Una pioggia dolce
il buon canto
ed il mattino
un carretto che vien apparecchiato
più presto per asciugar le derrate
il lavoratore saluta
buon intenditor poche parole -
la rana gorgheggia.
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Profilo Autore: Fone  

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I ricordi ci guardano
da una regione lontanissima
la vita presente.
Da quelle terre antiche
descrivono in gemiti
il passar del tempo coi suoi giorni
- regioni senza tempo abitate da sempre.

Sono come cavalli robusti
che attraversano la steppa
in ogni direzione per tutte
e sette le direzioni della valle
sembrano antichi e mobili poiché
nitriscono nelle lande nebbia e caligine...
--- ... e poi, d'un tratto il vento spazza via
queste nebbie mentre
il sole asciuga la terra,
sembra tutto più di prima
in modo indescrivibile
- un arcobaleno è la terra
ed il sole che la rischiara -
quasi bucolico e pratese
nei contadini fermi al campo
quasi che non sia che ricordo di umanità.
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Profilo Autore: Fone  

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La primavera ancor chiama
Sei nuova stagione e fior
che ameno cangi e color
il mondo di sospiro e amor

Non c'è altro nella gioia
il lento crescer arboreo
il giovanile fuoco scultoreo
e tutto intorno amor

che nella terra umida
e uggiose giornate
la pioggia come miele la terra
la colazione amena impasta

e lascia ai soavi boccioli
il fresco geranio a colorar rosso
e le rose bianche son pennellate
non è altro il mondo
ma uomo che guarda
speranza e fior
un infante che impara
colore e amor.
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Profilo Autore: Fone  

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E’ ancora fredda l’acqua

che con le onde a riva come

lui porta con sé cose lontane.

“Ho chiuso gli occhi fino a farli

quasi sparire… e gli scogli tra le

pinne mi fanno sentire il rumore

dei flutti, e li ho uditi ridere.

E in bocca il buio da respirare”.

C’è scritto sul biglietto nella bottiglia.

“Rivedo nella testa i riflessi delle barche

sull’acqua, e ovattato ti sentirò arrivare”.

Una mormora si lascia andare a un balzo.

L’uomo scalzo fa ritorno a casa.

“Al pescatore che mi verrà a cercare…”.

Nel biglietto chiuso dentro la bottiglia.

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Profilo Autore: Mirko D. Mastro  

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Stolta è la gallina nello staio
Nell'indecoroso atto'l beccheggiar,
Che le risorse stavan a essicàr.
Ingordigia la tolse dal pollaio.

No lo vide 'l ladro del vaso l'aio
Si stette lì al tubo boccheggiar,
Che 'l morso di fam' non si fa notar.
Negligenza a la prole tolse un paio.

I peccati criminosi trascurano
Dando il fio ad altrui pella lor colpa
Chè non prendono'l fatto dalla polpa.

Ma pelle forti le lezioni imparano
Se nonché d'uno rotoli la testa,
Gira li oculi e col piè la calpesta.
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Profilo Autore: Carboluka  

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"Il fanciullo che
in me ancora dimora
si fascina
con dimenticate superstizioni,
viene strappato al buio,
dentro ai tumuli,
celebri di sacrifici,
ammaliato da colori
e profumi nuovi,
meli in fiore,
radicati su terre verdeggianti,
spinto dalle eteree mani
dei suoi abitanti.

Il tempo è reciso
nei reami dell'oltre,
ove agli schiavi
è impedito entrarvi."
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Profilo Autore: Il Viandante  

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Quel sogno di cui narrai

non si ripresentò.

E un po’ me ne dolgo.

Il tredicesimo giorno

di Gennaio tuttavia,

da una fotografia colgo

lei come marza, con la

delicatezza

che si deve a un nesto

con l’auspicio che attecchisca.

Di spalle a un contesto niveo.

Una borsa eburnea su di un giacchetto

 scuro: Dio, non c’è essere nel creato

che da quello sguardo non s’arricchisca.

E sullo sfondo

del Cristo Redentore

di Maratea,

tra i bellissimi capelli scuri

occhiali acri.

Su di una lunga e fiera scalea.

Se alzo lo sguardo, appena fuori

dall’immagine fotosensibile

posso vedere un aquilone.

In quel suo sguardo sensibile

posso però anche vedere i cercini delle

cicatrici che hanno generato un pollone.

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Profilo Autore: Mirko D. Mastro  

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Ninfa mi apparve in sogno.

Fanciulla d’animo, ma virago

in cuor suo e nell'aspetto.

Di spalle a nivea statua.

Un tascapane eburneo

sulla pelle scura del tiglioso,

coriaceo suo corsaletto.

E sullo sfondo di una

mulattiera, tra i bellissimi

capelli scuri lungo il viso fiero

un atro cerchietto.

Disse di non scordare 

agoraio e scarsella,

e mi chiamò Aquilone.

Il sogno mi lasciò dell’agretto.

Non comprendo, non sono altro

che un artiere degli aquiloni e un

rimatore, nella foggia e nel petto.

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Profilo Autore: Mirko D. Mastro  

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Prima che la prossima ora rintocchi

intendo farmi trovare pronto per partire:

recluterò quante più matite, ciascheduna

ben temperata, così da non avere intoppi.

Come ogni viandante della mia specie,

indossate le ciantelle e calzata

la veste da camera, saprò cercarti

fra  i miei righi seguendo le bricie.

