ridente
solcano il tuo viso
fulgente
Lama, acciaio
crudele e orgogliosa
sprigioni il tuo dominio
mi sottometti
Ed io, debole ed ingenua
cado al tuo pungente volere
sangue nero, denso
ricco della mia anima
scivola dal mio volere
Corpo freddo
occhio vitreo
e pur non più vivendo
sorrido per l'ultima volta
finalmente...mi libero
l'anima si strugge
si va sempre svuotando
e tu con essa
polvere.
Amico,
che con me condividendo
questo destino che gorgoglia:
strozzato il rivo
tra le pietre del pianto.
Piangi pure e scrivi
che di lacrime mute
il mondo è spento:
noia e altro mai nulla...
Ed è la pioggia poca
che germoglia.
La nuvoletta lenta nel cielo
che adombra;
...riarso il cielo illumina
l'umanità ed il suo sepolcro.
«Sono nella terra dei padri
e dormo il sonno delle pietre,
lontano le nuvole coprono le scritte
e un fremito di vento accompagna il silenzio»
Dormo nella sostanza della polvere
nelle paure d’una mostruosa chimera
nella pace e nell’inferno di me stesso
eppure…
Dormo.
Scossa appare la rossa terra
tra spighe secche e sterpi arrugginiti,
nei viali dei passati
nelle vicende dei giorni urlati.
«Cetra di campo
e il serto delle parole
appaiono nelle fessure d’una pergamena.
Otri di buon vino
vegliano i calici dei giusti
e amori raccontati
oltre le falesie
s’affacciano al mare.
Un gazza si nasconde fra le fronde
e il tempo sta
nella quiete della sera,
nel ventre della notte
che aspetta ancora»
Allora suona silenzio,
per me che dormo
nella sordità degli altri,
nelle bizze d’una lucertola
nascosta dentro l’albero…
In ogni cosa che sa di vita
che muore e vive
in istanti uguali
senza mai capire
senza mai chiedere
se a ucciderti è stata mano nemica
o amica.
E dormi tu mia piccola fiaba,
mai scritta
mai cantata,
senza bimbi che giocano
ignari d’essere adulti,
senza rumori d’un metallo nero come la pece.
Sì dormi accanto a quel cane
che nelle rovine dell’umanità
siede a guardia
d’un ultima idiozia regalata.
«Io sono cimitero di me stesso,
violato e insepolto
nella fossa bastarda
che accoglie senza amore
che di Dio non ha alcun timore»
ho trent'anni
ho quarant'anni
ho cinquant'anni
dove arriverà la mia stagione?
Dove sono ora, tutto è marcio.
Dove sono ora, tutto è limpido.
Dove sono ora, tutto scorre, si oppone e rifiuta.
Dove sono ora, tutto è acqua piana.
Dov'ero? Un po' più oltre, un po' più in là
di certi limiti, senza paure da oltrepassare
senza rancori da dividere o condividere
senza tutto, colma e ricolma di ogni bene...
Cos'altro volere, in fondo?
Una scena da brivido è passata sopra i miei piccoli pensieri
una scena da folli, bastonate sulle mie piccole orecchie
fumo e alcol si mescolano in una notte dai ferri corti
o bevi
o bevi, bevi e ribevi, fumi
oppure
corre una spina di vetro lungo la mia spina dorsale.
è rimasta l’impronta penetrata sulla neve
affannata verso sconosciute vie .
Di queste vie crivellate
i fantasmi sventrano le pareti
e croci di bimbi e croci di giovani
ogni mamma piange.
Il mondo in contrasto
sofferente vive .
come quest'acqua azzurra all'orizzonte
T'immagino così come quest'aria
che muove le foglie d'ulivo e piega appena gli aghi di pino.
T'immagino così nelle pennellate bianche nel cielo che compongono quadri astratti.
«Uscirò da questa gabbia
quando gli occhi non vedranno.
O sì, lo farò.
E non sarà una risposta non data
a recidere le sbarre»
Ecco venire arroganti schiere
di demoni morenti ad assistere
ma io non griderò per compiacere
la loro attesa di cani sbavanti.
«O sì, fuggirò da questa gabbia,
ti giuro lo farò.
E nessuna condanna verrà eseguita.
E i miei occhi non vorranno vedere.
Fuggirò senza che tu te ne accorga.
perché non sarò lì quando apriranno le sbarre»
Fuggirò un giorno,
vedrai che sarà proprio così
e quei demoni avranno in pasto
carne avvelenata
dal loro stesso male
ed essi stessi saranno carne da condannare
O già condannata…
«O sì, fuggirò un giorno
e lo farò con gli occhi chiusi
così che non possa vedere
aguzzini e giudicanti»
Lo so che verrò giustiziato
ma io ti dico che fuggirò.
I miei occhi non vedranno siringhe letali,
no, essi saranno chiusi.
Chiusi sul male e aperti alla vita
O sì, allora fuggirò.
E le gabbie saranno vuote.
E il tuo cuore sarà vuoto
come lo è stato il mio
quando ho ucciso per nulla.
«O sì fuggirò e avrò gli occhi chiusi
Perché la morte non lascia mai aperti spiragli di vita.
O sì fuggirò veramente
Da quella gabbia
Lasciandola a te che hai giudicato»
È giunto già il momento
“Vedi come passa il tempo quando esso stesso non ha tempo per te”
Che aspetti? Fa' quello che devi.
Chiudo gli occhi.
«O si fuggirò da questa gabbia,
anzi sto già fuggendo e sono libero»
Io che ho condannato me stesso
prima del tuo giudizio.
