Sul cocuzzol che dava in su la via
che conduceva a una città di mare
s’appollaiò una sfinge a interrogare
cantando indovinello in melodia:
“Lavora d’ago verso mezzanotte
per aggiustare le mutande rotte”.
Non era Sfinge tal che divorasse
chiunque giusta risposta non dava
o che al cospetto di chi indovinava
per gran dispetto si suïcidasse,
la sfinge da allor, dai tempi di Edipo,
d’insidia e rischio più non fu archetìpo.
“Chi o che mai?” domandava ai viandanti
“Potete solver questo indovinello?
Fatelo tosto senza alcun rovello,
ch’io vi dirò cosa avrete davanti
da attender dalla vita in generale:
vivrete in grande o camperete male?”
Di là passarono quel giorno in tanti
servi guerrier religiosi e padroni,
a dir ori, coppe, spade, e bastoni,
niuno escluso a proferir tutti quanti
che soluzione era ‘rammendatrice’
o qualsivoglia sarta cucitrice.
“Improbabile”, disse Sfinge a tutti,
"ché pria di ‘mezzanotte’ ho detto ‘verso’,
in vostra soluzione il senso è perso
ché san tutti che per avere frutti
una sarta lavora con fervore
e che per lei son buone tutte l’ore”.
Poi passò un navigante andando al porto
e di fronte al quesito pensò tosto,
certo dal suo mestiere predisposto,
che dovea alle parole essere accorto
ché ‘mutande’ fungeva da aggettivo
mentre ‘rotte’ era il vero sostantivo.
Sicché rispose: “Sfinge Sfinge mia
non ho alcun dubbio, tu ‘bussola’ intendi
perché tener la rotta tu pretendi
quand’essa in alto mar mutata sia.
Verso nord, mezzanotte, d’ago il segno
al timoniere dà sicuro pegno”.
Ciascun ch’era di terra fu beffato
perché in ciascuno preser sopravvento,
inconscio nel pensiero annidamento,
le mutande con quel che v’è alloggiato,
mentr’uom di mare a flutti e venti avvezzo
sopravvivere vuol con ogni mezzo.
“Viandante della vita” asserì Sfinge
“non pensar sempre a quel che tieni sotto
e a quanto su quel tema ti fa ghiotto,
ma pensa a ciò che la vita dipinge,
notti stellate, luna, mari e monti,
offri alla vita tua grandi orizzonti!”.
che conduceva a una città di mare
s’appollaiò una sfinge a interrogare
cantando indovinello in melodia:
“Lavora d’ago verso mezzanotte
per aggiustare le mutande rotte”.
Non era Sfinge tal che divorasse
chiunque giusta risposta non dava
o che al cospetto di chi indovinava
per gran dispetto si suïcidasse,
la sfinge da allor, dai tempi di Edipo,
d’insidia e rischio più non fu archetìpo.
“Chi o che mai?” domandava ai viandanti
“Potete solver questo indovinello?
Fatelo tosto senza alcun rovello,
ch’io vi dirò cosa avrete davanti
da attender dalla vita in generale:
vivrete in grande o camperete male?”
Di là passarono quel giorno in tanti
servi guerrier religiosi e padroni,
a dir ori, coppe, spade, e bastoni,
niuno escluso a proferir tutti quanti
che soluzione era ‘rammendatrice’
o qualsivoglia sarta cucitrice.
“Improbabile”, disse Sfinge a tutti,
"ché pria di ‘mezzanotte’ ho detto ‘verso’,
in vostra soluzione il senso è perso
ché san tutti che per avere frutti
una sarta lavora con fervore
e che per lei son buone tutte l’ore”.
Poi passò un navigante andando al porto
e di fronte al quesito pensò tosto,
certo dal suo mestiere predisposto,
che dovea alle parole essere accorto
ché ‘mutande’ fungeva da aggettivo
mentre ‘rotte’ era il vero sostantivo.
Sicché rispose: “Sfinge Sfinge mia
non ho alcun dubbio, tu ‘bussola’ intendi
perché tener la rotta tu pretendi
quand’essa in alto mar mutata sia.
Verso nord, mezzanotte, d’ago il segno
al timoniere dà sicuro pegno”.
Ciascun ch’era di terra fu beffato
perché in ciascuno preser sopravvento,
inconscio nel pensiero annidamento,
le mutande con quel che v’è alloggiato,
mentr’uom di mare a flutti e venti avvezzo
sopravvivere vuol con ogni mezzo.
“Viandante della vita” asserì Sfinge
“non pensar sempre a quel che tieni sotto
e a quanto su quel tema ti fa ghiotto,
ma pensa a ciò che la vita dipinge,
notti stellate, luna, mari e monti,
offri alla vita tua grandi orizzonti!”.
Commenti
che fa capir quant'è l'omofonia
pronta a condurre sulla falsa via
se sul banale fisso sta il cervello!
Talvolta pare proprio un sostantivo
quel ch'in realtà sarebbe un aggettivo,
talvolta siam sicuri che sia verbo
una gradita a noi dubbia parola
che c'accalappia tutti per la gola
ma lo sbeffeggio per noi tiene in serbo,
spesso perché malia per le mutande
è nei pensieri nostri troppo grande.
Concludo come al solito dicendo
che Sisifo è bravissimo nei metri
e rime splendon linde come vetri
su cui puliti ancor non sta piovendo:
bella la forma, ricca la sostanza
con cui risulta scritta ogni stanza¹!
¹ stanza = strofa