Complementare al mio recente “Come lupi ululanti alla luna"
Camminando sul sentiero di costa
giunsi infine su un orrido dirupo
ove non c’era a mia voce risposta,
non un’eco lontana, mentre cupo
chiamavo ancor, mi sporgevo e guardavo,
ma neppur si vedea gregge sperduto
e neppur quel pastore che cercavo.
Forse librarmi in ciel avrei dovuto
qual avido rapace del pensiero
sperando qualche preda di carpire,
ma da bipede implume nel mistero
mi ritrovai del Nulla tra le spire.
Pur mi rivolsi e ascolto prestai
ai numi del Qualcuno o del Qualcosa
ma di lingue una babele incontrai
affabulante ognuna e presuntuosa,
ché s’arrogava crediti di fede,
ché troppe verità eran distorte
ch’era falsa promessa la mercede,
e foriere in lor nom persin di morte.
Così un Nulla accettai per me salvifico
con cui nacque reciproca empatia
qual dal fondo un lupacchiotto pacifico
risalito per farmi compagnia
e per aver le mïe regalie,
qualche avanzo o boccon che gli passavo
dell’umano pensiero le alchimie,
e di quanto nell’anima celavo,
pensieri, fantasie, dubbi, passioni,
estetica, un po’ d’etica profetica
e l’epica d’un gran rompicoglioni
che alla fine s’è dato alla poetica,
E il Nullupo parea scodinzolare
e mi parea guaìr: “ancora ancora
ch’io sono un vuoto che tu puoi colmare
ove puoi costruir la tua dimora
senza aver più timore della vita,
e insiem ululerem d’entrambi a Luna,
Caso e Necessità, storia infinita
d’ogni tua sfiga e d’ogni tua fortuna”.
Camminando sul sentiero di costa
giunsi infine su un orrido dirupo
ove non c’era a mia voce risposta,
non un’eco lontana, mentre cupo
chiamavo ancor, mi sporgevo e guardavo,
ma neppur si vedea gregge sperduto
e neppur quel pastore che cercavo.
Forse librarmi in ciel avrei dovuto
qual avido rapace del pensiero
sperando qualche preda di carpire,
ma da bipede implume nel mistero
mi ritrovai del Nulla tra le spire.
Pur mi rivolsi e ascolto prestai
ai numi del Qualcuno o del Qualcosa
ma di lingue una babele incontrai
affabulante ognuna e presuntuosa,
ché s’arrogava crediti di fede,
ché troppe verità eran distorte
ch’era falsa promessa la mercede,
e foriere in lor nom persin di morte.
Così un Nulla accettai per me salvifico
con cui nacque reciproca empatia
qual dal fondo un lupacchiotto pacifico
risalito per farmi compagnia
e per aver le mïe regalie,
qualche avanzo o boccon che gli passavo
dell’umano pensiero le alchimie,
e di quanto nell’anima celavo,
pensieri, fantasie, dubbi, passioni,
estetica, un po’ d’etica profetica
e l’epica d’un gran rompicoglioni
che alla fine s’è dato alla poetica,
E il Nullupo parea scodinzolare
e mi parea guaìr: “ancora ancora
ch’io sono un vuoto che tu puoi colmare
ove puoi costruir la tua dimora
senza aver più timore della vita,
e insiem ululerem d’entrambi a Luna,
Caso e Necessità, storia infinita
d’ogni tua sfiga e d’ogni tua fortuna”.
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