Duemilaventiquattro è cominciato
mi guardo intorno e nulla par cambiato…
Orrore! Ho fatto rima e, fatto grave,
con metro¹ che poesïe rende schiave!
Purtroppo ancora avete questa noia
fintanto che da me non verrà il boia.
Vi giuro, scriver libero ho provato
gettando al cesso pure le rie rime,
ma non par bello quel ch’è risultato…
ma non vi lascio ancora sulle spine²:

per essere sicuro di non privilegiare nessuna costringente metrica, non andrò più a capo (“bella panzana!” direte voi… ed invece no! Come si dice in questi casi? Sto scrivendo in modalità “sperimentale”, “innovativa”, “libera”, senza “schemi concettuali”, senza “gabbie formali”… anzi oserei ancora di piu senza punteggiatura ne rispeto di semantica grammatica vocabbolari è in somma proprio senza rispetto in nome della totale liberta di pensiero che svincolandosi da qualsiasi tristo binario finalmente e capace di allibbrarsi nel celo con tutta liberta che nessuno piu lo puo afferrare ne manco sferrarli ceffoni anche sé cosi non mi riesco nemmeno di capirmi a me medesimo e quindi saro pure libero e puro ma a cosa serve non lo capisco punto anzi. Cerco di non piegarmi troppo al desiderio di anarchia dei metrofobici e di concedermi almeno quel minimo di vincolo logico/semantico/sintattico per capirmi almeno da solo, aiutando me stesso con un po’ di punteggiatura e, perché no?, un minimo di apostrofi e di accenti, anche se a tanti paiono recinti di prigionia per la propria creatività (io rimarrei della mia opinione, che è solo dimostrazione di scarsissimo impegno nell’iter dei propri studi di base, le famigerate scuole elementari cui tanti di noi a quanto pare si sentirono costretti contro la propria libertà, ma lo penso solo perché io sono uno stupido schiavo del sistema). Tuttavia continuo a concedere al lettore che purtroppo, a giudicare dalle critiche continue che ricevo quando mi lascio andare a sonetti e terzine rimate, pare essere il fruitore medio dei miei scarabocchi, quel piacere che esso prova nel non vedere rime e non percepire schemi metrici. Dicevo, provando a scrivere libero dai vincoli di rime e versi, ho immaginato un cielo nero, avvolto nel nero, privo di stelle, senza la Luna; nulla di fisicamente impossibile: Luna Nuova e cielo ignombrato da nubi… pardon, nuvole temporalesche per tutta la sua estensione. Nessuna luce quindi pioveva sui miei occhi. Lucciole? Ma figuriamoci, ormai non ce ne sono più nelle zone antropizzate! Perdiana! Non ce la faccio a dar fuoco al vocabolario :’( Volevo dire: ormai non ce ne sono più nelle zone frequentate da noi uomini. Sì, lo so che nelle zone frequentate da tanti virili poeti moderni ci sono le lucciole illuminate dai lampioni sulle strade statali di notte che attendono i loro cavalieri dotati di portafoglio grande e clava piccola ma disposti a svuotare il portafogli (fate finta di non notare che in italiano il singolare per questo lemma possa essere sia -glio sia -gli e quindi uno dei due premiatemelo come errore di plagenza) per lasciarsi confortare nella propria insicurezza dalla poetica sincerità declamata dalle labbra di tale tipologia di lucciole, ma io intendevo un altro tipo di lucciole, roba obsoleta, stilnovistica, desueta, che lampeggiava nei campi nelle notti estive a fare da contraltare alle stelle che brillavano in cielo corteggianti la Luna. Ma trattavasi di cortigianeria cavalleresca desueta che si perdeva nel servaggio di stili rigidi per declamare beltade; ora siamo più moderni e quindi stile libero e cielo sgombro, no stelle, no Luna, no luce, no lucciole e quel che vedo in piena libertà è anche no lampioni e no lampadine (facile, che qui con i temporali ancora arrivano i blackout sia di linee internet, sia di telefonia, sia di elettricità). E nel nero farcito di nero avvolto nel nero che ha annerito i miei occhi abbandonati nella totale libertà, ovviamente, non vedo più neanche gli occhi della