Solo allora lo capì finalmente,
solo allora lo capì, quel segreto:
l’amore, che ci guida occultamente,
della vita è recondito amuleto.
Tutto quanto ci affascina del mondo,
i mari, le pianure, le montagne,
con aurore e crepuscoli di sfondo,
boschi, fiumi, valli, laghi e campagne,
steppe e deserti, savane e pianure.
di più, cielo, tramonti e pur tempeste,
di più, città e umane architetture
nella quiete o quando il vento le investe,
tutte cose in sé vuote e indifferenti,
ma che senza che noi lo sospettiamo
si carican d’umani sentimenti
e fan sì che l’amor già percepiamo.
Quanto stupido davvero era stato
a non rendersene conto in passato.
Si tratta di una personale interpretazione in versi di un brano tratto da “Un amore”, romanzo di Dino Buzzati pubblicato nel 1963 da Mondadori, che lessi da ragazzo, qualche anno dopo. Un pezzo in prosa ma ad alto contenuto poetico, che riporto di seguito testualmente ma arbitrariamente suddiviso in versi. Basterebbe una compilazione in versi a legittimare il termine “poesia”? O si tratta, per usare un’espressione non mia, di sola “prosa verticale”? C’è una differenza e/o un confine tra poesia e prosa poetica quando quest’ultima venga solamente suddivisa in versi?
Solo adesso, finalmente,
si rendeva conto del segreto.
Un segreto molto semplice: l'amore.
Tutto ciò che ci affascina
nel mondo inanimato,
i boschi, le pianure,
i fiumi, le montagne,
i mari, le valli, le steppe,
di più, di più, le città,
i palazzi, le pietre, di più,
il cielo, i tramonti, le tempeste,
di più, la neve, di più, la notte,
le stelle, il vento, tutte queste cose,
di per sé vuote e indifferenti,
si caricano di significato umano
perché, senza che noi lo sospettiamo,
contengono un presentimento d'amore.
Quanto era stato stupido
a non rendersene conto finora.
Commenti
Bella la rielaborazione in quartine di endecasillabi a rime alternate con codino!
Era poesia, e profonda, pur senza rime e con versi che sembravano casuali. Però, se avessi fatto l'operazione attuale al contrario, cioè ricopiare il testo tutto di seguito, l'effetto non sarebbe stato lo stesso.
E' un rapporto indecifrabile, quello tra sostanza e forma poetica.