Terzine di endecasillabi canonici a rime incatenate.
Non m'appartiene questo mondo, certo,
non è che ciò mi desti una sorpresa,
ma mi perplime e reca gran sconcerto
la consapevolezza che palesa
quanto sia io a non esser del mondo,
a starci con la corda troppo tesa
le vie vagando solo ed errabondo
mentre più spesso nei pensieri miei
con quella corda il collo ci circondo.
Piano, in silenzio, muto me n'andrei
né si dirà che fu dimostrativo
quell'atto con cui tutto spegnerei:
son sempre stato buono, calmo e schivo
senza destare alcuna sensazione
per come parlo, vivo oppure scrivo
e sparirò poi senza un'attenzione
se non fratelli e vecchi genitori;
per gli altri sol fattaccio per favelle
cianciando di ragioni, di dolori
di cui in realtà non sanno proprio nulla
e finiranno a sera quei clamori
che poi con altre nuove si trastulla
lasciando me di nuovo nel mio niente
in cui mi muovo dopo la mia culla.
Per guadagnar proscenio tra la gente
non è la corda che può funzionare.
Però per l'esser sempre sofferente
concreta cura può rappresentare.
24/10/2024
Commenti
Sui contenuti, ognuno ha la propria sensibilità e reattività alle contrarietà della vita. Difficile fare un commento che non abbia carattere ipocritamente consolatorio.
Ma condivido l'ultima "terzina+1". In fin dei conti, la poesia in un ampio scenario virtuale, anche quando ha contenuti dolorosi, costituisce un balsamo potente.