Pensavo il gran fuoco d'estate
fachiro mangiare le paure l’amaro nelle ossa
la sabbia molle estirpare dai passi
il tempo il vuoto l’inutilità degli echi
e la brezza credevo riparatrice di mancanze
quelle ferite di meduse troppo addosso.
Troppo addosso ogni cosa che vorrei lontana
troppo lontana l’aurora bella
ora che solo sento strascicar le onde
battere buio nel respiro,
così lontana quell’aurora
senza misura senza senso
tutta spalancata –
– una fuga infinita
con la sua gemma.
Commenti
Un minuscolo, quasi inavvertibile granellino di sabbia potenzialmente in grado di inceppare la ricezione del tutto lo ravvedo nei versi quarto, nono e decimo, e anche nel dodicesimo: qui, la distribuzione dei "respiri", che debbono essere concessi a chi la poesia se la legge, non mi è sembrata ottimale, ma può essere che in capo a successive letture mi accorgerò di essermi sbagliato.