Terzine di endecasillabi a maiore incatenati, l'idea di partenza era di realizzare un "rondeau" di terzine di endecasillabi a maiore incatenati, l’ultima strofa lancia la rima per la prima:
&A& ABA BCB CDC DED EFE FGF GHG HIH IJI JKJ KLK LML MNM NON OPO PQP QRQ RSR STS TUT UVU VWV WXW XYX YZY Z&Z (decisamente troppo espanso, ma avevo da raccontare).
Però mi son sbagliato per cui, essendo ripetuti due gruppi di rime, non è un vero rondeau ma semplicemente terzine di endecasillabi incatenati secondo questo schema strampalato:
&A& ABA BCB CDC DED EFE FGF GHG HIH IJI JKJ KLK LML MFM FOF OPO PBP BRB RSR STS TUT UVU VWV WXW XYX YZY Z&Z.


Me ne andavo vagante per i campi
lungo strade su cui pareva morta
l’esistenza d’umani senza scampi

che in inverno non aprono la porta¹,
quando un forte dolore dentro il petto
m’informava lo scoppio dell’äòrta.

Col respiro rimasto troppo stretto
e la vista di nebbia imputridita
stramazzai giù, supino, in un boschetto

conscio che ormai finiva la mia vita
con la sete che dava assurda arsura
mentre già fredde stavano le dita

tra loro in insensata blindatura;
immaginando assurdo funerale
capii che non avrei la sepoltura

del cadavere senza alcun segnale
ch’a ritrovarlo alcun possa guidare
quand’ecco arriva lurido un cinghiale

che coi miei resti vuole banchettare!
Ma c’è qualcosa che ora non mi quadra:
le bestie in questi campi sono rare

e cinghiali non c’è nessuna squadra²,
non giunsero giammai in questi posti
e questa riflessione fu la ladra

che suggerì trattarsi di scomposti
incubi privi d’ogni fondamento
che erano dal cervello stati esposti

solo per disturbare chi al momento
cercava un buon ristoro alla fatica
dei giorni che viveva nel tormento!

Allor rivoluzione bolscevica
tento di dirottare l’illusione
e già la vedo, lei, l’amata amica

che bocca a bocca fa respirazione,
poggia sul petto mio mano fatata
per poi senza nessuna esitazione

aprir la gabbia³ e a costola spostata
l’aorta ricucirmi e poi al cuore
congiungerla com’era sempre stata

per poi con un sorriso e mio stupore
con i suoi baci magici sanare
anche quei pezzi morti con dolore

che smisero anni fa di palpitare
e allinëar le tre più svalvolate
a quella di metallo a governare

senza nessuna perdita gittate
di rossa linfa andante a rinutrire
le fredde membra appena risvegliate

e di seta invisibile le spire
stringeva per richiudere il mio petto
e altri baci facevano sparire

le cicatrici e il loro triste aspetto,
non solo la nuova, anche le più vecchie;
mi rialzava tenendomi ben stretto,

sussurrando parole nelle orecchie
di cui godevo esageratamente
ma le perplessità furon parecchie:

mentre diceva «Amore mio…» … beh, niente…
si palesava troppo l’evidenza
d’impossibilità che quel frangente

fosse rëale nella mia esistenza!
Anche dormendo m’era ben lampante
che «amore mio» toglieva congruënza

a quell’evento, pure da sognante.
Anche se spesso in sogno me lo dice,
è sempre quel dannato brutto istante

in cui la mente, fredda accusatrice,
risveglio impone ché non è nel sogno
che va vissuta questa cicatrice.

Resto sul letto e quasi mi vergogno
d’un «amor mio» rubato con la voglia
d’un riscontro di cui avrei bisogno

per non passare quella nera soglia
posta a confine della mia follia;
certo sul petto insiste forte doglia

ma cicatrici che non vanno via
sono le vecchie, manca quella nuova,
prova che è stata solo fantasia

che a rinfrancarmi ancora a volte prova
con sogni che persiston quanto i lampi…
poi la vescica impone che mi smuova!

¹: nella stagione invernale le case sparse in queste campagne hanno le porte sprangate, completamente abbandonate;
²: branco;
³: gabbia toracica.

06/02/2024

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