mia amata Sirena, com’è giusto che sia, visto che Lei non è né sarà mia ed i Suoi fari verdi brillano altrove e brillano per altri, non certo per me di cui non si ricorda a capodanno quindi, in onore al detto famoso, non si ricorderà per tutto l’anno, come non se ne ricordava nel 2023, nel 2022, nel 2021, nel 2020, nel 2019, nel 2018, nel 2017, nel 2016, nel 2015, nel 2014, nel 2013, nel 2012, nel 2011, nel 2010, nel 2009, nel 2008, nel 2007, nel 2006, nel 2005, nel 2004, nel 2003, nel 2002, nel 2001, nel 2000, nel 1999, nel 1998, nel 1997, nel 1996, nel 1995, nel 1994, nel 1993, nel 1992, nel 1991, nel 1990, nel 1989, nel 1988, nel 1987, nel 1986, nel 1985, nel 1984, nel 1983, nel 1982, nel 1981, nel 1980, nel 1979, nel 1978, nel 1977, nel 1976, nel 1975, nel 1974, nel 1973³, tutti capodanni che non cambiarono le nostre vite, e nemmeno nel 1972 quando la Sua cominciò ovviamente senza ricordarsi di me che l’aspettavo e sognavo già da un paio di anni! Un attimo che verifico di non aver saltato nessun capodanno, torno subito a scrivere. Rieccomi; mi pareva strano: la troppa libertà mi aveva fatto scrivere due volte gli anni tra il 1987 e il 1978 per una dislessia nel digitare che di fatto mi fa sentire 10 anni più vecchio, in nome della libera sincerità non più costretta dagli artifici di una qualche metrica. Ma bando alle ciance torniamo a poetare sperimentando l’innovazione di questo schema libero non soffocato da rime, debbo confessare che rinunciarci, rinunciare alla metrica, alle rime, alle stelle, alla Luna, alle lucciole, ai Suoi occhi, a Lei e quindi alla Poesia che Lei è (tipicamente sonettistica e a rime incrociate perché baciate sarebbe osare troppo con Lei), ai miei sogni, ai miei schemi ha finalmente reso il mio orizzonte ed il mio universo molto, molto, forse persino troppo, somigliante al mio intimo, alla mia coscienza, al mio sentire, come si suol dire al mio cuore ed alla mia anima: nero! Un nero profondo, buio, privo di riferimenti (niente endecasillabi, niente settenari, niente) e privo di richiami (niente baciate, alternate, ripetute, inverse… niente rime). Un nero scribacchino solitario che con inchiostro (virtuale, perché siamo finalmente nel 2024) nero scarabocchia su fogli (anch’essi virtuali) neri parole nere per descrivere un nero mondo girovagante senza schema in un universo nero alla deriva in un tempo nero nella piena libertà di questo color morte che non ha bosogno di alcun codice per comunicare, di alcuno schema per trascinare, di nessuna rima che potrebbe suggerire ironia, emozioni, ritmo, enfasi, musicalità e sopratutto agevolare la memoria. Non mi ricordo se ho scritto tutto il nero che mi ha pervaso in questo capodanno, ma almeno ho cercato di essere moderno e sfanculare sonetti ed endecasillabi.

¹: endecasillabi canonici, a maiore e a minore a libera scelta;
²: almeno questa è “imperfetta”, di tipo “consonante”;
³: qualcuno mi scrisse “mai dire mai”, qualche mese addietro, così ho evitato di scriverlo in questa poesia innovativa sperimentale a schema libero e senza vincoli di rima e che non dice mai "mai".

01/01/2024

Aggiunta “postuma”:
dopo che ho digitato tutti i caratteri liberi di questo sfogo che essendo senza metrica e senza rime potrà apparire sincero anche agli scettici, Lei si è ricordata di me ed alle 18:44 finalmente mi è giunto il Suo messaggio: «Tanti auguri Xxxxxxxx, che sia un anno di piena salute, serenità e cose belle».
È bastato l’arrivo di questo messaggio tutto sommato abbastanza neutro per farmi scendere una lacrimuccia ripetendo tra le mie sinapsi «Si è ricordata di me… Si è ricordata di me… SI È RICORDATA DI ME…»… ed il mio nero si è fatto un po’ meno nero, neanche m’avesse detto d’essere innamorata di me!
Sono patetico, lo so. Ma almeno oggi di una pateticità sincera, libera da schemi imposti dai Potery Forty!
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