"...Il cancello rimase aperto nei giorni che seguirono, confusi i fili d'erba restavano immobili, che nemmeno la brezza del mattino osava disincantarli.
Terence prese la torcia come ad illuminarsi il cammino, quello che non sapeva percorrere, rotto dai rumori di una parentela che non gli apparteneva.
Con le mani rallentate da un sospetto, si piegò a baciare quel petalo di rosa, così come chiamava la sua fronte.
Marta, le disse, ti aspetto stasera, lontano dalla luce del sole, dopo il crepuscolo i nostri sogni prendono parte del mondo fuori di noi, ti aspetto quando il vento
educato della sera scalderà le nostre cose.
Ho da togliere le mie ombre che si muovono diverse ma che ti appartengono.
Non percorrere il campo, passa al di là del fiume, là tra i ciottoli bianchi e piatti e non farti male; prendi con te la sciarpa e copriti i capelli.
Terrò la lampada accesa accanto ai gerani che tu portasti quel giorno.
Sai, sono fioriti e incredibilmente profumano due volte, di loro e del colore.
Lei si voltò come sapeva già fare, come il sole che impiega il tempo a spostare le ombre di qualcosa sul muro.
L'amava già mentre vide che andava al passo soave sulla ghiaia, come il rumore dei coriandoli che piano toccano il suolo, uno dopo l'altro, uno dopo l'altro.
L'aspettò nei tempi e nei silenzi, nei crepuscoli e nelle mute aurore; l'aspettò sempre, aspettò tutto di lei, anche quella riposta via, quei pezzi che aveva coi gesti di un bambino colto e messo nei barattoli di vetro giallo sul camino insieme ai petali di viole e gelsomino bianco.
Suonavano ancora i rintocchi delle ore di quella vecchia campana di campagna e Terence leggeva poesie, aspettava e leggeva.
Quel cancello, piccolo e arruginito, nessuno più lo aprì ma rimase aperto, sempre...".
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Molto bello tutto ciò
Stella