Io che abbasso gli occhi
davanti al vero Giudizio
e tu che li alzi tronfi su di me
e mi guardi morire
e ridi soddisfatto
"Era un assassino, meritava"
E un vetro ci separa
E l'assassino ora si riflette in te
Che sei al di là
Ma tu non lo puoi vedere.
O si fuggirò un giorno
Ti giuro che lo farò
e non immagini nemmeno
quanto desideri farlo,
quanto voglia liberarmi di me.
Di me giudicante e condannante.
Ma tu saprai fare lo stesso?
“Perché non mi hai mai guardato negli occhi?
Lo fai ora che non posso vederti.
I miei occhi sono chiusi oramai e anche i tuoi lo sono”
Affondata in Pallida Stanchezza!
Nascondevi la tua Malattia
con Malinconica Dolcezza.
Ogni Giorno ti Presentavi
con un Sorriso di Carezza,
Intendevi Addolcire al Mondo
la tua Magrezza.
Come un Fiore Reciso
anche il tuo Bel Viso
si Spegneva, Liso all’Improvviso,
per Entrare in Paradiso, come Fiordaliso!
I tuoi Colori, la Tua Voglia di Vivere
si Affievoliva, si Spegneva come Candela.
Volevi Sembrare Forte...
fino a che la Donna col Cavallo Bianco,
non ha Decretato il Trapasso.
All’improvviso Ti ha Colto quell’Abbraccio Fatale,
in uno Sconfinato Mare Vuoto,
Un Abbraccio Freddo, Glaciale
con un Indomito Velo di Pianto Invernale.
Ci Lasci al Tuo Capezzale...
Abbandoni questo Mondo per l’Eterno,
Dove i Viali di Luce non Tramontano Mai.
Solo Gioie Vedrai, non ci Saranno più Guai!
Accanto al Padre Buono,
non Più Ombre e Tinte Fosche,
solo Canti Angelici!
In un Variegato Coro Armonico,
continuerai a Prenderti Cura dei Tuoi Angeli
Li Guiderai, come hai Sempre Fatto,
Prendendoli per Mano,
Hai Lasciato Loro il tuo Cuore.
Tu col Tuo Amore fai Rinascere la Vita!
disegna poligoni insistentemente,
mi muovo senza destar sospetto,
vado a prendere il picchietto.
Ancora in aria lei romba,
la cucina sarà la sua tomba,
ormai stanca si posa sul lavandino,
segnato appare il suo destino.
Un mio movimento secco e indolore,
l'insetto ha appena raggiunto il Creatore,
peccato perchè era di compagnia,
ma troppo fissata per la geometria.
Ho sentito la pioggia stamattina
Ho rivisto i suoi suoni
Scendeva dal cielo, il suo canto
Spoglio di emozioni
Arie grigie in foreste di salici
Da cui madri e loro figli stanno fuori
Se a restarci fossi tu
Sentiresti quelle voci
I canti delle foglie
Nella danza autunnale
I ruscelli e i fiumi pieni
Come usciti da quadri
Montagne brune e spoglie
Oltre quali il vento sale
Radici di querce che invadono il terreno
Di campagne a settembre
Profumo di legno
Di fuoco, di fango
Sapori di rosso vino e fungo
Fiumi di luce e cieli di grano
Gracili lune e gelide mani
Orizzonti con quel sole
Morto sempre troppo presto
Bimbi soli con le suole
Già straziate a suon di giochi
Cosa c'è oltre quel sole?
Tra le ombre delle querce
e i venti sulla pelle?
C'è quel nido di una pernice ora vecchia e ormai passata
C'è quel fuoco, vini e bacche
per un vecchio creatore
Di bambole scolpite
A fatica in botteghe
Ricorda solo odori di legnami
Ed ora gli occhi sono stanchi
Il vecchio solo sogna il suo canto del cigno
Addio alle streghe
E a chi di morte attende segni
Lui ora è oltre il cielo
E lì di pioggia non ce n'è
C'era una volta una sirena
Che sedeva, serena, alla volta del blu
Tra i castelli di arenaria e i troni di scogli
La regina delle coste regnava sui mari
E i gabbiani, volati i venti si posavano ai suoi piedi
Serventi ghirlande rubate alle navi
"Costi quel che costi, da costa a costa,
Voleremo alla nostra diva casta
E divideremo con lei i nostri scarsi pasti
Per te, regina delle coste"
"Ma a che costo?"
Diceva la sirena
"Io, nave, ti chiamo, sperando
Di trovar chi amo, ma quando
Il timone ode il mio canto
Il mio amante al comando
Si schianta fra scogli e costiere
E rimane un eco di costole e teschi
Di cui le fiere faranno banchetto
Sol di amare chiedo
E non soldi o un mare da conquistare
Solo grido al sole, da sola
Che chi ha già chi amare
Non può capire il giacere
Piangente e chiamare morente
Un'anima sognata che mi salvi dagli scogli
Per portarmi tra le vele e le onde cullanti
E sentire un canto diverso dal mio
Io quindi, prostrante, nelle vesti da regina
Mi piego a ogni spirito, Dio e santi
Che sentano i miei pianti incessanti
Ai troni io rinuncio perché se è esser sola
Il fato mio allora, prendete i miei diamanti
E la mia corona, e datemi degli amanti
Io abbandono salsedine e scogli
Al bando dono le sabbie salate
E dei gabbiani celesti i cordogli
Attorno alle carcasse di sirene spiaggiate"
Ma vano il gridar di petto fu
Sfinita la regina dalle lacrime versate
Svuotò la sua vita tra le alghe e i sargassi
Annegando le parole vessate nel blu
Ora i lembi della veste sua
Nel limbo fluttuan tristi
Come flebili meduse trascinate dalle onde
Per estinguere tra i fini sali la sua pena
Questa la fine della bella sirena