autore. Io credo che la poesia debba uscire dalla sua nicchia e sgranchirsi un po’. È quello che cerco di fare e, come i bambini, procedo per tentativi ed errori. Per il resto rileggerò i tuoi commenti perché ho individuato in essi dei passaggi per me illuminanti. Ti ringrazio e ti auguro una buona giornata.