Vorrei ricordare l’ingenua neve
nel suo tentativo di coprire sangue
per illuderci forse che ogni cosa
possa essere occultata, mai esistita.
La memoria, però, travalica il bianco,
va oltre ogni filo spinato, oltre ogni arma.
Supera distese perverse, malanime,
recinzioni incomprensibili e fa la storia.
Io amo cantare le gesta dei miei eroi
ma devo, perché voglio, rammentare il male
per fare in modo che mai più si ripeta.
E tuttavia, davanti a un foglio immacolato,
mi chiedo, oggi, cosa può fare un verso
se non il verso all'impotenza umana.
La mia poesia, che tanto chiamo in soccorso,
non é capace, neanche lei, di lenire dolore.
Solo pregare.
La triste Barcellona infernava
La guerra di Marina
Era pronta a scatenarsi
Nike aquilina Ginestà
Dolce comunista
Partigiana in fasce
Venti scapigliati le scolpiscono il sorriso
Bombardano le nubi i carri alati
Sciolgono il mare e sfilano i tori
Ma Marina resta intatta ...
Dallo ieri al presente
E gli aerei non cessano
Di far la terra infetta
Marina resta nel mio pugno chiuso
Sbraitante contro il vento
Mentre ci danzo intorno
Dolce bella Angelica
dagli occhi di bragia ;
del paladino Rinaldo
innamorata
Guerriero valoroso
entrò nella fantasia del
poeta che raccontò:
"le donne i cavalier
l'arme e gli amori ".
Nel fantasticar, incontrò
Orlando che furioso, pazzo
di gelosia, d'Angelica
innamorato non
si dava pace.
Carlo Magno, consegnò
Angelica fiera di discordia in
custodia al vecchio Nama
donata l'avrebbe al cavalier
vincitor.
La battaglia fu cruenta,
si batterono cristiani contro
saraceni.
Nella lugubre notte fugge
dal campo Angelica
e
dopo tanto pellegrinare
incontra Medoro,
giovane fante saraceno ferito.
Di lui si prese
cura se ne innamorò nel
favoloso regno del Catai
con lui se ne andò.
Orlando alla
ricerca
disperata dell'amata,
incontrò la verità trionfante
e brutale tutt'attorno.
Trovò segni di cuori
incisi dai due amanti.
Immediato fu lo strazio.
Invano la sua mente cercò
una via di difesa.
Impazzì
per il dolore.
In soccorso del cavaliere
venne il paladino
Astolfo
che in groppa all'Ippogrifo,
andò sulla luna per riportargli
il senno smarrito.
Così fu liberato dalla follia
d'amore.
Nobile Orlando, preso dall'amore
puro ,, senza arme ,
vinto da una fanciulla.
22.5.2005
C'è una bestia, a Birkenau
Che mi segue fino al letto
E di sangue
Si sente sul petto
Riempie di sogni la mente
Di sogni di lamenti, nero
E tutto è così vuoto e senza senso
Come il grilletto di quel ferro
Che a me togliesse il fiato
Ma allora lor chi sono?
Queste lacrime che verso
Che canto è finta
Perché la bestia vera sono io
Per essere umano
Non dimenticate l’uomo
spogliato del suo nome,
i suoi occhi incisi nel terrore
erano lettere di dolore
nascoste all’umanità.
Non dimenticate l’uomo
gettato nella disperazione,
come un fiore ammazzato
dal gelo incomprensibile della morte.
Non dimenticate l’uomo
tradito dalla speranza,
deportato come bestia senza dignità,
piegato alla schiavitù del male.
Non dimenticate l’uomo
accartocciato dalla violenza,
massacrato dalla fame,
picchiato dalla crudeltà,
aggrappato inerme al filo spinato.
Non dimenticate l’uomo
incenerito in un camino,
non dimenticate l’uomo,
non dimenticate mai e poi mai
gli errori imperdonabile della storia.
Che spettacolo!
Gli occhi spalancati
grandi come elefante
Mi lustro!
Intanto la mia mente
inizia a volare!
Attraverso il Mondo!
mi vien da cantare!
Quadro mozzafiato!
Vedo il Paradiso!
Scala molto ripida,
gradini sdruccioli
Attento!
Bel quadretto incorniciato,
il grande Pittore beato!
Formichine estasiate
si sono adoperate!
Membra affaticate
lacrime di sudore,
la terra le raccoglie!
Tanto lavoro han fatto!
Alla fine ricompensate!
Opera d’immenso
nell’infinito mare della conoscenza!
Me ne compiaccio e vi ringrazio!
di dolci pensieri la serva,
che guardi brillare.
Ti vede, ti segue.
Prende la tua via e l’accende;
e io pure lo sento
quel tragico amore
che scende; e più ti guardo,
più capisco il suo dove.
È l’alto, lo scuro, l’immenso;
e sale volando, svanendo,
l’effimero fumo d’incenso.
Carthago delenda est.
Un entusiasmo d'altri tempi
che non sfugge alla memoria.
Fantasie al tempo degli studi
sulla rovina di una grande città
che il sale bruciò in grandi tormenti.
Mi ripeto "Carthago delenda est"
ché il pensiero non smentisce.
Deve essere distrutta, distrutta...
Un'invocazione agli Dei, una prece,
da bruciare tutta senza ceneri.
Brucerà come corpo di donna
come Didone morì sulla pira
senza ritorno di vele dell'amato.
Brucerà come olocausto agli Dei.
Senza pietà brucerà di saldo odio.
