Le gocce d'acqua riempivano di grigio lo sfondo della vecchia ferrovia.
Tutto era vecchio, tutto era malandato. Locomotive di vent'anni , con i loro sbuffi di fumo nero , si alternavano sui binari freddi e incrostati di ruggine rossa. Il treno per Versailles delle dieci e venti era in arrivo sul binario uno della stazione di Parigi. Poche persone attendevano quel treno e tra queste vi era un ragazzino sui dieci anni, Philippe.
Solo , appartato in un angolo , seduto su una grossa valigia avvolta da cinghie strappate, mangiucchiava un pezzo di pane duro e tra un morso e un altro , sbuffi di vapore uscivano dalla sue labbra infreddolite e secche. Indossava un paio di guanti neri di lana senza dita ; le scarpe rotte sulle punte lasciavano intravedere la presenza di calzini ricuciti un po' alla meglio; un lungo cappotto marrone di un paio di taglie più grande lo avvolgeva come una coperta ; il bavero alzato lo proteggeva dal freddo mentre da una coppola nera fuoriuscivano i suoi capelli biondo platino. Diverse persone gli passarono accanto ma nessuna rivolse lo sguardo verso di lui. Era solo sì , ma soprattutto invisibile agli occhi di tutti.
Il treno era in arrivo e si poteva scorgere da lontano la lunga colonna di fumo. La pioggia si fece più intensa e i passeggeri con i loro ombrelli si preparavano sul ciglio della banchina. Il ragazzino diede un ultimo morso al pane , si alzò, trascinò la sua valigia anch'egli verso la banchina, diede un occhiata alla locomotiva , guardò la fitta pioggia venire giù dal cielo che come una sassaiola lo colpiva senza pietà e lo inzuppava dalla testa ai piedi.
Nel frattempo il mezzo che stava per entrare in stazione , emise un lungo e stridulo fischio. Il ragazzino portò fuori dalla tasca un vecchio orologio da taschino ramato, lo aprì , al suo interno vi era una foto in bianco e nero un po' sbiadita dei suoi genitori. Lo richiuse e lo strinse nella mano destra, poi diede uno sguardo ai suoi piedi, alle dita che fuoriuscivano dalle scarpe, ai guanti consumati , al cappotto di suo padre. Diede uno sguardo alle altre persone tutte in tiro con i loro ombrelli pregiati in mogano bianco. Pensò fosse strano che persone così diverse potessero coesistere sulla stessa linea della banchina . Come potevano, mondi così estranei gli uni dagli altri , trovarsi sullo stesso filo e condividere la stessa meta? Erano tutti lì davanti a lui, ridenti e felici ma perché? Perché mostrarsi così proprio quando lui era circondato da un alone nero di tristezza che come il cappotto lo avvolgeva togliendogli il respiro? La vita , la sua almeno , gli sembrò una macchina imperfetta , cattiva e crudele e la odiò per questo.
Il treno era entrato in stazione , era a pochi metri ormai , la gente già si accalcava verso le porte , un gran vociare si univa allo stridio dei freni del treno che non accennava ancora a fermarsi. Philippe era fermo e immobile dinnanzi al vuoto dei binari mentre il treno accorreva verso di lui. Lo sguardo basso e vitreo , le braccia longitudinali al corpo come paralizzate, le gambe e i piedi uniti in modo perfetto , una raffica di vento fece volare il suo pesante cappello inzuppato di pioggia , i capelli biondi ormai fradici erano di un colore scuro così come il suo volto impreziosito da alcune lacrime che si mischiavano alla pioggia. Ad un tratto alzò i talloni , si protese in avanti come un tuffatore olimpionico dal trampolino, le braccia rimasero attaccate al corpo. Solo il suo sguardo si girò in direzione della locomotiva in arrivo. In quell'istante vide nei due fanali i volti dei suoi genitori sorridergli , così anch'egli sorrise e cadde sui binari pochi secondi prima del passaggio del treno in frenata.
Nessuno si accorse dell'accaduto.
Il macchinista si concesse due minuti per sorseggiare un caffè con il capostazione , il tempo di scambiare due chiacchiere e risalì pronto alla partenza.
Un fischio , il rombo dei motori accesi e pian piano il treno ripartì in perfetto orario per Versailles.
La stazione ora era ritornata vuota . La valigia di Philippe , rimasta da sola sotto la pioggia , venne notata dal capostazione che andò a controllare. Controllò se vi era qualche nome , qualche iniziale , ma niente. La prese per portarla nell'ufficio degli oggetti smarriti ma la cinghia strappata che l'avvolgeva cedette e la valigia si aprì. Il vuoto. Non vi era nulla al suo interno. Alzò gli occhi e solo allora notò , guardando da sotto l'ombrello , che sui binari giaceva un abito arrotolato. Si avvicinò e vide la mano del povero Philippe senza vita che fuoriusciva dalla manica del cappotto.