Giorni addietro mi fece visita Rovaio,

che dopo essersi preso premura

di scarmigliarmi la foggia di barba con

le vesti trite per aver i servigi dell’agoraio,

mi instillò l’idea peregrina ma spontanea

di andar ramingo, sospeso ad uno dei mie

aquiloni, tra quei pochi anelati fotogrammi.

Pellegrinaggio il mio nella tua istantanea.

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Profilo Autore: Mirko D. Mastro  

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Si narra che fluisse come acqua,

di cuore puro e neutra anima.

Fino a che per mano delle naiadi

Acredine e Basica cadde vittima

della stizza della dea Marica,

gelosa dell’amore di Aquilone per lei.

Invocò su loro un orripilante anatema:

confinò Ninfa nella torre degli Alisei,

e legò Aquilone a un filo di voce.

Se Ninfa fosse riuscita mai a fuggire

con qualche astutezza,

entrando in contatto con l’aria

e confondendosi con essa

avrebbe perso di purezza.

Si dice che sulle sponde del Treja

nelle giornate di solleone, quando

il cielo sereno fin giù nel sottobosco

rende azzurra ogni pervinca colando

su tappeti di anemoni,

tra i non ti scordar di me

che bordano le andane strette

girandoli una fanciulla; si dice anche

si odano i di lei bisbigli salire ai filari

tra le felci dall’aprile del 1967.

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Profilo Autore: Mirko D. Mastro  

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Vossignoria Francesco Fabrizio Claudio

Come tutte le fole anche questa

nasce davanti al camino,

al crepitio delle caldarroste

sul fuoco e un bicchiere di vino.

In un salotto improbabile signore

garbate dinanzi a quel carrozzone,

con voi gentiluomini, commentano

la rassegna sanremese della canzone.

Alla disamina di un testo aleggia

sui presenti, tra il comun brusio,

l’osservazione di un baccelliere che

sovrasta del focolare lo scoppiettio. 

Chi di attizzatoio ferisce, di tizzone patisce

Da un angolo in ombra con il leppo

di pipa perviene una voce arrochita:

“Mi conceda un preambolo: ho sentito

la necessità indifferibile di aria pulita

schiudendo le imposte, dinanzi a tanta

boria che sanerò con salaci intercalari.

Proprio in questo loco leggiamo sempre

più spesso opere, e relativi gaudi pareri,

con le quali mi insegnate che la poesia

è come musica; dev’essere interpretabile

e stimolar sensazioni, emozioni, ricordi

attraverso le parole: esegesi opinabile.

Kit Carson

Postillate che la poesia è libera, esprime

un pensiero e non ha confini delimitati.

È nell’aria, dentro e intorno a ognuno.

E, perbacco, senza che siano obbligati

i righi in un certo ordine, senza irretire

tutto ciò in uno schema predefinito.

Perdiana, ho un Chianti da aprire e non

sento Diana da un po’: penserà sia obito!

Mi scuserete la digressione… ma, per la

barba di Giosafatte, perché tenere il dito

puntato a priori se non son insigni matusa

a estrinsecare asserzioni su un fatto ignito?

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Profilo Autore: Mirko D. Mastro  

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Ciao, bel micetto, sono un elfo mi presento, il mio nome è Sbirulina porto tanta allegria e simpatia , sarò la tua compagna di giochi.
Il gattino meravigliato da Sbirulina rimase conquistato , non si sente più solo corre e gioca, è sempre sereno con quell' elfo pieno di simpatia.
La loro amicizia è consolidata portano solo sogni e magia il pianeta si riempie solo di pace ed armonia.
È solo fantasia , forse una lieta novella, intanto il gatto e Sbirulina mi hanno fatto compagnia non è realtà ma un episodio raccontato con tanta dolcezza , un pizzico di tenerezza
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Profilo Autore: Anna  

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Sfinito da un alito di vento

il filo d'erba

si appoggiò alla quercia.

-Perché spingi?-

chiese la forzuta.

- Scusa è stato il vento -

rispose il filo d'erba.

- Ma quale vento! -

replicò la quercia

- niente scuse e levati di torno! -






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Profilo Autore: francesco  

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Chi  se ne frega

disse il mago alla strega



Allora la strega tanto gentile

la sua lingua al mago fece sentire



Oh quale emozione mi date!

Prego continuate



Caro mago strega sono

se volete che io vada a continuare

tutto il vostro amore mi dovete dare



Sono mago non dimenticare

e un sortilegio posso fare



Allora il mago sbagliò e

in meravigliosa fanciulla

la strega trasformò



Adesso che bella sono diventata

non ho più bisogno di questa pagliacciata



La strega  dal mago non tornò

e l’amore invano

per tutta la vita cercò.
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Profilo Autore: Barbara  

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la miseria e la mia fine...




Ops

che sono

chi sono

ma ero

e gli alberi

loro sono




sono d'oro i loro frutti

ed io -acerba- a buttarmi

lasciando voi e le vostre braccia indorate



e nidi senza stagioni

i voli

le fate

ed io schiava di semi

neri di brace ed il pane secco e roccia




Dei rii porto la voce al prato in erba

più verde delle chimere in vento

pure come i gabbiani all'onda

come chiazze di mesi ai monti




Con me porto la fine

La voce della strega ora s'acquieta




L'elfo buca il cielo ed una scala

d'azzardo mi capriola nello sguardo mio d'acqua

-non era un sogno

il pozzo-
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Profilo Autore: Aita Carla  

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