Non ricordo il mio nome,
neppure quello del mio Dio,
sono solo un numero senza importanza,
uno schiavo alla mercé del delirio.
La stella di David strazia il mio petto,
è il mio passaporto per l’inferno
e stride nella mia mente
il cigolio di quel vecchio vagone
come il singhiozzo di un bimbo ferito
nella quiete agghiacciante del destino.
“Sporco ebreo, non meriti di vivere!”
Ed odo risa ubriache d’orrore
aggrottare i miei occhi
crocifissi inermi alla morte
contro quel recinto di filo spinato,
seviziato come un cane randagio
affamato d’uguaglianza e rispetto,
come fossi un vecchio rottame,
un inutile rifiuto umano.
Ormai sono solo un gomitolo di ossa
piegate dalla fatica e dal freddo,
han saccheggiato la mia dignità
ed ora volo nel fumo di quel comignolo
pesante come piombo,
come la coscienza dell’uomo
schiacciata da un cielo assassino.
Pannocchie tenere da sfogliare
sull'aia infuocata dal sole,
i canti s'innalzano lieti
e l'eco di risate in sordina,
fanno da strumento senza armonia.
Piedi nudi e sudore di terra,
sul viso e sul corpo sono
marchi di lavoro febbrile,
che arriva prima del raccolto.
E poi una nuvola e la pula riempie
l'aria come fiocchi di neve,
chicchi gialli risplendono al sole,
e le barbe marroni del mais
sono capelli,
di bambola senza occhi e vestito.
Già giunge il tramonto,
e l'aria rinfresca
nelle sere d'estate di un tempo che fu.
Ti avrò per dar forza a queste braccia.
Per dar vita a questi miei occhi... io ti riavrò!
Andrò per ricchezze e te le porterò...
ori, diamanti e danaro, qualsiasi costo
io lo pagherò e finalmente io ti avrò.
Isabel*
Ti aspetterò, poiché mai vita è vita senza te.
Con cuore in speranza e anima in pena
io ti aspetterò... dovessi farlo fino ai grigi capelli.
Ti aspetterò e contrasterò il destino, con l'oblio
di tutti gli abbracci mancati... io ti aspetterò!
Juan*
Ecco, ho attraversato mari rossi e follie umane,
guadagnando il costo della felicità tanto bramata.
Quella felicità ha il tuo nome e sulle mie labbra
ha il suono soave dell'amore di due innamorati.
Ma il tempo infame ha combattuto contro di me.
Isabel*
Le mie labbra desiderano ancora le tue
e le lacrime sono un fiume dentro l'anima,
che uccidono cuore, mani e occhi ormai concessi
a chi non ha il tuo nome, a chi non da il tuo amore.
Bramo le tue labbra... ma rinnego il tuo bacio.
Juan*
Non ci sono parole ne atti per tanto dolore,
non ci son respiri, ne più ragione che mi trattenga
in questa vita e nell'infame destino scritto per me.
Taccio... dinanzi allo sguardo triste e tanto amato.
Taccio... e metto fine al bacio chiesto e mancato.
Vado via da te, dal mondo e dalla vita.
Isabel*
Colpa d'anima... sepolta mia, insieme alla tua.
Dove sei vita mia, in quale inferno t'ho mandato?
Dove sei cuore mio, in che oblio mi hai lasciata?
Esplode nel petto il rimpianto e lenta m'avvicino,
sfioro la mano fredda, mi chino a baciarti, alzo il velo
col cuore piangente ma si ferma e si spezza in due.
*Amanti di Teruel*
Nel cammino della vita, ci siamo amati e persi.
Il tempo tiranno, l'umanità travalica d'odio...
noi due non abbiamo mai avuto un "noi"
La morte ci unisce ora che... più non siamo.
Solidi corpi, testimoni, raccontano...
di tramonti e albe, di persecuzioni e inganni
che nei secoli ancora ci perseguitano.
E queste mani... che quasi si sfiorano...
lasciano sospiri che non sono respiri,
per queste vite passate e mai vissute.
Narratemi dell'Italia l'eroe
Che greve furor contro i nemici
Seppe più che la ragione
L'orgoglio di Roma; che di beltà
Abbacinante, come solo l'italiano puote;
Che d'infamia rivestito
Nel ricordo commuover suole:
(E di altre cose ben note)
Combattendo, vinse!
Amando l'Italia, lei lo cinse!
Come lui, o Muse son d'amor per voi,
Così nella misura che conoscete
Sappiate quanto poco sono
E se d'un verso solo getto a crogiolo:
<Viva l'Italia fascista finché non muoio!>
Albori, anni e secoli distinti,
anime inermi ad aggirar le stanze,
dipinti a raccontar storia,
senso di riscatto che il tempo dona,
storie di memore bellezze
scritte in calco d' amori e dolori eretti
sogni aperti ad altri sogni da far sognare.
oh Palazzo Odescalchi a dominar la piazza
con le finestre aperte ad osservar passanti.
Maestosa visuale, solenne e cordiale
a salutar giorni, mesi e anni,
ad aprir danze e banchetti,
battute di caccia nel giardino all'italiana,
alberi, piante e fiori a contornar il viale..
Vivesti e vivi ad immagine presente
quel fu di Principesca vita
ove possente è ancor la visione e
fa calco con il cuore,
ed ogni lato del maestoso palazzo
dona gloria agli occhi
un cenno di lievezza ad anima gentile,
tocco d'allegria a rallegrar storia.
Fantasmi indisturbati ad abitar dentro le mura
parlano e sorridono e lì dimorano
anime e storie!