Stringeva ancora tra le dita il vecchio orologio...
Tutto era vecchio, tutto era malandato. Locomotive di vent'anni , con i loro sbuffi di fumo nero , si alternavano sui binari freddi e incrostati di ruggine rossa. Il treno per Versailles delle dieci e venti era in arrivo sul binario uno della stazione di Parigi. Poche persone attendevano quel treno e tra queste vi era un ragazzino sui dieci anni, Philippe.
Solo , appartato in un angolo , seduto su una grossa valigia avvolta da cinghie strappate, mangiucchiava un pezzo di pane duro e tra un morso e un altro , sbuffi di vapore uscivano dalla sue labbra infreddolite e secche. Indossava un paio di guanti neri di lana senza dita ; le scarpe rotte sulle punte lasciavano intravedere la presenza di calzini ricuciti un po' alla meglio; un lungo cappotto marrone di un paio di taglie più grande lo avvolgeva come una coperta ; il bavero alzato lo proteggeva dal freddo mentre da una coppola nera fuoriuscivano i suoi capelli biondo platino. Diverse persone gli passarono accanto ma nessuna rivolse lo sguardo verso di lui. Era solo sì , ma soprattutto invisibile agli occhi di tutti.
Il treno era in arrivo e si poteva scorgere da lontano la lunga colonna di fumo. La pioggia si fece più intensa e i passeggeri con i loro ombrelli si preparavano sul ciglio della banchina. Il ragazzino diede un ultimo morso al pane , si alzò, trascinò la sua valigia anch'egli verso la banchina, diede un occhiata alla locomotiva , guardò la fitta pioggia venire giù dal cielo che come una sassaiola lo colpiva senza pietà e lo inzuppava dalla testa ai piedi.
Nel frattempo il mezzo che stava per entrare in stazione , emise un lungo e stridulo fischio. Il ragazzino portò fuori dalla tasca un vecchio orologio da taschino ramato, lo aprì , al suo interno vi era una foto in bianco e nero un po' sbiadita dei suoi genitori. Lo richiuse e lo strinse nella mano destra, poi diede uno sguardo ai suoi piedi, alle dita che fuoriuscivano dalle scarpe, ai guanti consumati , al cappotto di suo padre. Diede uno sguardo alle altre persone tutte in tiro con i loro ombrelli pregiati in mogano bianco. Pensò fosse strano che persone così diverse potessero coesistere sulla stessa linea della banchina . Come potevano, mondi così estranei gli uni dagli altri , trovarsi sullo stesso filo e condividere la stessa meta? Erano tutti lì davanti a lui, ridenti e felici ma perché? Perché mostrarsi così proprio quando lui era circondato da un alone nero di tristezza che come il cappotto lo avvolgeva togliendogli il respiro? La vita , la sua almeno , gli sembrò una macchina imperfetta , cattiva e crudele e la odiò per questo.
Il treno era entrato in stazione , era a pochi metri ormai , la gente già si accalcava verso le porte , un gran vociare si univa allo stridio dei freni del treno che non accennava ancora a fermarsi. Philippe era fermo e immobile dinnanzi al vuoto dei binari mentre il treno accorreva verso di lui. Lo sguardo basso e vitreo , le braccia longitudinali al corpo come paralizzate, le gambe e i piedi uniti in modo perfetto , una raffica di vento fece volare il suo pesante cappello inzuppato di pioggia , i capelli biondi ormai fradici erano di un colore scuro così come il suo volto impreziosito da alcune lacrime che si mischiavano alla pioggia. Ad un tratto alzò i talloni , si protese in avanti come un tuffatore olimpionico dal trampolino, le braccia rimasero attaccate al corpo. Solo il suo sguardo si girò in direzione della locomotiva in arrivo. In quell'istante vide nei due fanali i volti dei suoi genitori sorridergli , così anch'egli sorrise e cadde sui binari pochi secondi prima del passaggio del treno in frenata.
Nessuno si accorse dell'accaduto.
Il macchinista si concesse due minuti per sorseggiare un caffè con il capostazione , il tempo di scambiare due chiacchiere e risalì pronto alla partenza.
Un fischio , il rombo dei motori accesi e pian piano il treno ripartì in perfetto orario per Versailles.
La stazione ora era ritornata vuota . La valigia di Philippe , rimasta da sola sotto la pioggia , venne notata dal capostazione che andò a controllare. Controllò se vi era qualche nome , qualche iniziale , ma niente. La prese per portarla nell'ufficio degli oggetti smarriti ma la cinghia strappata che l'avvolgeva cedette e la valigia si aprì. Il vuoto. Non vi era nulla al suo interno. Alzò gli occhi e solo allora notò , guardando da sotto l'ombrello , che sui binari giaceva un abito arrotolato. Si avvicinò e vide la mano del povero Philippe senza vita che fuoriusciva dalla manica del cappotto.
Stringeva ancora tra le dita il vecchio orologio...